AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 31 agosto 2020, n. 292
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – rimborso IVA – richiesta di garanzia – apposizione del visto di conformità in sede di dichiarazione integrativa
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante è una società con sede al di fuori dell’Unione europea, che assolve gli obblighi relativi alle propria attività tramite rappresentante fiscale, nominato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), chiudendo strutturalmente le proprie dichiarazioni IVA a credito.
Nel settembre 2016, l’istante ha presentato la dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 2015 (“Modello IVA 2016”) dalla quale emergeva una eccedenza di imposta detraibile che è stata chiesta a rimborso per mezzo della stessa dichiarazione ai sensi degli articoli 30 e 38-bis del decreto IVA.
Lo stesso è avvenuto per la dichiarazione IVA relativa al 2017, presentata nel luglio 2018.
Nel febbraio 2020 il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, per poter procedere all’effettuazione dei rimborsi, ha chiesto all’istante di presentare apposita garanzia («atto di fideiussione, polizza fideiussoria o cauzione in titoli di Stato, o garantiti dallo Stato, con validità pari ad anni 3 dall’esecuzione del rimborso ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento»). Alla richiesta non veniva dato seguito, «con la conseguenza che i rimborsi per le annualità 2015 e 2017 non sono né in corso di erogazione, né sono stati erogati». Ai fini dell’ottenimento dei suddetti rimborsi, l’istante «intende avvalersi dell’art 38-bis, commi 3 e 6, del d.P.R. n. 633 del 1972, i quali prevedono l’apposizione del visto di conformità in luogo della prestazione della garanzia prevista dal comma 4 dello stesso articolo.
A tal fine, considerato che la Società non aveva apposto il visto di conformità in relazione al credito IVA esposto nelle dichiarazioni per l’anno 2015 e per l’anno 2017, la stessa intende avvalersi dell’istituto della dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art. 8, comma 6-bis del d.P.R. n. 322 del 1998, al fine di consentire l’apposizione del visto di conformità ed ottenere il rimborso dell’IVA senza dare seguito alle richieste di garanzia pervenute dal competente Ufficio».
Alla luce di quanto sopra, l’istante pone il seguente dubbio interpretativo: «se il visto di conformità possa essere apposto in sede di dichiarazione integrativa ai fini dell’ottenimento del rimborso laddove (a) i presupposti di cui all’art. 38-bis comma 3 del d.P.R. n. 633/1972 si sono manifestati successivamente alla dichiarazione originaria, e (b) la Società abbia già ricevuto la richiesta di garanzia, prevista dal comma 4 dello stesso articolo, a conclusione dell’attività di verifica condotta dall’Agenzia delle entrate in merito alla richiesta di rimborso IVA effettuata con la dichiarazione originaria, oggetto di successiva rettifica».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, in riferimento ai quesiti posti, l’istante ritiene «di essere legittimata ad ottenere i rimborsi IVA relativi all’anno 2015 e all’anno 2017 senza necessità di presentare la garanzia richiesta, ma provvedendo a presentare una dichiarazione integrativa – per ciascun anno in oggetto – recante il visto di conformità.
La Società non ritiene esistano motivi ostativi all’apposizione del visto di conformità, sia in quanto alla data di presentazione della dichiarazione integrativa sono venute meno le condizioni ostative previste dall’art. 38-bis, comma 4, lett. b) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per effetto dell’annullamento o della definizione di tutti gli accertamenti ricevuti, sia in quanto la dichiarazione integrativa, che rettifica la dichiarazione originaria, priva di efficacia la richiesta di presentazione della garanzia.
L’Istante potrà quindi presentare (i) una dichiarazione integrativa rispetto al Modello IVA 2016 (anno 2015) recante il visto di conformità ai fini dell’ottenimento del rimborso del credito ai sensi dell’art. 38-bis, comma 3 del d.P.R. n. 633 del 1972, cui sarà allegata altresì la dichiarazione sostitutiva attestante la sussistenza dei requisiti soggettivi, entro e non oltre il termine di decadenza dell’attività di accertamento, previsto dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, ed (ii) una dichiarazione integrativa del Modello IVA 2018 (anno 2017) recante il visto di conformità ai fini dell’ottenimento del rimborso del credito ai sensi dell’art. 38-bis, comma 3 del d.P.R. n. 633 del 1972, cui sarà allegata altresì la dichiarazione sostitutiva attestante la sussistenza dei requisiti soggettivi, entro e non oltre termine di decadenza dell’attività di accertamento, ai sensi dell’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972. Resta inteso che, in forza dell’alternatività prevista dal comma 6 dell’art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 tra il visto di conformità e la prestazione di garanzia ai fini dell’esecuzione del rimborso, la Società, una volta presentate le summenzionate dichiarazioni integrative, non sarà tenuta a dar seguito alle richieste di fideiussione pervenute dalla Direzione Regionale […]».
Parere dell’agenzia delle entrate
Come ricordato in molteplici documenti di prassi (cfr., ex multis, la circolare n. 32/E del 30 dicembre 2014), i contribuenti, stante la previsione dell’articolo 30 del decreto n. 633 del 1972, possono chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante dalla propria dichiarazione IVA tramite la procedura delineata dall’articolo 38-bis del medesimo decreto (rubricato, appunto, “Esecuzione dei rimborsi”).
La norma, frutto di molteplici interventi succedutisi nel corso del tempo – cfr., ad esempio, gli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 21 novembre 2014 n. 175, nonché l’articolo 7-quater, comma 32, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 1° dicembre 2016 n. 225 – dispone, tra l’altro, che i rimborsi:
1) di importo sino a 30.000 euro – limite da intendersi riferito alla somma delle richieste di rimborso effettuate per l’intero periodo d’imposta (cfr. la risoluzione n. 165/E del 3 novembre 2000) e così fissato (rispetto ai precedenti 15.000 euro) dal citato articolo 7-quater, comma 32, del d.l. n. 193 del 2016 – possono essere erogati senza presentazione di garanzia o apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, né sottoscrizione alternativa ex articolo 10 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
2) di importo superiore a 30.000 euro:
a) in assenza delle condizioni soggettive di rischio indicate nel suo comma 4, non necessitano della presentazione di garanzia qualora sull’istanza/dichiarazione da cui emerge il credito sia apposto il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa da parte dell’organo di controllo e sia presentata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (a norma dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445), riportante le informazioni relative alla solidità patrimoniale, alla continuità aziendale ed alla regolarità dei versamenti contributivi individuate nel comma 3 del medesimo articolo 38-bis;
b) vanno erogati previa presentazione della garanzia se i soggetti che ne fanno richiesta:
– esercitano attività di impresa da meno di due anni, ad esclusione delle start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
– presentano la dichiarazione o l’istanza priva del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa da parte dell’organo di controllo, oppure non presentano la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà;
– richiedono il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante all’atto della cessazione dell’attività;
– sono considerati dal legislatore più “a rischio”, ovvero nei due anni precedenti la richiesta di rimborso hanno ricevuto avvisi di accertamento o di rettifica che evidenziano significativi scostamenti tra quanto accertato e quanto dichiarato, secondo i parametri individuati dal legislatore [cfr. l’articolo 38-bis, comma 4, lettera b)].
In merito agli elementi ricordati sub 2), nel corso del tempo, con diversi documenti di prassi, è stato chiarito che:
– «nel caso in cui il contribuente intenda apporre il visto assente nella dichiarazione originaria, potrà essere presentata la dichiarazione integrativa anche oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza della presentazione della dichiarazione» (cfr. la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015);
– «gli atti da considerare in base alla lettera b) del comma 4 del nuovo articolo 38-bis non sono solo gli avvisi di accertamento e rettifica ai fini IVA, ma anche quelli relativi agli altri tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate» (così la circolare n. 32/E del 30 dicembre 2014, ripresa poi dalla successiva n. 33/E del 22 luglio 2016);
– la «ratio della disposizione in argomento è, infatti, quella di individuare nell’avviso di accertamento o rettifica notificato un indicatore del grado di solvibilità del contribuente che ha chiesto il rimborso IVA e, pertanto, se nel periodo di osservazione lo stesso soddisfa integralmente le proprie pendenze, attraverso uno qualunque degli istituti di definizione messi a disposizione dalla legge, può considerarsi reintegrato tra i contribuenti non “a rischio” e non tenuto alla presentazione della garanzia. Pertanto, deve intendersi superata l’indicazione fornita nella circolare n. 32/E del 2014, con la quale era stato precisato che la mera circostanza dell’avvenuta notificazione dell’atto nei due anni precedenti – salvo annullamento dello stesso in autotutela o in caso di sentenza favorevole al contribuente passata in giudicato – fosse causa ostativa alla possibilità di ottenere il rimborso senza prestazione di garanzia, a prescindere dalla circostanza che il contribuente abbia o meno definito la pretesa erariale» (si veda la circolare n. 33/E del 22 luglio 2016).
Alla luce di quanto sopra, considerato che nel caso posto all’attenzione della scrivente, secondo quanto rappresentato dall’istante e non oggetto di verifica nella presente sede:
1) gli avvisi dallo stesso ricevuti nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso presentata nel 2016 (anno d’imposta 2015) sono stati impugnati con esito favorevole, dando luogo a sentenze passate in giudicato;
2) gli avvisi notificati nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso presentata nel 2018 (anno d’imposta 2017) sono stati oggetto di annullamento in autotutela, ovvero di acquiescenza con saldo integrale del dovuto in data anteriore alla presentazione della dichiarazione stessa;
non si rinvengono preclusioni alla possibilità di ottenere i rimborsi richiesti senza prestazione di garanzia.
Ciò previa presentazione, nel termine previsto dall’articolo 57 del decreto IVA, delle dichiarazioni integrative (per gli anni 2015 e 2017) recanti il visto di conformità in precedenza omesso, unitamente al rispetto delle ulteriori prescrizioni individuate dall’articolo 38-bis dello stesso decreto.
Nei termini prospettati, la soluzione interpretativa ipotizzata dall’istante deve dunque ritenersi condivisibile.
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