AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 07 gennaio 2022, n. 2
Rimborso contributi del socio a costi funzionamento di SCARL
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa (in seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) riferisce di essere una società consortile a responsabilità limitata, senza fini di lucro, partecipata da soggetti pubblici e privati, controllata dai “soggetti pubblici”, e in conformità a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 8, del D.lgs. n. 175 del 2016, ha lo scopo di promuovere nell’interesse dei soci, la ricerca scientifica, in particolare applicata, lo sviluppo tecnologico e la diffusione dei risultati in un settore strategico.
In particolare, cooperando con enti e organismi nazionali, europei e internazionali, l’Istante si propone di:
– tradurre le conoscenze teoriche e tecnologiche dei soci nella progettazione, previa individuazione delle opportune soluzioni tecnologiche, nella costruzione e nella successiva gestione sperimentale ed implementazione della Macchina XYZ;
– sviluppare e realizzare le sinergie tra la ricerca pubblica e quella industriale nel settore di competenza;
– rafforzare la presenza a livello internazionale della competitività tecnologica dell’industria nazionale;
– collaborare con enti nazionali ed internazionali nello sviluppo e messa a punto di progetti tecnologici di interesse comune;
– produrre servizi e sperimentazioni, anche con finalità commerciali, a supporto dei programmi di sviluppo tecnologico di altri centri di ricerca, anche internazionali, sulla Fusione;
– individuare e promuovere per i Soci nuove iniziative di ricerca e sviluppo tecnologico nel campo della Fusione.
La Società riferisce di:
a) non perseguire finalità di lucro;
b) non poter distribuire utili sotto qualsiasi forma ai soci perché deve reinvestirli per le finalità sociali;
c) non potersi trasformare in società con diverse finalità da quella consortile;
d) essere un’organizzazione comune dei Soci e di operare nell’interesse degli stessi.
Nello svolgimento della propria attività, il Contribuente rappresenta di avvalersi prioritariamente del personale e delle strutture e dei servizi di progettazione e ricerca messi a disposizione dai Soci, sempre che l’offerta sia qualitativamente adeguata, disponibile nei tempi dovuti ed economicamente competitiva. Le condizioni e le modalità di utilizzo del personale e delle risorse (know-how, tecnologie, laboratori, strutture e attrezzature di ricerca, etc.) messe a disposizione dai Soci, saranno disciplinate da appositi regolamenti interni o da specifica pattuizione.
In merito al Progetto XYZ, l’Istante chiarisce che questo progetto è inserito in un progetto europeo, quale facility in grado di fornire soluzioni integrate per tutti gli aspetti fisici e tecnologici da affrontare e risolvere per la realizzazione entro l’anno 2050 di un impianto dimostrativo. Uno dei soci fondatori della Società, è il Consorzio CR (di seguito, “C.R.”).
C.R. si occupa di ricerca con partecipazione pubblica superiore al 70% (6 dei 7 soci sono università statali) con attività esterna, senza fini di lucro, a norma degli articoli 2602, 2612 e seguenti del codice civile. In quanto tale non può distribuire utili sotto qualsiasi forma ai soci consorziati. Gli eventuali avanzi di gestione sono dallo stesso reinvestiti nell’attività scientifica e di ricerca che svolge. L’ambito di riferimento dell’attività di ricerca del consorzio è quella dell’Ingegneria Industriale e dell’Informazione soprattutto in materia di plasmi e fusione nucleare, applicazioni dell’elettromagnetismo, automazione industriale e robotica.
L’Istante riferisce di aver sottoscritto un Accordo Bilaterale con C.R. per regolamentare il contributo annuale alle attività consortili Società.
L’articolo 7 del suddetto Accordo stabilisce che C.R., per la sua natura consortile e prevalentemente universitaria, che non gli consente l’assunzione di obbligazioni sistematiche di carattere finanziario, contribuisca in forma equivalente alle spese di funzionamento della Società mediante un contributo ordinario così composto:
a) Ricercatori coinvolti da C.R. nel Progetto XYZ;
b) Servizi di ricerca, in termini di progettazione, consulenza, studi, analisi, coordinamento, formazione specialistica, nei limiti previsti dallo Statuto da C.R. C.R. al termine di ciascun esercizio, a consuntivo, provvederà a quantificare l’ammontare effettivo del contributo fornito all’Istante, con le modalità stabilite dall’articolo 12 dell’Accordo Bilaterale, senza applicazione di alcuna maggiorazione (cd. mark-up), limitandosi a riaddebitare i costi effettivamente sostenuti nell’esercizio della propria attività istituzionale.
Qualora l’importo del contributo fornito da C.R., nella forma di servizi di progettazione e ricerca ovvero nella forma di ricercatori, fosse superiore all’importo del proprio contributo pro quota alle spese di funzionamento della Società, l’eccedenza verrà rimborsata dal Contribuente, al netto delle eventuali anticipazioni già ricevute, mediante l’emissione di una Nota Debito.
L’Istante chiede se il rimborso spese che si è impegnato a corrispondere al C.R. in virtù dell’Accordo Bilaterale e dei Piani operativi annuali sia assoggettabile o meno all’applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in breve, “Decreto IVA”).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene applicabile il regime di non imponibilità di cui all’articolo 4, comma 4, del Decreto IVA ai riaddebiti per le attività di ricerca e servizi tecnicoscientifici svolti dal socio, C.R., eccedenti l’ordinaria quota di contribuzione di quest’ultimo all’attività dell’Istante.
A supporto, il Contribuente cita:
– l’articolo 2, paragrafo 1, della sesta Direttiva che prevede l’assoggettabilità all’IVA delle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso;
– la giurisprudenza comunitaria che considera operazioni imponibili a IVA quelle poste in essere sulla base di un rapporto obbligatorio di tipo sinallagmatico, ossia di un rapporto a prestazioni corrispettive.
L’Istante evidenzia che il requisito della sinallagmaticità è ripreso anche da una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea nella quale afferma che un rapporto giuridico rilevante ai fini IVA ” si verifica quando esiste un nesso diretto fra il servizio fornito dal prestatore e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscono un corrispettivo effettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico” (causa C 544/16).
L’Accordo Bilaterale, essenzialmente finalizzato alla cooperazione istituzionale tra enti di ricerca, prevede espressamente che dei risultati raggiunti attraverso le attività oggetto di cooperazione si avvantaggino simultaneamente sia entrambi gli enti stipulanti per le proprie finalità istituzionali, sia altri enti pubblici o pubbliche amministrazioni interessati al perseguimento delle medesime finalità.
In conclusione, a parere del Contribuente, nell’Accordo in questione è ravvisabile una cooperazione tra le parti nell’ottica del raggiungimento di risultati di interesse – peraltro non esclusivo – di entrambi gli enti. In tale ottica, la somma da corrispondere ad una delle parti non è altro che una mera risultanza contabile, ossia un conguaglio tra le spese effettivamente sostenute da entrambe le parti. Alle stesse conclusioni, ritiene l’Istante, si perviene applicando i criteri suppletivi individuati dalla circolare n. 34/E del 2013, per stabilire se un pagamento in denaro possa essere considerato un corrispettivo imponibile.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 4 del Decreto IVA stabilisce che « 2. Si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese:
1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all’art. 2507 del codice civile e dalle società di fatto;
2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale o agricole.
3. Si considerano effettuate in ogni caso nell’esercizio di imprese, a norma del precedente comma, anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società e dagli enti ivi indicati ai propri soci, associati o partecipanti».
Le società consortili non hanno finalità lucrativa, ma sono costituite per perseguire gli scopi propri dei consorzi. In altri termini, il loro scopo non è quello di realizzare un utile da dividere tra i consorziati, ma quello di consentire a questi ultimi il conseguimento di un vantaggio mutualistico. Alla società consortile si applica quindi, a causa del rinvio implicito nella disposizione dell’articolo 2615- ter del Codice civile, la disciplina del tipo di società prescelto dalle parti: ” Le società previste nei capi III e seguenti del titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell’art. 2602″.
Dunque, la società consortile a responsabilità limitata è una società a tutti gli effetti e il fatto – affermato dall’Istante – che sia ” senza fini di lucro” non fa venir meno la sua soggettività IVA.
Al riguardo si ritiene utile richiamare il seguente chiarimento contenuto nella circolare del Ministero delle finanze 12 maggio 1998, n. 124/E ” Il decreto legislativo n. 460 del 1997, nel riordinare la disciplina degli enti non commerciali, non ha apportato modifiche alla disposizione recata dall’art. 87, comma 1, lettera c), del T.U.I.R. che fornisce la nozione generale di “ente non commerciale”, individuando tale tipologia soggettiva negli enti pubblici e privati diversi dalle società , che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.
L’elemento distintivo degli enti non commerciali, anche a seguito del citato decreto legislativo n.460 del 1997, è costituito, quindi, dal fatto di non avere tali enti quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di una attività di natura commerciale, intendendosi per tale l’attività che determina reddito d’impresa ai sensi dell’art. 51 del T.U.I.R.
Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell’ente non commerciale la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l’assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati”.
Quanto al presupposto oggettivo per l’applicazione dell’IVA, si osserva che l’Istante riceve dal socio C.R. un contributo “in natura” ai costi di funzionamento sulla base delle previsioni degli articoli 3, 5, 7 e 13 dell’Accordo. In particolare, in base all’articolo 7 dell’Accordo bilaterale C.R./Società: « Il CR contribuisce ai costi di funzionamento nella misura specificata nel piano annuale della ALFA Scarl, mediante un contributo ordinario così composto:
a) Ricercatori coinvolti da C.R. nel Progetto XYZ;
b) servizi di ricerca, in termini di progettazione, consulenza, studi, analisi, coordinamento, formazione specialistica, nei limiti previsti dallo Statuto del C.R.. La natura consortile e prevalentemente universitaria del C.R. non consente l’assunzione di obbligazioni sistematiche di carattere finanziario. Pertanto, al fine di contribuire in forma equivalente alle spese di funzionamento, il C.R. si impegna a fornire il proprio contributo pro quota preferibilmente nella forma di servizi di progettazione e ricerca ovvero nella forma di Ricercatori coinvolti nel Progetto XYZ».
Inoltre, in base al successivo articolo 13, « Qualora il contributo del C.R. a consuntivo risulti maggiore di quello pro quota a preventivo, la ALFA Scarl verserà al C.R. la differenza, a ricezione di nota d’addebito.
In alternativa, il C.R. può chiedere che detta differenza positiva, in tutto o in parte, sia considerata come parte integrante del contributo dovuto per l’esercizio successivo.
Qualora invece il contributo del C.R. a consuntivo risulti minore di quello pro quota a preventivo, il C.R. si impegna a corrispondere la differenza negativa come integrazione del contributo dovuto per l’esercizio successivo».
La risoluzione 4 febbraio 1991 (prot. n. 431143) chiarisce che le somme versate dai soci nell’ambito di rapporti associativi non configurano, di norma, ipotesi impositive, per carenza dei presupposti oggettivi, in quanto non costituiscono il corrispettivo di specifiche prestazioni di servizi ed evidenziano, in definitiva, operazioni finanziarie poste in essere nell’ambito del rapporto organico che lega gli associati all’ente associativo. A diverse conclusioni si perviene, invece, nelle ipotesi in cui i contributi sono diretti a compensare determinati ed individuati servizi, resi ai soci dall’organismo associativo. In tali casi, infatti, sussiste il nesso sinallagmatico tra il versamento di somme e le prestazioni di servizi rese a diretto vantaggio dei singoli soci, per cui le operazioni assumono rilevanza agli effetti dell’IVA.
Tale principio è ribadito dalla circolare n. 34/E del 22 novembre 2013, che precisa alcuni criteri per qualificare la natura delle somme erogate come elargizioni di denaro, fuori campo di applicazione dell’imposta, oppure come corrispettivi soggetti all’IVA.
In particolare, al paragrafo 1.1, lett. d), la citata circolare chiarisce che ” Le somme erogate dai soci – ivi incluso, ovviamente, il socio avente soggettività di diritto pubblico – in base alle norme del codice civile, quali apporti di capitale, esposti in bilancio all’interno del patrimonio netto, non possono essere considerate corrispettivi di prestazioni di servizi in quanto si inseriscono nell’ambito del rapporto associativo e non sono collegate ad alcuna controprestazione da parte del beneficiario (apporti di capitale e coperture di disavanzi)”.
Nel caso in esame non è ravvisabile un rapporto sinallagmatico tra le parti restando gli apporti (finanziari o in natura) nell’ambito del contributo dovuto dal socio come determinato nell’ambito del Piano Annuale delle attività. Dunque, alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che gli eventuali rimborsi resi dall’Istante al socio, che ha fornito un contributo “in natura” eccedente quello dallo stesso ordinariamente dovuto, siano delle mere movimentazioni di denaro e, come tali non soggetti a IVA, tenuto conto altresì che il socio stesso potrebbe imputarle nuovamente a contributo rispetto ai costi di funzionamento dell’esercizio successivo.
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