La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17203 del 11 luglio 2013 interviene in materia di riservatezza dei dati e riscossione affermando che la tutela della riservatezza non è violata quando l’amministrazione e l’agente per la rsicossione agisce sulla base di leggi o di regolamenti.
Per Gli Ermellini non vi è violazione della normativa sulla privacy qualora la società di riscossione che per effettuare il pignoramento presso terzi chiede ai clienti del contribuente moroso una dichiarazione delle somme a lui dovute.
La vicenda ha riguardato una società di riscossione, poi confluita in Equitalia, che nel 2003 ha chiesto a tutti i clienti di un consulente del lavoro moroso la compilazione di un questionario, con valore di dichiarazione stragiudiziale, per conoscere l’esistenza di somme dovute al professionista. Il tutto è stato effettuato per eseguire un pignoramento presso terzi per il soddisfacimento del credito erariale. A seguito del questionario, secondo quanto asserito dal consulente, molti clienti hanno preferito definire il rapporto rivolgendosi altrove, per cui il professionista ha convenuto in giudizio il concessionario per la riscossione e l’autorità garante chiedendo il risarcimento dei danni.
Il Tribunale ha rigettato la domanda sostenendo che le norme consentono l’uso di dati personali nello svolgimento di funzioni istituzionali per la riscossione dei tributi. Il diritto di riservatezza non poteva ritenersi leso da una richiesta di dichiarazione stragiudiziale.
Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso inanzi alla Suprema Corte, ma i giudici di legittimità hanno respinto il tutto fornendo chiarimenti sulla tutela della privacy in materia di tributi.
Gli Ermellini nell’affrontare la questione del trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici, disciplinata dalla legge 675/1996 (successivamente Dlgs 196/2003). hanno precisato che le comunicazione e la diffusione di queste informazioni, da parte di soggetti pubblici a privati o ad altri enti pubblici, sono ammesse solo se previste da leggi o regolamenti. La disciplina può essere adottata anche quando è diretta all’applicazione delle disposizioni in materia di tributi, in relazione ai contribuenti.
Secondo la Cassazione si deve concludere che, poiché il pignoramento presso terzi è una forma di esecuzione forzata prevista dall’ordinamento, il creditore procedente, nel caso Equitalia, agisce sulla base di una legge e quindi non viola la privacy.
Inoltre, l’articolo 75-bis del Dpr 602/1973, che disciplina la dichiarazione stragiudiziale del terzo ai fini della riscossione, prevede che il concessionario, prima di procedere con azioni esecutive, possa chiedere a soggetti debitori del contribuente di indicare per iscritto le somme da loro dovute.
Il comma 3 precisa che gli agenti della riscossione possono procedere al trattamento dei dati acquisiti senza informare il diretto interessato, in deroga quindi al Dlgs 196/2003: la norma in materia di tributi ribadisce così l’interpretazione già desumibile dalla legge sulla privacy. Inoltre la richiesta di una dichiarazione stragiudiziale, di per sé, è meno invasiva rispetto a un procedimento esecutivo.
Le conclusioni della Corte, secondo cui i questionari con il quali si informano i creditori del contribuente dell’esistenza di una pendenza non violano la privacy, trattandosi di provvedimenti adottati in conformità di leggi, appare condivisibile e opportuna.
Sarebbe veramente singolare che l’agente della riscossione, per non violare la privacy del contribuente moroso, non potesse acquisire tali informazioni salvo volergli, di fatto, impedire il recupero dei crediti erariali.
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