AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 15 ottobre 2021, n. 716
Rinuncia a crediti relativi a canoni scaduti per contratto di affitto d’azienda, maturata nel contesto delle restrizioni anti-Covid-19. Qualificazione come “diminuzione di ricavi” ai fini IRES e IRAP
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società Alfa, in qualità di affittante, e la società Beta, in qualità di conduttore, hanno sottoscritto in data 3 agosto 2018 un contratto di affitto d’azienda, con cui Alfa concedeva a Beta – a fronte di un canone annuo di 1.200.000 euro sino al 31 marzo 2021, e di 1.275.000 euro a regime – il godimento del proprio compendio aziendale, comprensivo del godimento di un immobile e delle autorizzazioni amministrative necessarie per l’esercizio dell’attività di grande magazzino di vendita al dettaglio di prodotti appartenenti a svariate categorie merceologiche, ivi inclusi prodotti alimentari.
A seguito delle restrizioni per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 subite nel corso del 2020 dagli esercizi commerciali – che hanno provocato la drastica riduzione del normale afflusso di avventori in ragione dei divieti di assembramento e di limitazione della circolazione – l’attività di grande magazzino di abbigliamento e di prodotti per la casa, svolta da Beta ha subito una forte contrazione dei propri ricavi.
Ciò ha comportato la sopravvenienza di uno squilibrio nell’assetto definito dal relativo contratto di affitto d’azienda, che ha indotto le parti a rinegoziarne il contenuto, allo scopo di compensare l’ingiusto squilibrio contrattuale sorto a danno del conduttore a causa delle suddette restrizioni anti-Covid-19. Infatti, a fronte della debenza dei relativi canoni il conduttore si è trovato nell’impossibilità di godere dell’azienda per cui detti canoni risultavano dovuti.
Pertanto, con scrittura privata del 15 dicembre 2020 (Accordo per la modifica del Contratto), le parti hanno rinegoziato il contratto di affitto d’azienda, modificandone alcune condizioni relative ai termini, all’ammontare e alle modalità di pagamento dei canoni scaduti e rimasti insoluti (già fatturati da Alfa) dei mesi di luglio, agosto e parte di settembre 2020, con conseguente emissione, il 18 dicembre 2020, di nota di credito da parte di Alfa.
In particolare, in base alla predetta scrittura:
(a) la società Alfa ha disposto la remissione del debito del conduttore per un importo complessivo di euro 208.107,69, oltre IVA per euro 45.748, relativo ai canoni di luglio (euro 100.200) ed agosto 2020 (euro100.200) e alla quota parte del canone di settembre 2020 (euro 7.707,69);
(b) la società Beta si è impegnata:
1. a corrispondere, ai sensi del Contratto di Affitto d’azienda, entro il 15 dicembre 2021 in un’unica soluzione, la somma pari ad euro 200.000, oltre a IVA per euro 44.000, a titolo di canone da imputare per una quota alla mensilità di giugno 2020, per un’altra quota a parte della mensilità di settembre 2020, e per un’ultima quota al saldo della mensilità di ottobre 2020;
2. ad astenersi, irrevocabilmente e incondizionatamente – per tutta la durata del Contratto nei confronti di Alfa e dei suoi aventi causa, con riferimento a tutti i rapporti giuridici nascenti dal Contratto – dal formulare qualunque richiesta e/o pretesa, domanda, eccezione, contestazione o azione connessa direttamente o indirettamente agli effetti del Coronavirus, o da altre situazioni assimilabili.
Inoltre, le Parti si sono impegnate a modificare il paragrafo 3.2 del Contratto, sostituendolo integralmente con un nuovo paragrafo, nel quale è previsto per la società affittuaria la possibilità di esercitare il diritto di recesso dal Contratto di Affitto unicamente entro determinati intervalli temporali e a determinate condizioni.
Ciò premesso, la società istante chiede chiarimenti sulla corretta qualificazione, ai fini fiscali, della “rinuncia” disposta da Alfa ai crediti relativi ai canoni di luglio, agosto e di parte di settembre 2020, disposta con il citato art. 2.1 dell’Accordo per la Modifica del Contratto, come “perdita su crediti”, deducibile in base alla disciplina recata dall’articolo 101, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), ovvero quale “riduzione”, con effetto ex tunc, di ricavi imponibili, ai fini IRES, ai sensi dell’articolo 85, del TUIR, e ai fini IRAP, ai sensi dell’art. 5, del d.lgs. n. 446/1997 (Quesito n. 1).
Come precisato nell’interpello, il dubbio trae origine dal fatto che, sul piano formale, i crediti oggetto della suddetta rinuncia risultavano già perfettamente maturati, benché rimasti insoluti, alla data del 15 dicembre 2020, in cui le parti hanno sottoscritto l’Accordo per la modifica del Contratto; di conseguenza, il creditore Alfa da un lato, non risulterebbe autorizzato a ridurre i propri ricavi imponibili e, dall’altro, a fronte della suddetta “rinuncia”, dovrebbe, in linea teorica, registrare una perdita su crediti la cui deducibilità è soggetta alla disciplina recata dall’art. 101, comma 5, del TUIR.
Nel caso in cui la fattispecie in esame venga qualificata quale “perdita su crediti” ai sensi dell’art. 101, comma 5, del TUIR, sorge in via conseguenziale, a parere dell’istante, un ulteriore dubbio di qualificazione concernente tale “perdita su crediti” imputabile in capo a Alfa, in riferimento alla riscontrabilità degli “elementi certi e precisi”, previsto dalla predetta disposizione quale generale condizione di deducibilità di simili perdite (Quesito n. 2).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riferimento al primo quesito, la società istante ritiene che la “rinuncia” di Boldoni 3 ai crediti per canoni di affitto d’azienda sia da inserire nel contesto di una più ampia “rinegoziazione” del contratto di affitto d’azienda e che quindi l’effetto di detta “rinuncia”, ai fini fiscali, vada qualificato come diminuzione di ricavi ex articolo 85 del Tuir, ai fini IRES, ed ex articolo 5 del D.lgs. n. 446 del 1997, ai fini IRAP, e non quale “perdita su crediti”, ai sensi dell’articolo 101, comma 5 del Tuir.
In tale prospettiva, a parere della società istante, occorre considerare che le misure di contenimento dell’epidemia mondiale da Covid-19, avendo implicato una chiusura “forzosa” degli esercizi commerciale, dal 9 marzo al 18 maggio 2020, nonché una drastica riduzione degli orari di apertura e dell’afflusso degli usuali clienti per il periodo successivo, hanno causato, in molti casi, uno squilibrio dei rapporti contrattuali sorti prima della sua insorgenza. Nel caso prospettato nell’interpello, in particolare, il conduttore Beta ha registrato una riduzione dei ricavi causata dalla predetta epidemia, tale da a non poter far fronte al pagamento dei canoni dovuti all’affittate, nella misura in cui non ha potuto godere, nel modo pattuito, dell’azienda oggetto del contratto di affitto,
Tale circostanza ha indotto le parti contraenti a rinegoziare il Contratto prevedendo, inter alia, la non debenza dei canoni di luglio, agosto e in parte di settembre 2020. In sintesi, atteso che l’interesse delle parti non era quello di “demolire” il contratto, ma di conservane l’efficacia, seppur con i correttivi del caso, Alfa si è obbligata a rinunciare ai crediti già sorti e scaduti relativi ai canoni per le suddette mensilità a fronte di altri impegni assunti dal conduttore Beta, quali il differimento degli originari termini recesso e il pagamento di altri canoni rimasti insoluti per la medesima causa. Ciò in assoluta coerenza con il generale principio del diritto civile secondo cui ogni qualvolta una sopravvenienza passiva – quale è senza dubbio l’epidemia Covid-19 – alteri l’assetto giuridico-economico formalizzato con l’accordo contrattuale, la parte danneggiata deve poter esercitare la facoltà di rinegoziare il contenuto delle prestazioni al fine di modificare il contratto per riportarlo all’equilibrio originario.
Pertanto, ad avviso della società istante, dal contesto sopra descritto emerge come, rispetto ad un contratto di durata quale è l’affitto di ramo d’azienda o la locazione, l’eventuale “rinuncia” a determinati crediti per canoni disposta dal locatore o affittante per far fronte alla sopravvenuta emergenza, debba essere inquadrata come una modifica dell’originario contratto. Infatti, decidendo di addivenire ad una riduzione del canone di affitto, di definire le morosità pregresse e di allungare il termine del recesso, ciò che le parti erano determinate ad ottenere era la sostituzione, in tutto o in parte, del preesistente assetto contrattuale con una nuova regolamentazione dei reciproci interessi che, come chiarito, non trae origine da un atto di liberalità del proprietario verso il conduttore, ma si giustifica esclusivamente alla luce dello squilibrio sinallagmatico causato dall’epidemia Covid-19 in danno della posizione del conduttore.
Con riferimento al secondo quesito, posto nell’ipotesi in cui la soluzione al primo quesito non venga accolta, la società ritiene, seppur in via meramente subordinata, che l’effetto fiscale della citata rinuncia di Alfa potrebbe essere qualificato nei termini di una “perdita su crediti” disciplinata dall’articolo 101, comma 5, del Tuir, da ascrivere alla crisi mondiale da Coronavirus che ha reso impossibile la riscossione piena del credito. Da tale circostanza discenderebbe, a parere dell’istante, da un lato, che la causa di tale perdita non può essere ricondotta ad un atto di liberalità, e dall’altro, che tale perdita ha certamente il carattere della definitività atteso che essa consegue dall’art. 2.1 dell’Accordo per la Modifica del Contratto con cui le parti hanno definitivamente sostituito l’originario assetto contrattuale con uno del tutto nuovo in forza del quale i canoni di luglio, agosto ed in parte settembre 2020, risultano non più dovuti e per ciò stesso non più riscuotibili, nemmeno in futuro, da parte di Alfa. In tale ottica, la “rinuncia” ai predetti crediti si qualificherebbe come atto estintivo in via definitiva dei suddetti crediti.
Pertanto, nel caso in cui la soluzione al primo quesito non trovi accoglimento, la società istante ritiene che l’effetto fiscale della “rinuncia” di Alfa sarebbe qualificabile come una “perdita su crediti” ex art. 101, comma 5, Tuir, pienamente deducibile ai fini IRES, risultando da “elementi certi e precisi”.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con l’istanza in esame il contribuente solleva il dubbio se l’effetto della suddetta modifica contrattuale del 15 dicembre 2020 costituisca una “diminuzione di ricavi” oppure, in alternativa, una perdita su crediti – ai fini della corretta determinazione del proprio reddito imponibile.
Al riguardo, occorre premettere che, in applicazione del cosiddetto “principio di derivazione rafforzata”, di cui all’articolo 83 del TUIR, per tutti i soggetti diversi dalle microimprese, tra cui anche la società istante, valgono i criteri di qualificazione, oltre che di imputazione temporale e classificazione in bilancio, previsti dai rispettivi principi contabili; di conseguenza, ai fini del calcolo del reddito imponibile, assumono rilevanza gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio, sempreché siano il frutto di una corretta rappresentazione in base ai principi contabili di riferimento. In sostanza, considerato che, nella fattispecie in esame, la qualificazione fiscale del componente costituisce una diretta conseguenza della corretta qualificazione dello stesso ai fini contabili, si ritiene di fondamentale importanza tenere conto del comportamento assunto dalla società in sede contabile.
Nel caso in esame, alla richiesta di chiarimenti in merito al trattamento civilistico-contabile riservato, nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2020, al componente negativo di reddito che trae origine dalla “remissione” del debito di Coin, la società istante ha precisato che «quest’ultimo è stato considerato quale mancato incasso/profitto della Società, traducendosi contabilmente in una mera riduzione dei ricavi (“minor ricavo”)».
Sul punto, per quanto attiene agli aspetti contabili, occorre fare rinvio, in linea generale, al principio contabile OIC12 “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio”, che, al paragrafo 50, prevede che “Le rettifiche di ricavi sono portate a riduzione della voce ricavi ad esclusione delle rettifiche riferite a ricavi di precedenti esercizi e derivanti da correzioni di errori o cambiamenti di principi contabili rilevate ai sensi dei paragrafi 47-53 e 15-20 dell’OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio”.
Del resto il suddetto trattamento contabile è maturato, come rappresentato dalla stessa società istante, nello specifico contesto generatosi per effetto del diffondersi della pandemia causata dal Covid-19; le misure restrittive adottate per contrastare l’epidemia hanno comportato che le parti procedessero alla “rinegoziazione” del contratto di affitto d’azienda originariamente sottoscritto tra Alfa, in qualità di affittante, e la società affittuaria, al fine di perequare lo squilibrio contrattuale venutosi a creare in danno del conduttore a causa della sopravvenuta epidemia da Covid-19. Difatti, in ragione della suddetta emergenza sanitaria da Covid-19, la società affittuaria manifestava alla società istante la necessità di modificare, seppur temporaneamente, alcune condizioni del Contratto relative, ad esempio, ai termini, all’ammontare e alle modalità di pagamento dei canoni scaduti, e rimasti insoluti, di luglio, agosto e settembre 2020. Infatti, in considerazione delle temporanee difficoltà economiche affrontate dall’affittuaria a causa dell’emergenza pandemica, Alfa acconsentiva alla modifica parziale e temporanea di alcune previsioni del Contratto.
Pertanto, con scrittura privata del 15 dicembre 2020, le suddette parti hanno dato corso alle intese intercorse, per effetto delle quali Alfa ha disposto la remissione del debito della società conduttrice per l’importo corrispondente ai canoni di luglio, agosto 2020 (Euro100.200) e di una quota parte del canone di settembre 2020.
In tale contesto, riguardante, come sopra precisato, un contratto “di durata”, quale è l’affitto di ramo d’azienda, si ritiene che la “rinuncia” a determinati crediti per canoni, disposta per far fronte alla sopravvenuta situazione di crisi, sia da inquadrare in una vicenda assimilabile ad una modifica dell’originario contratto e non ad una modifica unilaterale da parte della società istante. Infatti, ciò che le parti hanno inteso ottenere è la sostituzione, in parte, del preesistente assetto contrattuale con una nuova regolamentazione dei reciproci interessi, che trarrebbe giustificazione nella finalità di correggere lo squilibrio sinallagmatico causato dall’epidemia Covid-19.
Di conseguenza, dal contesto complesso emerge che il mancato incasso dei predetti canoni di affitto trova la sua giustificazione in una riduzione dei canoni, e quindi dei “ricavi”, intervenuta nello stesso esercizio di rilevazione dei ricavi stessi.
In conclusione, il trattamento fiscale del componente oggetto dell’istanza, nel discendere dall’impostazione assunta ai fini contabili, deve essere qualificato, alla stessa stregua, come diminuzione di ricavi ex articolo 85, del TUIR, ai fini IRES, e ai sensi dell’articolo 5, del D.lgs. n. 446 del 1997, ai fini IRAP.
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