AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 13 ottobre 2020, n. 469
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Rimborso IVA: irrilevanza delle cessioni ex articolo 50-bis, comma 4, lett. c), del decreto-legge n. 331 del 1993 ai fini del calcolo dell’aliquota media. Chiarimenti sulla cessione del credito IVA futuro
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante offre ai più importanti nomi dell’industria […] un centro […] per la produzione di […].
Tra i principali clienti annovera [BETA], una società di diritto […] con sede a […] ed ivi stabilita ai fini IVA, che risulta proprietaria dell’omonima […].
Secondo quanto riferito, gli accordi che intercorrono tra le parti prevedono che una parte rilevante della merce prodotta dall’istante e ceduta a [BETA] segua, ai fini IVA, lo schema previsto dall’articolo 50-bis, comma 4, lett. c), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, per cui:
a) la consegna avviene presso il deposito IVA […] o […] di […] (due aree diverse all’interno dello stesso deposito) secondo le modalità e le istruzioni impartite direttamente da[BETA] mediante l’emissione dei documenti “purchase order” e “inbound delivery document” a fronte dei quali l’istante emette “packing list” e “fattura accompagnatoria”;
b) per l’effetto, l’istante emette fatture senza l’addebito dell’imposta ai sensi del citato articolo 50-bis, comma 4, lett. c), intestate a [BETA] e con destinazione della merce presso il deposito IVA di […]. Sulle fatture emesse dall’istante viene apposto il timbro di presa in carico della merce da parte del deposito IVA con numero di protocollo di consegna merce;
c) l’estrazione delle merci dal deposito IVA viene, poi, effettuata direttamente da [BETA], la quale provvede a liquidare l’imposta.
Ciò posto, l’istante chiede chiarimenti circa la corretta interpretazione dell’articolo 30, secondo comma, lett. a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e, in particolare, sulla possibilità di includere le cessioni senza addebito d’imposta ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lett. c), del decreto-legge n. 331 del 1993, tra le operazioni attive rilevanti ai fini del calcolo del requisito dell’aliquota media, al ricorrere del quale l’eccedenza di IVA detraibile può essere chiesta a rimborso.
Inoltre, l’istante chiede di sapere se le predette cessioni debbano – al pari di quanto previsto per le operazioni in regime di reverse charge – essere conteggiate alla stregua di operazioni ad “aliquota zero”.
Infine, a prescindere dalla possibilità di chiedere il rimborso ai sensi del secondo comma, lett. a) dell’articolo 30 del DPR n. 633 del 1972, potendo comunque accedere all’ipotesi residuale prevista dal successivo terzo comma, l’istante rappresenta di voler cedere a terzi il credito IVA, ancorché questo non sia stato ancora richiesto a rimborso nella dichiarazione annuale o nel modello IVA/TR trimestrale.
A tal fine chiede conferma che l’avvenuta cessione possa, nel rispetto delle formalità di cui all’articolo 69 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, essere oggetto di notifica al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate anche prima della presentazione della dichiarazione annuale e/o del Modello IVA TR in cui il credito medesimo troverà evidenza e ne sarà richiesto il relativo rimborso.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante, premessi alcuni cenni sulle cessioni di beni mediante introduzione in un deposito IVA e tenuto conto dei principi comunitari riguardanti le modalità di rimborso dell’eccedenza dell’IVA, è dell’avviso che nella fattispecie prospettata sia possibile richiedere il rimborso ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, lett. a), del DPR n. 633 del 1972.
Ritiene, infatti, per ragioni di carattere sistematico, che le operazioni attive soggette al regime di cui all’articolo 50-bis, comma 4, lett. c), del decreto-legge n. 331 del 1993 debbano essere incluse ai fini del calcolo dell’aliquota media considerandole anch’esse ad aliquota pari a zero, così come previsto per le operazioni per le quali l’IVA è assolta tramite il meccanismo del reverse charge.
Infine, a parere dell’istante, l’intervenuta cessione del credito IVA non ancora chiesto a rimborso può essere validamente notificata, nel rispetto delle formalità di cui all’articolo 69 del regio decreto n. 2440 del 1923, al compente ufficio dell’Agenzia delle entrate anche prima della presentazione della dichiarazione IVA e/o del Modello IVA TR nell’ambito della quale il credito medesimo confluisce e ne è richiesto il relativo rimborso. Resta inteso che, solo con la presentazione del modello dichiarativo, la cessione del credito diviene efficace nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 30, secondo comma, del DPR n. 633 del 1972 contiene un’elencazione tassativa dei presupposti che consentono la richiesta di rimborso del credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale (ai quali deve aggiungersi quello di cui all’articolo 34, comma 9, del medesimo decreto), al di fuori dei quali lo stesso deve necessariamente essere riportato in detrazione/compensazione nel periodo d’imposta successivo.
In particolare, è consentito il rimborso dell’IVA – sempreché l’eccedenza detraibile sia superiore a 2.582,28 euro – “…all’atto della presentazione della dichiarazione:
a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, nonché a norma dell’articolo 17-ter;
b) quando effettua operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 per un ammontare superiore al 25 per cento dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;
c) limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche;
d) quando effettua prevalentemente operazioni non soggette all’imposta per effetto degli articoli da 7 a 7-septies;
e) quando si trova nelle condizioni previste dal terzo comma dell’articolo 17″.
Con riferimento all’ipotesi di cui al secondo comma, lettera a) innanzi richiamata, l’articolo 3, comma 6, decreto legge 28 giugno 1995, n. 250, convertito dalla legge 8 agosto 1995, n. 349, ha disposto che il rimborso “spetta se l’aliquota mediamente applicata su tutti gli acquisti e su tutte le importazioni, supera quella mediamente applicata su tutte le operazioni effettuate, maggiorata del 10 per cento”, tenendo conto delle operazioni registrate o soggette a registrazione nel periodo di riferimento con esclusione “degli acquisti, delle importazioni e delle cessioni di beni ammortizzabili”.
Ai sensi delle norme citate, il rimborso dell’IVA è, pertanto, dovuto quando il contribuente viene a trovarsi “strutturalmente” a credito perché esercita un’attività che comporta l’effettuazione abituale di operazioni attive soggette ad aliquote inferiori rispetto a quelle applicate sugli acquisti o sulle importazioni.
Nel caso di specie, la società istante effettua prevalentemente operazioni di cui all’articolo 50-bis, comma 4, lett. c), del decreto-legge n. 331 del 1993 ossia “cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito I.V.A.”. Tali operazioni, per espressa previsione del medesimo comma 4, “sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto”, che deve essere assolta da colui che esegue l’estrazione dei beni dal deposito IVA: “L’estrazione dei beni da un deposito I.V.A. può essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta agli effetti dell’I.V.A. e comporta il pagamento dell’imposta”. In particolare, “il soggetto che procede all’estrazione annota nel registro di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, una fattura emessa ai sensi dell’articolo 17, secondo comma del medesimo decreto” (così l’articolo 50-bis, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993).
Ne discende che, nel caso prospettato, non può ritenersi integrato il presupposto oggettivo richiesto dal citato articolo 30, secondo comma, lettera a) del DPR n. 633 del 1972, consistente nell’esercizio esclusivo o prevalente di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta ad aliquote inferiori rispetto a quelle degli acquisti.
Peraltro, per espressa previsione normativa, rientrano nel calcolo dell’aliquota media ai fini del rimborso dell’eccedenza d’imposta solo le operazioni per le quali non è applicata alcuna aliquota IVA (cd operazioni ad “aliquota zero”), effettuate ai sensi dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, e dell’articolo 17-ter del DPR n. 633 del 1972 (cfr. l’articolo 30, terzo comma, lett. a), del DPR n. 633 del 1972). In assenza, dunque, di un rinvio esplicito della norma, le operazioni non assoggettate ad imposta effettuate nel deposito IVA non possono partecipare al calcolo dell’aliquota media. Tuttavia, poiché le operazioni in argomento effettuate senza applicazione dell’IVA non limitano il diritto alla detrazione, l’istante può chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile ai sensi del successivo terzo comma dell’articolo 30 del DPR n. 633 del 1972, in base al quale il contribuente, anche fuori dei casi previsti nel comma precedente, “può chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze”.
Per quanto riguarda il quesito concernente la cessione di un credito IVA futuro, ossia non ancora esposto nella dichiarazione annuale o nel modello IVA/TR trimestrale, ed in tale sede chiesto a rimborso, si rinvia ai chiarimenti resi con la risoluzione n. 279/E del 12 agosto 2002 e con la risposta alla consulenza giuridica n. 1 pubblicata il 17 gennaio 2019 nell’apposita sezione del sito della scrivente (agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli interpelli/risposte-alle-istanze-di-consulenza-giuridica), applicabili a tutte le ipotesi di cessione del credito tributario “futuro”, anche se effettuata al di fuori di una procedura concorsuale.
In tale sede è stato chiarito che:
– la cessione anticipata del credito tributario, valida civilisticamente tra le parti, acquista efficacia, anche ai fini fiscali, soltanto quando il medesimo credito è chiesto a rimborso nella dichiarazione annuale o nel modello IVA TR, purché siano rispettate le modalità di cui all’articolo 43-bis del DPR n. 602 del 1973;
– l’atto di cessione deve essere redatto nella forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio e notificato al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 69 del regio decreto n. 2440 del 1923.
In particolare, quest’ultima norma prevede che le cessioni di crediti vantati nei confronti dello Stato (quando ammesse dalle leggi che dispongono in materia) devono essere notificate all’amministrazione centrale oppure all’ente, ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento.
Pertanto, nel rispetto dei principi di certezza e trasparenza dei rapporti tributari tra il contribuente e l’Amministrazione, già enunciati con la citata risoluzione n. 279/E del 2002, si è dell’avviso che la notifica dell’atto di cessione del credito all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente in base al domicilio fiscale del contribuente, vada effettuata dopo la presentazione della dichiarazione/modello in cui confluisce il credito futuro ceduto e chiesto a rimborso, perché è solo da tale data che il credito IVA spettante diviene certo e definito, cristallizzandosi nella scelta operata dal contribuente tra le alternative in proposito offerte dall’ordinamento (riporto del credito anche al fine del suo utilizzo in compensazione o richiesta di rimborso).
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