AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 settembre 2021, n. 640
Riscontro del nesso di accessorietà, ai sensi dell’art. 12 DPR n. 633 del 1972, di una serie di prestazioni di servizi rispetto all’operazione principale relativa alla vendita di unità immobiliari
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA S.p.A.(d’ora in avanti anche l'”Istante” o la “Società”) fa parte di un gruppo multinazionale estero facente capo a BETA, operatore immobiliare, specializzato nei servizi immobiliari rivolti ai privati ed agli investitori istituzionali.
La Società, in particolare, è una impresa di costruzioni che realizza su propria promozione un complesso immobiliare a destinazione abitativa.
Il permesso di costruire ottenuto consente la realizzazione di tre palazzine a destinazione residenziale ed una quota residuale destinata ad attività e servizi.
L’appalto per l’intera costruzione è affidato a terzi, come pure i servizi finalizzati alla commercializzazione degli appartamenti realizzati.
L’Istante dichiara che le vendite degli appartamenti e relative pertinenze (box e cantina) sono assoggettate ad Iva con aliquota del 10% (o del 4%) ricorrendone le condizioni di legge.
Tanto premesso, la Società richiama il testo integrale dell’art. 9 del contratto preliminare in essere tra la stessa (venditrice) e la parte promissaria acquirente, qui di seguito riportato: “le parti si danno reciprocamente atto e accettano che la parte promittente venditrice provvederà a predisporre e/o far predisporre e depositare/trascrivere il regolamento di condominio e relativi allegati, con facoltà di determinare la disciplina dei rapporti, statuire oneri, vincoli, servitù, precisare e determinare parti di proprietà e/o di uso comune, determinare parti riservate in proprietà e/o in uso particolare a determinate unità immobiliari, determinare tabelle millesimali di comproprietà sulle parti comuni e di compartecipazione alle spese relative, nonché per modificare, anche in tempi successivi, le tabelle predette ed il regolamento, di stipulare e/o modificare contratti di fornitura con aziende e/o enti erogatori di pubblici servizi, procedere a variazioni catastali, nonché fare in genere quant’altro ritenuto opportuno o necessario. Il regolamento di condominio verrà formulato nel rispetto delle disposizioni normative vigenti e delle consuetudini locali.
Le parti convengono che, dalla data di consegna delle unità immobiliari, saranno a carico della parte promissaria acquirente le spese condominiali e che la nomina dell’amministratore di condominio, che resterà in carica per il primo anno di gestione, salvo rinnovo ai sensi di legge, è riservata alla parte promittente venditrice. La parte promissaria acquirente rimborserà alla parte promittente venditrice, al rogito notarile, le spese di frazionamento, redazione del regolamento di condominio, accatastamento ed allacciamento alle reti di fornitura delle utenze, quantificate in euro 2.000,00 (duemila/00) oltre IVA di legge per ogni unità immobiliare abitativa”.
Si tratterebbe, in sostanza, di una compartecipazione in misura forfettaria da parte del promissario acquirente alle spese sostenute dall’impresa di costruzioni, che sono strettamente funzionali al godimento del bene acquistato, e cioè:
– il frazionamento del mappale catastale dell’area edificabile e l’accatastamento del fabbricato oggetto della compravendita;
– la redazione del regolamento di condominio, che è prassi consolidata sia compito dell’originario e unico proprietario;
– l’allacciamento alle reti di fornitura delle utenze, presupposto per la sottoscrizione dei contratti di somministrazione da parte degli acquirenti.
Ciò posto, l’Istante chiede se il riaddebito delle spese come sopra individuate possa qualificarsi come operazione accessoria alla vendita dell’unità immobiliare, ai sensi dell’articolo 12 del DPR n. 633 del 26 ottobre 1972.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante è dell’avviso che il rimborso delle spese dettagliate nell’articolo 9 del contratto preliminare di compravendita immobiliare, forfettariamente determinate, costituisca una prestazione di servizi qualificabile come operazione accessoria ai sensi dell’art. 12 del DPR n. 633 del 1972 alla cessione dell’unità abitativa oggetto del contratto stesso. Il contenuto di tale prestazione di servizi, secondo la Società, non costituisce per la clientela un fine a se stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni dell’appartamento acquistato, e cioè del bene principale offerto dall’Istante.
La Società ritiene utile precisare come la natura delle spese sottostanti la prestazione di servizi risulti quindi integrare, completare e di fatto rendere possibile l’acquisto dell’unità abitativa, formando non una prestazione distinta, bensì un tutt’uno con l’operazione principale.
In conclusione, l’Istante ritiene corretto assoggettare al regime IVA della operazione principale (la cessione dell’immobile abitativo) anche il corrispettivo per il rimborso delle spese suddette.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che ciascuna operazione assume autonoma rilevanza agli effetti dell’ IVA secondo il regime impositivo proprio (i.e. imponibilità o esenzione); tale regola generale, tuttavia, può essere derogata in presenza di operazioni complesse in relazione alle quali è necessario verificare se le stesse costituiscano, da un punto di vista economico-funzionale, un unicum inscindibile.
In linea di principio, più prestazioni, formalmente distinte, devono essere considerate come una prestazione unica quando sono:
– tra loro collegate attraverso un vincolo di accessorietà, caratterizzato dalla miglior fruizione di un servizio grazie ad un altro ad esso ancillare;
– strettamente connesse al punto da formare, oggettivamente, un’unica prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (cfr. CGE sentenza del 29 marzo 2007, causa C-111/05).
Al riguardo, l’articolo 12 del DPR n. 633 del 1972 stabilisce che le cessioni “o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuate direttamente dal cedente o prestatore, ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggette autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale”.
In base al principio secondo cui “accessorium sequitur principale”, le operazioni accessorie concorrono, pertanto, alla formazione della base imponibile dell’operazione principale, ne assumono lo stesso trattamento fiscale e sono soggette alla medesima aliquota IVA. Sul punto, l’Amministrazione Finanziaria [cfr., tra l’altro, Risoluzione n. 337/E del 2008] ha avuto modo di chiarire che si considerano accessorie le operazioni che:
– integrano, completano o rendono possibile l’operazione principale;
– sono rese dal medesimo soggetto che esegue l’operazione principale, anche a mezzo di terzi, ma per suo conto e a sue spese;
– sono rivolte al medesimo soggetto nei cui confronti è resa l’operazione principale.
In altri termini, perché si delinei un vincolo di accessorietà tra due operazioni, è necessario che le stesse convergano verso la realizzazione di un unico obiettivo, rispondendo all’esigenza di offrire al cliente, secondo le proprie specifiche esigenze, il miglior risultato possibile. Sul punto, la Risoluzione n. 230/E del 15 luglio 2002 ha precisato che, ai fini del riconoscimento della natura accessoria di un’operazione, non è sufficiente che la stessa renda possibile o più agevole l’operazione principale, dovendo costituire un unicum economico con la stessa. Anche la Corte di Giustizia Europea (cfr. sentenza 25 febbraio 1999, causa C- 349/96, punti 29 e 30) si è espressa in materia precisando che “tenuto conto della duplice circostanza che, da un lato, dall’art. 2, n. 1 della sesta direttiva, discende che ciascuna prestazione di servizio deve essere considerata di regola come autonoma e indipendente e che, dall’altro, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non deve essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’IVA, occorre individuare gli elementi caratteristici dell’operazione di cui trattasi per stabilire se il soggetto passivo fornisca al consumatore, considerato come consumatore medio, più prestazioni principali distinte o un ‘unica prestazione. Va sottolineato che si configura una prestazione unica in particolare nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una prestazione accessoria o alcune prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. Una prestazione deve essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore (sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e Boldwin, Rac. pag. I-6229, punto 24) “.
Sempre a parere del giudice comunitario, inoltre, la previsione di un prezzo unitario è un indizio che “può militare” a favore dell’esistenza di una prestazione unica. Tuttavia, a prescindere dalle modalità di determinazione del prezzo stabilito in contratto, occorre accertare, sulla base delle circostanze di fatto, l’effettivo interesse economico del cliente all’acquisto o meno di operazioni autonome, funzionalmente distinte tra loro.
Sul punto, anche la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza del 16 novembre 2011, n. 24049, ha avuto modo di chiarire che “la prestazione accessoria deve essere, dunque, strumentale a quella principale e avere il fine di permettere l’effettuazione o la migliore fruizione della prestazione principale; cioè (…), l’elemento decisivo è rappresentato dal fatto che l’operazione accessoria si configuri essenzialmente come un mezzo per il completamento o la realizzazione della operazione principale (…)”.
Nel merito della fattispecie prospettata dall’Istante, con la Risoluzione Ministeriale n. 550145 dell’8 marzo 1988, è stato chiarito che, nell’ambito di una prestazione di trasporto effettuata da un terzo per conto del cedente di beni in una vendita interna, il riaddebito specifico delle spese di trasporto da parte del cedente al cessionario segue il medesimo trattamento previsto per la cessione, sia in ordine all’imponibilità o meno sia in ordine all’aliquota IVA da applicare, essendo considerata come una prestazione accessoria nel rapporto cedente-cessionario.
Nel caso presentato dalla Società, il rimborso spese relativo ai servizi di frazionamento del mappale catastale dell’area edificabile, di accatastamento del fabbricato oggetto di compravendita e dell’allacciamento alle reti di fornitura delle utenze, in quanto oggetto di operazione accessoria e rappresentando un riaddebito forfettario relativo alle spese sostenute e nello specifico menzionate in precedenza, segue l’identico trattamento previsto per la vendita degli appartamenti e relative pertinenze (box e cantina), con aliquota del 10% (o del 4%) qualora ne ricorrano le condizioni di legge.
Invece, la prestazione relativa alla redazione del regolamento di condominio non rappresenta un’operazione accessoria alla vendita immobiliare in quanto la stessa non integra, né completa o benché meno rende possibile l’operazione principale. Inoltre, la già citata Risoluzione n. 230/E del 15 luglio 2002 ha sottolineato che, ai fini del riconoscimento della natura accessoria di un’operazione, la stessa deve costruire un unicum economico con la stessa. Non è questo il caso della redazione di un regolamento di condominio che avviene di solito in una fase successiva a quella della costruzione e vendita delle unità abitative. Tanto meno, si ritiene, sulla base di quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza del 16 novembre 2011 n. 24049, che la redazione del regolamento condominiale permetta l’effettuazione o la migliore fruizione della prestazione principale, ossia sia un mezzo per il completamento o la realizzazione dell’operazione principale stessa.
Non è pertanto condivisibile quanto dichiarato dall’Istante, e cioè che la natura della spesa sottostante la redazione del regolamento di condominio da riaddebitare al cliente rappresenti un servizio che renda di per sé possibile l’acquisto dell’unità abitativa, poiché si ritiene che l’acquisto dell’immobile sarebbe avvenuto anche senza la redazione dello stesso.
Alla luce di quanto esposto, la Scrivente è del parare che il rimborso collegato alla redazione del regolamento di condominio debba assumere autonoma rilevanza ai fini IVA rispetto alla cessione delle unità immobiliari e delle relative pertinenze, con conseguente applicazione alla quota parte del corrispettivo ad esso riferibile, se complessivo, dell’aliquota IVA ordinaria.
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