AGENZIA delle ENTRATE – Circolare n. 35/E del 28 dicembre 2023
Riduzione a metà dell’aliquota Ires ex articolo 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 – Ulteriori chiarimenti – Indicazioni sul regime agevolato per la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali, introdotto dall’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge 30 dicembre 2020, n. 178
SOMMARIO:
Premessa
1. Fondazioni di origine bancaria
1.1. Attività non-profit svolta dalla FOB indirettamente o tramite erogazione in beneficenza delle somme costituite dall’Ires risparmiata
2. Enti religiosi civilmente riconosciuti
2.1. Redditi derivanti dal godimento del patrimonio immobiliare: chiarimenti in ordine alle condizioni richieste per beneficiare dell’agevolazione
2.1.1 Concetto di gratuità dell’attività istituzionale
2.1.2. Gestione statico conservativa del patrimonio immobiliare
2.1.3. Impiego parziale, nell’attività istituzionale, dei proventi ritratti dalla locazione/vendita, che hanno beneficiato della riduzione Ires
2.2. Attività commerciali, strumentali ai fini di religione o di culto, esercitate in maniera marginale
2.3. Istituti per il sostentamento del Clero
2.4. Assolvimento dell’onere probatorio
3. Enti di assistenza e beneficenza
4. Detassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali di cui all’articolo 1, commi da 44 a 47, legge 30 dicembre 2020, n. 178
5. Cumulabilità riduzione Ires e detassazione degli utili
Premessa
Con la circolare n. 15/E del 17 maggio 2022, sono stati forniti chiarimenti sulla portata e sull’ambito applicativo dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, recante il dimezzamento dell’aliquota Ires, con riguardo ad alcune tipologie di soggetti richiamati dalla norma, tra cui le fondazioni di origine bancaria di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (di seguito: FOB) e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
Con la presente circolare, tenuto conto anche di alcuni quesiti pervenuti, si forniscono ulteriori chiarimenti sia con riferimento ai soggetti sopra menzionati, sia con riguardo agli enti di assistenza e beneficenza, nonché alla compatibilità della predetta riduzione Ires con il regime agevolato per la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali, introdotto dall’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
Con riferimento alle FOB, con la circolare 15/E è stato chiarito che, sotto la vigenza della c.d. “legge Ciampi”, anche dopo l’abrogazione della norma che espressamente riconosceva in loro favore l’applicabilità del citato articolo 6 (in specie, l’articolo 12, comma 2, del d.lgs. n. 153 del 1999), «va riconosciuta la possibilità di accedere al regime agevolativo in esame, al ricorrere dei necessari presupposti, come avveniva nei periodi di vigenza della “legge Amato”, secondo i criteri interpretativi fissati con la […] circolare n. 69/E del 2007».
Più precisamente, al fine di beneficiare del dimezzamento dell’aliquota Ires, le FOB hanno l’onere di dimostrare:
– la loro riconducibilità, sia dal punto di vista formale che sostanziale, ad una delle categorie di enti specificamente indicate dal comma 1 dell’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 (rilevano, in specie, le categorie di cui alla lettera a), cioè: «enti ed istituti di assistenza sociale, […], enti di assistenza e beneficenza» e alla lettera b), cioè «istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, […], fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali»);
– di non svolgere attività che ne connotino la natura imprenditoriale secondo i canoni individuati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, nonché dalla Commissione europea, illustrati nei citati documenti di prassi.
Con riferimento agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, la cui equiparazione per legge agli enti con “finalità di beneficenza o istruzione” ne consente la riconducibilità nella categoria di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 6, la circolare n. 15/E ha confermato (NOTA 1) l’applicazione della riduzione Ires per i redditi derivanti dalle attività “diverse” da quelle di “religione o di culto”, ancorché commerciali, a condizione che le “attività diverse” siano svolte in maniera non prevalente e siano in rapporto di “strumentalità immediata e diretta” con i fini di “religione o di culto”.
È stata inoltre riconosciuta l’applicazione della riduzione Ires anche ai redditi derivanti dal godimento statico-conservativo del patrimonio immobiliare (locazione e/o vendita di immobili), subordinata alla contestuale ricorrenza delle seguenti condizioni:
– si configuri in concreto un mero godimento del patrimonio immobiliare e non lo svolgimento di un’attività commerciale. Al riguardo, sono stati indicati, a titolo esemplificativo, alcuni elementi che possono costituire indici significativi per stabilire la sussistenza o meno di un’organizzazione in forma di impresa;
– i proventi ritratti dalla locazione o dalla vendita siano effettivamente impiegati nelle attività di religione o di culto.
La circolare, inoltre, ha precisato che i chiarimenti forniti in ordine agli enti ecclesiastici, sempreché si riscontrino previsioni analoghe nelle leggi di approvazione degli accordi e delle intese tra lo Stato italiano e le relative confessioni religiose, valgono anche per gli enti con fini di religione o di culto appartenenti a confessioni religiose diverse dalla Chiesa cattolica, che siano equiparati per legge agli “enti con finalità di beneficenza o di istruzione”.
Ciò posto, saranno forniti ulteriori precisazioni per le FOB, con riferimento alle modalità di svolgimento dell’attività e, per gli enti religiosi civilmente riconosciuti, con riguardo al concetto di “gratuità” dell’attività istituzionale, agli elementi che connotano la gestione statico conservativa del patrimonio immobiliare, alle modalità di utilizzo dei proventi ritratti dalla locazione o dalla vendita, che hanno beneficiato della riduzione Ires, nonché chiarimenti per gli Istituti per il Sostentamento del Clero (ISC).
1. Fondazioni di origine bancaria
Con specifico riferimento alle modalità di esercizio dell’attività istituzionale e alla possibilità per le FOB di fruire della riduzione dell’imponibile Ires, la citata circolare n. 15/E ha precisato che occorre comprovare tra l’altro lo svolgimento in modo diretto ed esclusivo di attività di promozione sociale e culturale.
Sul punto si forniscono di seguito ulteriori chiarimenti.
1.1. Attività non-profit svolta dalla FOB indirettamente o tramite erogazione in beneficenza delle somme costituite dall’Ires risparmiata
Sono sorti dubbi interpretativi in ordine alla possibilità di applicare la riduzione Ires ancorché l’attività istituzionale sia esercitata dalle FOB in via indiretta, attraverso l’erogazione di contributi ad altri enti non-profit (erogazione totale o parziale delle somme derivanti dall’ Ires risparmiata).
La richiamata circolare n. 15/E ha chiarito che, in generale, per beneficiare della riduzione a metà dell’aliquota Ires, occorre in primo luogo rientrare in una delle categorie di “enti” espressamente indicate nel comma 1 dell’art. 6 e, ai sensi del successivo comma 2, essere dotati di personalità giuridica.
Sempre la medesima circolare al paragrafo 2 ha precisato che, ai fini della fruizione della riduzione di aliquota Ires, il requisito soggettivo è necessario ma non sufficiente, in quanto la ratio dell’agevolazione in argomento trae origine dal giudizio di “meritevolezza” (rilevanza dell’interesse pubblico e/o dell’utilità sociale) sulle attività svolte dai soggetti beneficiari da cui derivano ricavi da assoggettare ad imposta sui redditi.
L’appartenenza ad una delle categorie previste dalla norma agevolativa, dunque, va dimostrata non solo sotto il profilo formale, con riferimento agli scopi individuati dalle norme e dallo statuto, ma anche dal punto di vista sostanziale considerato che la natura dell’attività in concreto esercitata dall’ente prevale, comunque, sul fine dichiarato.
Con riferimento all’ambito oggettivo, invece, la riduzione dell’aliquota Ires si applica ai redditi derivanti dallo svolgimento delle attività istituzionali da parte degli enti individuati dalla norma quali meritevoli del trattamento agevolativo.
Ciò posto, la citata circolare n. 15/E, con riferimento alle modalità di esercizio dell’attività istituzionale e alla possibilità per le FOB di fruire della riduzione dell’imponibile Ires, ha riportato il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato che ha sottolineato l’importanza del «rigore probatorio richiesto dalla richiamata giurisprudenza della Corte di Cassazione, in ossequio al quale “occorre la dimostrazione che tali attività abbiano costituito le uniche espletate dall’ente” (arg. ex Cass. SS.UU. 27619/2006), presupposto indispensabile per legittimare la conclusione della riconducibilità degli enti in questione alla platea dei beneficiari dell’agevolazione di cui all’art. 6 D.P.R. 601/1973 (non in quanto Fondazioni bancarie, ma solo) per aver comprovato lo svolgimento in modo diretto ed esclusivo di attività di promozione sociale e culturale».
Si osserva che in base al tenore dell’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 l’agevolazione è riservata a “soggetti” che svolgono specifiche attività, ovvero come evidenzia sempre la circolare n. 15/E del 2022 nella premessa, a “determinati soggetti individuati dalla norma in relazione ad attività caratterizzate da una marcata utilità sociale”.
Pertanto, ai fini della riconducibilità alla platea dei soggetti indicati nell’articolo 6, occorre che l’ente dimostri di essere un soggetto che esercita in modo diretto le attività meritorie. Con riferimento alle FOB, peraltro, il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, richiamato testualmente nella circolare n. 15/E del 2022, ha evidenziato che “presupposto indispensabile” per la loro riconducibilità nel novero dei beneficiari del citato articolo 6 è comprovare lo «svolgimento in modo diretto ed esclusivo di attività di promozione sociale e culturale».
Ciò appare coerente a livello sistemico con le intenzioni del legislatore che, con l’articolo 6 ha inteso agevolare i soggetti ivi contemplati per lo svolgimento diretto da parte degli stessi delle attività meritevoli di un trattamento fiscale di favore; con altre previsioni normative recanti agevolazioni fiscali (tra cui ad es. detassazione utili, deduzioni/detrazioni per le erogazioni liberali, crediti d’imposta), ha inteso, invece, agevolare “il finanziamento” delle attività svolte da enti non-profit.
Inoltre, è rispondente a quanto sinora affermato in ordine al concetto di “beneficenza” nell’ambito del non-profit che riguarda solo le attività “direttamente” svolte dall’ente a favore di soggetti svantaggiati o meritevoli di tutela.
Si segnala, infatti, che l’attività di beneficenza “indiretta” è stata disciplinata dal Legislatore specificamente e limitatamente per le ONLUS con un’apposita norma e ciò in quanto tout court nel concetto di “beneficenza” non era possibile ricomprendere le ipotesi di “mero finanziamento” o beneficenza indiretta (NOTA 2).
Gli enti filantropici invece sono stati disciplinati in modo organico solo con il Codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (NOTA 3) e, come noto, non sono ricompresi tra gli enti di cui all’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973.
2. Enti religiosi civilmente riconosciuti
2.1. Redditi derivanti dal godimento del patrimonio immobiliare: chiarimenti in ordine alle condizioni richieste per beneficiare dell’agevolazione
La circolare 15/E del 2022 ha chiarito che la riduzione Ires può applicarsi ai redditi derivanti dal godimento statico-conservativo del patrimonio immobiliare, qualora si configuri in concreto un “mero” godimento del patrimonio immobiliare (quindi non si realizzi l’esercizio di un’attività commerciale) e i proventi ritratti dalla locazione o dalla vendita siano effettivamente impiegati nelle attività di religione o di culto.
Ai fini dell’applicazione dell’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 ai redditi derivanti dal godimento del patrimonio immobiliare, la richiamata circolare ha considerato l’elemento della “gratuità” quale presupposto immanente dei “fini di religione o di culto”, insito nell’attività istituzionale dell’ente “religioso”.
Al riguardo, si ritiene opportuno fornire ulteriori precisazioni con specifico riferimento:
– al concetto di “gratuità”, innanzi richiamato;
– agli elementi che connotano la gestione statico conservativa del patrimonio immobiliare;
– all’impiego parziale nell’attività istituzionale dell’ente dei proventi ritratti dalla locazione o dalla vendita, che hanno beneficiato della riduzione Ires.
2.1.1 Concetto di gratuità dell’attività istituzionale
Preso atto che, come indicato nella circolare n. 15/E, lo svolgimento delle attività di religione o di culto avviene prevalentemente a titolo gratuito, il raggiungimento del fine istituzionale da parte dell’ente religioso è reso possibile proprio dall’esistenza di mezzi economici ritraibili dal patrimonio dell’ente che, di fatto, assumono valenza “sostitutiva” dei redditi non realizzabili dall’ente in virtù dei suoi scopi istitutivi.
Per tale categoria di enti, il patrimonio immobiliare rappresenta infatti il mezzo di finanziamento delle attività rese in assenza di corrispettivi.
Tuttavia, occorre considerare che nella pratica potrebbero rilevarsi casi in cui in relazione ad alcune “attività dirette” ai fini di religione o di culto (ossia quelle «dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana») l’ente riceva contributi, rimborsi spese o quote partecipative (es. quota iscrizione catechismo, quote ricevute per la formazione del clero dei religiosi ecc.) prive del carattere reddituale in quanto non corrisposti/elargiti a titolo di corrispettivo dell’attività istituzionale svolta dall’ente.
Al riguardo si ritiene che la circostanza che un ente nello svolgimento della sua attività istituzionale (di religione o di culto) sia destinatario di contributi privi comunque dell’elemento della corrispettività, non fa venire meno il carattere della gratuità.
Pertanto, anche in tali ipotesi resta confermata l’agevolazione.
2.1.2. Gestione statico conservativa del patrimonio immobiliare
La riduzione Ires può applicarsi ai proventi derivanti dalla locazione del patrimonio immobiliare al ricorrere di due condizioni: che i proventi siano destinati all’attività istituzionale e, non sia configurabile, nell’attività di gestione, un’attività organizzata in forma d’impresa.
Come precisato dalla circolare n. 15/E, al fine di escludere lo svolgimento di una attività organizzata in forma di impresa, occorre verificare, caso per caso, che l’ente non impieghi strutture e mezzi organizzati con fini di concorrenzialità sul mercato, ovvero che non si avvalga di altri strumenti propri degli operatori di mercato. La sussistenza o meno di un’organizzazione in forma di impresa va riscontrata in base a circostanze di fatto, valutando il complesso degli elementi che caratterizzano in concreto la situazione specifica.
Fermo restando che la verifica della sussistenza del requisito della commercialità dell’attività svolta richiede una valutazione, da effettuare caso per caso, delle modalità con le quali è svolta la gestione del patrimonio immobiliare, si evidenzia che elementi, quali ad esempio la numerosità degli immobili, la durata dei contratti di locazione, le risorse destinate a tale scopo, costituiscono, in via generale, indici rilevanti ma non esaustivi per stabilire l’esistenza dei presupposti ai fini della fruizione dell’agevolazione in argomento.
A titolo esemplificativo, si potrebbe incorrere in una gestione degli immobili di tipo commerciale nel caso in cui l’ente disponga di una pluralità di immobili che concede in locazione per brevi periodi di tempo, pubblicizzando gli annunci relativi alla locazione dei propri immobili anche attraverso portali telematici, e assicurando una determinata gamma di servizi accessori (fornitura di pasti, auto, guide turistiche o altri servizi collaterali) che implichi l’adozione di un sistema organizzativo complesso.
Diversamente, la semplice riscossione di canoni derivanti da contratti di locazione di durata pluriannuale, anche se riferita a un numero rilevante di immobili, non implica di per sé lo svolgimento di un’attività commerciale, in quanto, in questo caso, l’ente si limita a gestire il proprio patrimonio attraverso un impiego minimo di risorse, comunque rapportate all’entità del patrimonio stesso e alle necessità della sua gestione statico conservativa e di mero godimento patrimoniale.
Dagli esempi sopra riportati, si evince che l’eventuale gestione imprenditoriale della locazione dovrà essere accuratamente valutata sulla base della presenza contemporanea di una pluralità degli elementi sopra descritti e non sulla base di un singolo elemento.
In ultimo si precisa che rientrano tra i redditi agevolabili anche quelli catastali inerenti agli immobili strumentali all’attività istituzionale agevolata svolta dall’ente e quelli degli immobili non locati.
2.1.3. Impiego parziale, nell’attività istituzionale, dei proventi ritratti dalla locazione/vendita che hanno beneficiato della riduzione Ires
Nella circolare n. 15/E è stato affermato che per beneficiare della riduzione Ires i proventi derivanti dal mero godimento del patrimonio immobiliare devono essere effettivamente impiegati nell’attività istituzionale dell’ente.
In sostanza, i proventi conseguiti non sono utilizzabili per finalità diverse da quella istituzionale, rilevando a tal fine che i proventi agevolati siano effettivamente destinati alla suddetta attività.
Al riguardo, occorre considerare che l’ammontare dei proventi agevolati non deve necessariamente essere utilizzato, integralmente e nel medesimo periodo d’imposta, per finanziare l’attività istituzionale.
Pertanto, potrebbe verificarsi che l’ente reimpieghi nell’attività istituzionale solo una parte di proventi conseguiti, in quanto:
– l’impiego nell’attività istituzionale non si realizza con riferimento ad un solo periodo d’imposta, ma nel tempo;
– utilizza parte degli stessi per finanziare un’altra attività, svolta dagli stessi enti religiosi, del pari agevolabile ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973;
– destina parte dei proventi per sostenere costi relativi a interventi su immobili che si sviluppano in più periodi d’imposta o per finanziare progetti futuri (lavori o progetti anche approvati ma non ancora iniziati) volti alla costruzione di beni strumentali alle attività istituzionali, alla manutenzione/risanamento del patrimonio immobiliare (anche in termini migliorativi) per consentire un uso idoneo alle finalità proprie dell’ente.
Tali circostanze non comportano la decadenza dall’agevolazione fruita, pur restando fermo l’onere di provare, con apposita documentazione, l’utilizzo dei proventi per le finalità istituzionali, ancorché ripartito in più annualità.
Nel successivo paragrafo 3.4 saranno forniti chiarimenti in ordine all’assolvimento dell’onere probatorio.
Invero, in considerazione dell’impiego in più anni delle somme destinate a finanziare l’attività istituzionale, si ritiene non causa di disconoscimento dell’agevolazione, l’eventuale impiego dei predetti proventi in attività finanziarie prive di rischio, per un tempo e durata coerente con il programma di reimpiego nell’attività istituzionale (ad esempio in titoli di Stato).
In tali casi gli interessi percepiti e i proventi realizzati in caso di alienazione dei titoli stessi saranno anch’essi impiegati nell’attività istituzionale.
Infine, come previsto nella circolare n. 15/E nell’ipotesi in cui l’ente svolga solo attività di religione o di culto, il reinvestimento nelle attività istituzionali rappresenta l’unica destinazione possibile dei proventi derivanti dal godimento del patrimonio immobiliare.
Di contro, nell’ipotesi in cui l’ente, oltre all’attività istituzionale, svolga anche altre attività diverse non totalmente finanziate dai proventi derivanti da quest’ultime, al fine di beneficiare della riduzione Ires sui proventi ritratti dal mero godimento del patrimonio immobiliare, dovrà dimostrare di avere altri redditi assoggettati ad aliquota ordinaria che, al netto delle imposte, siano “sufficienti” a finanziarle.
2.2. Attività commerciali, strumentali ai fini di religione o di culto, esercitate in maniera marginale
Come illustrato in premessa, la circolare n. 15/E del 2022, in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha precisato che la riduzione dell’aliquota Ires è applicabile ai redditi derivanti dalle attività “diverse” da quelle di “religione o di culto”, ancorché commerciali, esercitate in via marginale dagli enti religiosi civilmente riconosciuti, a condizione che dette attività si pongano in rapporto di strumentalità immediata e diretta con i fini di religione o di culto.
In particolare, si ritiene che sussista un nesso di “strumentalità immediata e diretta” qualora l’attività diversa sia strettamente legata all’attività istituzionale agevolabile, in modo che la prima non avrebbe ragione di esistere senza la seconda, ovvero «che l’attività medesima sia “coerente” con il fine perseguito e non sia indifferentemente utilizzabile per il perseguimento di qualsiasi altro fine» (cfr., ex multis: Cass. n. 526 del 14 gennaio 2021; n. 25586 del 13 dicembre 2016; n. 22493 del 2 ottobre 2013).
La stretta connessione con l’attività istituzionale può desumersi a titolo esemplificativo, nell’ipotesi in cui un ente ecclesiastico (parrocchia, diocesi, istituto religioso, fondazione), nello svolgimento dell’attività di formazione del clero e dei religiosi, di catechesi e di educazione cristiana dei fedeli, nonché nell’ambito di specifici percorsi religiosi dedicati ai fedeli, gestisca una struttura ricettiva riservata ai soli destinatari di dette attività o percorsi, che si pone in un rapporto strumentale e accessorio alla finalità religiosa, i relativi proventi sono agevolabili.
In tale ipotesi l’attività è agevolabile in quanto non riconducibile ad una normale attività ricettiva in considerazione delle diverse regole di accesso alla struttura, svolgimento e fruizione della stessa.
Coerentemente, l’agevolazione non si applica ai proventi derivanti dalla gestione di strutture turistiche per le quali è assente il collegamento con la sfera di religione o culto. Al riguardo si precisa che la presenza di una cappella all’interno della struttura di per sé non è sufficiente a considerare sussistente tale collegamento.
Possono altresì fruire dell’agevolazione Ires i proventi derivanti dalla gestione di bar parrocchiali o dell’oratorio, ubicati in locali interni alla struttura dell’ente religioso privi di accesso diretto da strada, aventi finalità di aggregazione sociale in continuità con l’azione di educazione e formazione cristiana; o ancora i proventi derivanti dalla gestione di sale parrocchiali/della comunità nei casi di programmazione a tema religioso o comunque connesso con il fine di religione o di culto.
2.3. Istituti per il sostentamento del Clero
La circolare n. 15/E del 2022 non ha trattato specificamente gli Istituti per il sostentamento del Clero (ISC), per i quali si attendeva un pronunciamento della Corte di cassazione, avvenuto nel 2023.
Infatti, successivamente alla pubblicazione del predetto documento di prassi sono intervenute alcune pronunce della Suprema Corte che, in sintesi, hanno affermato che anche gli ISC, il cui fine di religione o di culto è insito e non deve essere accertato, possono svolgere al pari della generalità degli enti ecclesiastici attività diverse da quelle istituzionali (cfr. sentenza n. 1164 del 16 gennaio 2023; ord. n. 9409 del 24 febbraio 2023; ord. n. 9394 del 5 aprile 2023 e ord. n. 10400 del 18 aprile 2023).
I predetti enti, che istituzionalmente gestiscono il patrimonio immobiliare al fine di reperire i mezzi finanziari per il sostentamento del clero, rivestono una posizione particolare rispetto alla generalità degli enti ecclesiastici stante proprio la loro specifica finalità istituzionale.
Previsti dal Codice di diritto canonico, detti enti sono istituiti e disciplinati dagli articoli 21-28 della legge 20 maggio 1985, n. 222.
In particolare, l’articolo 22 della citata legge n. 222 del 1985 riconosce loro la natura di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto prevedendo che «L’Istituto centrale e gli altri Istituti per il sostentamento del clero acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’interno, che conferisce ad essi la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto».
In conformità agli articoli 21 e 22 della legge n. 222 del 1985, gli enti religiosi in esame acquisiscono la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con decreto del Ministero dell’Interno.
Si evidenzia che, in forza del successivo articolo 24 della medesima legge, ogni Istituto «provvede, in conformità allo statuto, ad assicurare, nella misura periodicamente determinata dalla Conferenza episcopale italiana, il congruo e dignitoso sostentamento del clero che svolge servizio in favore della diocesi».
Inoltre, l’articolo 35 della citata legge n. 222 del 1985 dispone che gli ISC provvedono con i redditi del loro patrimonio all’integrazione economica eventualmente spettante ai sacerdoti della diocesi, salvo l’intervento dell’Istituto centrale nel caso in cui questi fossero insufficienti. Nell’ipotesi, in cui le risorse risultassero eccedenti, «parte degli eventuali avanzi di gestione è versata all’Istituto centrale nella misura periodicamente stabilita dalla Conferenza episcopale italiana».
Con le richiamate pronunce, la Corte di cassazione afferma che dal complesso delle disposizioni sopra riportate «si evince pertanto che il legislatore non ha escluso, ed anzi ha presupposto, che l’istituto diocesano per il sostentamento del clero possa svolgere, accanto ad attività di religione o di culto, anche ulteriori compiti, ed in particolare anche attività di natura e rilevanza economica e commerciale, finalizzate alla produzione di quei redditi del proprio patrimonio attraverso i quali provvedere ad integrare, se necessario, la remunerazione spettante al clero che svolge servizio in favore della diocesi, per assicurare il congruo e dignitoso sostentamento di ogni sacerdote».
La Cassazione evidenzia che «Coerentemente con la ratio legis, la disposizione recata dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 in via di principio, deve applicarsi anche ai proventi derivanti dalla locazione del patrimonio immobiliare (come nel caso di immobili ricevuti per lasciti e donazioni o come tipicamente negli istituti diocesani), a due condizioni, imposte dai principi sopra esposti (e che appaiono richiamate anche nella recente circolare dell’Agenzia delle entrate n. 15/E del 17 maggio 2022).
In primo luogo, si deve essere in presenza di un mero godimento del patrimonio immobiliare, finalizzato al reperimento di fondi necessari al raggiungimento dei fini istituzionali dell’ente, che si configura quando la locazione di immobili si risolve nella mera riscossione dei canoni, senza una specifica e dedicata organizzazione di mezzi e risorse funzionali all’ottenimento del risultato economico».
Inoltre, «ove si verta in ipotesi di mero godimento, occorre poi che tali proventi siano effettivamente ed esclusivamente impiegati nelle attività di “religione o di culto” e cioè nel fine istituzionale dell’ente».
Infatti, «la sussistenza delle predette condizioni garantisce che il godimento in chiave meramente conservativa del patrimonio immobiliare, i cui proventi costituiscono i mezzi necessari per il perseguimento dello scopo principale, non si ponga in contrasto con le finalità ideali e non economiche perseguite dall’ente».
In proposito, quindi, in linea con quanto già chiarito dalla circolare n. 15/E, anche gli ISC sui proventi derivanti dalla gestione del patrimonio immobiliare, in assenza del carattere imprenditoriale e purché siano impiegati nell’attività istituzionale, potranno applicare la riduzione Ires.
In considerazione delle particolari finalità istituzionali assegnate agli enti religiosi in argomento l’eventuale esistenza di una struttura adeguata al numero degli immobili posseduti non rappresenta un indice automatico atto a qualificare l’attività svolta come commerciale.
In altri termini, la presenza di una organizzazione necessaria per la riscossione dei canoni, nonché per la manutenzione degli immobili non configura automaticamente elemento atto a far decadere l’ente dall’agevolazione.
2.4. Assolvimento dell’onere probatorio
Come precisato al paragrafo 5.3 della circolare 15/E, e ribadito in questa sede, la riduzione Ires in argomento può applicarsi ai proventi derivanti dalla locazione del patrimonio immobiliare, a condizione che i proventi siano destinati all’attività istituzionale e, non sia configurabile, nell’attività di gestione, un’attività organizzata in forma d’impresa.
In base ai principi generali dell’ordinamento giuridico, trattandosi di una agevolazione fiscale, ricade sul soggetto richiedente l’onere di provare il possesso di tutti i requisiti necessari per la fruizione del beneficio.
Pertanto, al fine di fornire le informazioni necessarie per determinare il possesso dei presupposti richiesti utili alla fruizione dell’agevolazione in argomento, occorrerà tenere e conservare una documentazione, anche contabile, idonea a dimostrare l’effettivo impiego dei proventi derivanti dal mero godimento del patrimonio immobiliare nelle attività istituzionali.
Come detto al paragrafo 2.1.3, nell’ipotesi in cui i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio non siano impiegati interamente entro il periodo d’imposta in cui sono riscossi, ma l’ente decida di accantonare parte degli stessi per impiegarli nel tempo, si dovrà dare evidenza di tali accantonamenti nelle proprie scritture contabili, motivando tale scelta attraverso un’idonea documentazione che possa dimostrare l’impiego nel tempo dei proventi e delle risorse, nonché l’origine delle stesse.
Occorre inoltre dare prova, a prescindere dal risultato dell’attività agevolata (in avanzo o in perdita) che, benché i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio siano stati destinati alle attività agevolate, nel contempo non sono stati trasferiti fondi dall’ambito istituzionale per finanziare lo svolgimento di eventuali attività commerciali non agevolabili.
A tal fine risulterà utile conservare, a titolo esemplificativo, a seconda delle singole realtà oggetto di agevolazione:
– in caso di svolgimento di attività commerciali, la documentazione inerente alla contabilità separata tenuta ai sensi dell’articolo 144, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Detto obbligo risulta soddisfatto qualora le scritture contabili relative agli atti e alle operazioni delle attività commerciali siano formalmente distinte da quelle relative ad altre attività, anche se le predette scritture cronologiche siano redatte indistintamente per tutte le operazioni. Con la risoluzione n. 86/E del 13 marzo 2002, è stato precisato, infatti, che la tenuta di un unico impianto e di un unico piano dei conti, strutturato in modo da poter individuare in ogni momento le voci destinate all’attività istituzionale e quelle destinate all’attività commerciale, non è comunque di ostacolo all’eventuale attività di controllo esercitata dagli organi competenti;
– gli estratti dei conti correnti dedicati in modo distinto all’attività istituzionale e all’eventuale attività commerciale svolta, al fine di verificare le singole movimentazioni in entrata e in uscita;
– la documentazione giustificativa delle entrate e delle uscite, nonché dei proventi e degli oneri;
– il rendiconto annuale corredato della documentazione giustificativa che rappresenti e/o accompagni le diverse operazioni poste in essere in entrata e in uscita, nonché dei proventi realizzati e degli oneri sostenuti;
– l’eventuale atto di approvazione del bilancio dell’ente ove viene previsto e approvato l’accantonamento dei proventi derivanti dalla riscossione dei canoni in una riserva destinata a finanziare in futuro le attività istituzionali senza altra diversa utilizzazione;
– ogni idoneo documento che, in presenza di entrate o proventi costanti nel tempo, dimostri un pieno e costante impiego delle risorse nelle attività istituzionali.
3. Enti di assistenza e beneficenza
Con la circolare n. 15/E del 2022 è stato precisato che i chiarimenti in ordine all’agevolabilità dei proventi derivanti dal patrimonio immobiliare (paragrafo 5.3) valgono – alle medesime condizioni ivi dettate – anche «per gli altri soggetti di cui all’articolo 6 del d.P.R. 601 del 1973, in relazione alle caratteristiche e ai fini propri di ciascun ente».
Tale precisazione consente di estendere la fruibilità dell’agevolazione, al ricorrere delle descritte condizioni, anche agli altri enti di cui all’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, diversi dagli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali il patrimonio immobiliare rappresenti il mezzo di finanziamento delle attività istituzionali.
È il caso, ad esempio degli enti di assistenza e beneficenza, menzionati alla lettera a) dell’articolo 6, aventi come fine istituzionale quello di provvedere, ad esempio attraverso l’erogazione di borse di studio, sussidi integrativi o straordinari, all’assistenza di soggetti bisognosi.
L’attività istituzionale di detti enti è resa possibile dall’esistenza di oblazioni volontarie ricevute e dai proventi derivanti dalla locazione degli immobili di proprietà degli stessi enti.
Ciò posto, alla luce dei chiarimenti forniti dalla citata circolare n. 15/E del 2022, gli enti sopra citati potranno applicare la riduzione Ires sui proventi derivanti dalle locazioni/vendite del proprio patrimonio immobiliare, sempreché detti proventi siano destinati a finanziare l’attività istituzionale e non si riscontri un’attività organizzata in forma di impresa nella gestione immobiliare (NOTA 4).
4. Detassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali di cui all’articolo 1, commi da 44 a 47, legge 30 dicembre 2020, n. 178
L’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha introdotto, al ricorrere delle condizioni specificamente indicate dalla norma, un regime agevolativo in favore di taluni enti non commerciali consistente nella esclusione dalla base imponibile Ires, a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2021, del 50 per cento degli utili percepiti.
In particolare, il comma 44 del citato articolo 1 prevede che «Gli utili percepiti dagli enti non commerciali di cui lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o da una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di enti non commerciali, di cui alla lettera d) del comma 1 del medesimo articolo 73, che esercitano, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale nei settori indicati al comma 45, non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 50 per cento a decorrere dall’esercizio in corso al 1° gennaio 2021. Sono esclusi gli utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’articolo 47-bis, comma 1, del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986».
Per usufruire della detassazione degli utili, gli enti non commerciali devono svolgere le attività di interesse generale nell’ambito dei settori indicati nel successivo comma 45, che sono:
«a) famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, compreso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili;
b) prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali;
c) ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità dell’ambiente;
d) arte, attività e beni culturali.».
Secondo le previsioni del comma 46, i soggetti beneficiari «destinano l’imposta sul reddito delle società non dovuta in applicazione della disposizione di cui al medesimo comma 44 al finanziamento delle attività di interesse generale ivi indicate, accantonando l’importo non ancora erogato in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente».
Il successivo comma 47 dispone specificamente che le fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (FOB) «destinano l’imposta sul reddito non dovuta in applicazione della disposizione di cui al comma 44 al finanziamento delle attività di interesse generale ivi indicate, accantonandola, fino all’erogazione, in un apposito fondo destinato all’attività istituzionale».
Sotto il profilo oggettivo, sono esclusi dalla detassazione in commento gli utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 47-bis, comma 1, del Tuir, ovvero in Stati o territori in cui per le imprese o enti non residenti si verifichi che:
– sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, quando le imprese o gli enti non residenti sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, da parte di un soggetto residente;
– il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia, quando non si verifichi il requisito del controllo di cui al punto precedente.
Sotto il profilo soggettivo, la detassazione in oggetto riguarda la generalità degli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir, vale a dire enti pubblici e privati nonché stabili organizzazioni di enti non commerciali non residenti nel territorio dello Stato, che «esercitano, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» negli specifici settori indicati in via normativa.
Tale requisito deve essere verificato con riferimento alle disposizioni di cui al comma 4 dell’articolo 73 del Tuir secondo cui «l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto».
La riconducibilità in una delle categorie previste dalla norma agevolativa, deve essere operata sia da un punto di vista formale (con riferimento agli scopi individuati dalle norme e dallo statuto) sia da un punto di vista sostanziale (con riferimento all’attività svolta in concreto dalla stessa).
Alla luce della formulazione della norma, dunque, l’agevolazione si applica agli enti non commerciali che esercitano direttamente ed effettivamente le attività di interesse generale nei settori indicati al comma 45.
Ai fini della fruizione dell’agevolazione, inoltre, il comma 46 stabilisce che l’ente non commerciale deve:
– destinare il risparmio di imposta conseguito (pari al 50 per cento dell’Ires dovuta sugli utili, in un dato periodo di imposta), «al finanziamento» delle «attività di interesse generale» di cui al comma 44, nei settori di cui al comma 45;
– accantonare l’importo che, al termine del periodo di imposta, risulti non ancora “erogato”, in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.
In altri termini, la fruizione della detassazione comporta l’obbligo in capo all’ente di destinare il risparmio d’imposta conseguito nel periodo di imposta (pari alle imposte non pagate sulla metà degli utili percepiti), al finanziamento delle attività di interesse generale nei settori indicati, accantonando l’eventuale importo “non ancora erogato” nell’anno in una riserva indivisibile e non distribuibile per tutta la durata dell’ente.
Ciò comporta che, ai fini della corretta fruizione dell’agevolazione, l’ente non commerciale utilizza il risparmio di imposta per il finanziamento delle attività di interesse generale, nei settori di cui al comma 45, esercitate direttamente, potendo, laddove eserciti anche attività di «volontariato, filantropia e beneficenza», utilizzare tale risparmio d’imposta per finanziare un ente non commerciale che eserciti, senza scopo di lucro, in via esclusiva o principale una delle attività di interesse generale riconducibile ad uno dei settori previsti dal comma 45. In tale ipotesi, tenuto conto che l’attività non è svolta direttamente dall’ente, si ritiene che al momento della erogazione delle somme sia individuato puntualmente il progetto finanziato con il risparmio di imposta.
In tale ipotesi, invero, detta erogazione risponde all’obbligo, espressamente previsto dalle disposizioni in argomento, per l’ente beneficiario della detassazione, di destinare il risparmio di imposta accantonato per finanziare le predette attività di interesse generale.
Ne consegue che dette erogazioni non danno diritto alle altre agevolazioni quali ad esempio, quella di cui all’articolo 1, comma 353 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 o quella di cui all’articolo 83, comma 2, del CTS (NOTA 5).
Tenuto conto che l’agevolazione è subordinata all’utilizzo del risparmio di imposta per il finanziamento di attività di interesse generale in specifici settori, si ritiene che, in ogni caso, la “destinazione” debba risultare da apposita decisione dall’organo amministrativo competente (delibera, verbale di riunione, ecc.), con evidenza della destinazione delle somme alle specifiche attività di interesse generale previste dalla legge.
A tal fine può considerarsi sufficiente anche il riferimento ad un programma generale nell’ambito del settore di attività interessato, fermo restando che qualora il risparmio di imposta sia utilizzato per finanziare progetti realizzati da altri soggetti, al momento dell’erogazione sia individuato puntualmente il progetto.
Occorre, inoltre, che l’accantonamento a riserva, per l’eventuale importo residuo non utilizzato a fine anno, e l’utilizzo dello stesso risultino puntualmente documentati e rilevati nella contabilità dell’ente, con evidenza della destinazione delle somme alle specifiche attività previste, in coerenza con quanto deliberato dall’organo amministrativo.
Relativamente al termine entro cui deve essere utilizzato il risparmio di imposta accantonato a riserva, in assenza di disposizioni contrarie nel testo del citato comma 46, di converso richiama un periodo di durata della riserva che può coincidere con “tutta la durata dell’ente”, si ritiene che l’utilizzo della stessa non sia soggetto a termini particolari, potendo dunque avvenire nel corso della vita dell’ente.
5. Cumulabilità riduzione Ires e detassazione degli utili
Come precisato nella citata circolare n. 15/E, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 52-bis della legge di bilancio 2019, allo stato attuale l’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973, risulta ancora in vigore.
Nello specifico, l’articolo 1, comma 51, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 ha previsto l’abrogazione dell’articolo 6 con effetto, ai sensi del successivo comma 52, «a decorrere dal periodo d’imposta di prima applicazione del regime agevolativo di cui al comma 52-bis», il quale rimette a successivi provvedimenti legislativi l’individuazione di misure di favore, compatibili con il diritto dell’Unione europea, nei confronti dei soggetti che svolgono con modalità non commerciali attività che realizzano finalità sociali nel rispetto dei principi di solidarietà e sussidiarietà.
L’introduzione di norme agevolative, successive alla citata disposizione contenuta nel comma 52-bis, quale quella per la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali (tra cui anche FOB), introdotto dall’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), ha ingenerato dubbi circa possibili problemi di raccordo con il dimezzamento dell’aliquota Ires.
Si è profilata, quindi, l’opportunità di definire la portata della suddetta nuova disposizione, al fine di valutarne l’eventuale rapporto, in termini di alternatività e non cumulabilità, con l’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973.
Al riguardo, si rileva che la disposizione introdotta dalla citata legge di bilancio 2021 ha introdotto una misura di favore specifica in quanto:
– destinata solo ad alcuni dei soggetti indicati dall’articolo 6 sopra richiamato, nello specifico, gli enti non commerciali che esercitano attività di interesse generale in taluni settori indicati dalla norma;
– applicabile ai soli utili, riguardando nello specifico la parziale detassazione degli stessi.
In tale quadro di riferimento, si ritiene che detta misura agevolativa non rientri tra le «misure di favore» cui fa riferimento il comma 52-bis dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, la cui entrata in vigore comporterà l’abrogazione del citato articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 nella sua interezza.
In presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalle normative di riferimento, le disposizioni di cui all’articolo 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 sono applicabili congiuntamente alle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 44 a 47, della legge di bilancio 2021.
Pertanto, in linea di principio, i due regimi agevolativi possono applicarsi congiuntamente.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
—
– Note –
(1) In linea con la risoluzione n. 91/E del 19 luglio 2005 e con il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità.
(2) L’art. 30, comma 4, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 ha così disposto: «All’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dopo il comma 2 è inserito il seguente: 2-bis. Si considera attività di beneficenza, ai sensi del comma 1, lettera a), numero 3), anche la concessione di erogazioni gratuite in denaro con utilizzo di somme provenienti dalla gestione patrimoniale o da donazioni appositamente raccolte, a favore di enti senza scopo di lucro che operano prevalentemente nei settori di cui al medesimo comma 1, lettera a), per la realizzazione diretta di progetti di utilità sociale».
(3) Con specifiche disposizioni contenute negli articoli da 37 a 39 del CTS.
(4) In linea con quanto precisato è la risposta n. 464 del 21 novembre 2023.
(5) Con riferimento all’applicazione dell’articolo 83, comma 2 e 3, del CTS, le liberalità sono deducibili dal reddito complessivo netto del soggetto erogante, nel periodo di imposta in cui sono effettuate a condizione che le stesse siano utilizzate ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del medesimo CTS.
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