La riforma del condomini entrata in vigore il 18 giugno 2013 ha innovato molti aspetti della precedente struttura normativa che regolava i condomini. La parte inerente la responsabilità e della trasparenza nella gestione condominiale, è stato il motore della riforma avente a oggetto la normativa del condominio, prevista dal Codice civile (legge 11 dicembre 2012, n. 220).
La nuova struttura normativa definisce il condominio come una particolare forma di comunione su di un bene immobile, la cui peculiarità va rintracciata nella coesistenza di parti di proprietà esclusiva e parti di proprietà comune aventi funzione strumentale circa il godimento delle singole porzioni immobiliari. È dunque sulle parti comuni che vi è necessità di regolare il riparto delle spese che queste possono generare. La ratio del pagamento sta nel fatto che si tratta di un’obbligazione che grava sulla proprietà delle singole unità immobiliari.
- il suolo su cui sorge l’edificio, compreso di fondamenta, muri maestri, tetti, lastrici solari, scale, portoni d’ingresso, vestiboli, anditi, portici, cortili e facciate;
- aree destinate a parcheggio, l’alloggio del portiere, la lavanderia, il riscaldamento centrale, gli stenditoi ed i sottotetti;
- le opere, le installazioni e i manufatti utili all’uso e al godimento comune, quali: ascensori, pozzi, cisterne, acquedotti, fognature, canali di scarico, impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili.
L’ elenco sopra esposto non è tassativo ma costituisce presunzione di comproprietà, in quanto si presumono di proprietà comune se non risulta il contrario dal titolo (art.1117 c. 1 del c.c.).
Il novellato articolo 1118 del c.c. disciplina il diritto dei partecipanti sulle parti comuni, il quale si presume proporzionale al valore delle singole unità immobiliari, salvo diversa previsione contenuta nel regolamento condominiale. Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neppure se vi rinuncia. Particolare disposizione normativa è prevista per l‘utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, in quanto è data la possibilità di distacco, purché non derivino squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. Il rinunziante è comunque tenuto a concorrere al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione.
I criteri legali di ripartizione delle spese si esprimono in millesimi di proprietà generale o in millesimi di uso (art. 1123 del c.c.). La predetta ripartizione è derogabile all’unanimità tramite il regolamento condominiale (Cass. 3.7.2000, n. 8877). Inoltre il singolo condòmino può essere esentato dal pagamento delle spese solo se vi è una apposita clausola nel regolamento o vi è un’espressa delibera in tal senso (Cass. n.5975/2004). Gli articoli 1123 e segg. del Codice civile contengono l’elenco delle spese e delle modalità di ripartizione. Alcune sono ripartite in parti uguali tra i proprietari; altri sono ripartite in proporzione all’uso.
Vediamo due esempi:
- se i citofoni di alcuni unità abitative non funzionano, va verificata la causa del malfunzionamento: se essa dipende da un danno all’impianto centrale, la spesa va ripartita tra tutti i condomini; se invece il danno è nelle singole diramazioni dell’impianto, la spesa riguarderà soltanto i proprietari dei citofoni guasti;
- se un soggetto è proprietario di una unità nel condominio, ma nessuno vi abita, per quanto riguarda le spese di acqua e luce comune, in base all’art.1123 del c.c., la spesa va ripartita in base al numero di unità abitative. Il regolamento può però derogarvi, disponendo un esonero totale o parziale a favore dei proprietari che non vi abitano.
Le tabelle millesimali sono allegate al regolamento di condominio e costituiscono lo strumento di calcolo per la ripartizione delle spese condominiali inerenti le parti comuni o l’uso di servizi. Per la loro modifica e richiesta l’unanimità (art. 69 disp. att.). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che le tabelle non incidono sui diritti e sulle posizioni sostanziali dei condomini, dunque esse si limitano ad esprimere, in termini numerici, un rapporto di valore tra i diritti dei singoli condomini.
Se in un condominio non si è ancora provveduto alla redazione delle tabelle millesimali, le spese di acqua e luce comune vanno ripartite sulla base dei metri quadrati delle singole unità abitative, e non in base al numero di esse. L’assemblea può infatti derogare a quanto disposto dall’art.1123 c.1 del c.c.
L’approvazione del riparto delle spese compete all’assemblea mentreall’amministratore compete la riscossione, su cui grava altresì l’onere della prova dell’avvenuta effettuazione di tali operazioni, attraverso la predisposizione di un rendiconto e la tenuta dei registri. Egli può esigerne il pagamento anche mediante un decreto ingiuntivo. L’inutile decorso del semestre, previsto dall’art. 63 disp. att., non fa venire meno il debito contratto dal moroso, ma espone l’amministratore a responsabilità da mandato. È data la possibilità all’assemblea di intervenire esonerando l’amministratore dal dare corso ad iniziative dirette al recupero del credito. Non è richiesta la preventiva messa in mora del condòmino moroso (Cass. n.9181/2013). Nel caso di morosità protratta per oltre sei mesi, l’amministratore è autorizzato a sospendere l’erogazione dei servizi (art. 63 c. 3 disp. att.), con l’ovvia conseguenza della difficoltà circa l’individuazione dei servizi che possono essere facilmente sospesi senza creare problemi ai restanti condomini. I terzi creditori possono chiedere all’amministratore i dati relativi ai condomini morosi, al fine di attivarsi per il recupero dei crediti, e solo in via surrogatoria ai condomini solventi.
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