Altra causa di risoluzione del rapporto di lavoro è la risoluzione consensuale, quando sia datore di lavoro che lavoratore concordino sulla volontà di concludere il rapporto di lavoro. Varie sono le circostanze in cui viene fatto ricorso all’istituto della risoluzione consensuale, tra queste ad esempio nei processi di riorganizzazione o di ristrutturazione, oppure per situazioni soggettive, quali quella di porre fine ad un controversia tra parte datoriale e lavoratore.
Le parti possono stabilire che l’effetto della risoluzione consensuale produca l’estinzione immediata del rapporto di lavoro o possono differire la stessa ad un momento successivo. Generalmente la risoluzione consensuale comporta la rinuncia al periodo di preavviso e alla relativa indennità sostitutiva. Al dipendente viene offerta una somma aggiuntiva, oltre al TFR ed altre spettanze derivanti dal rapporto di lavoro anche il cosiddetto incentivo all’esodo, liberamente stabilito dalle parti. Per quanto concerne la forma dell’atto, in commento, non vi è obbligo di forma scritta, ben potendo la risoluzione consensuale verificarsi attraverso il semplice comportamento concludente delle parti. Risulta comunque consigliabile, anche al fine di fornire la dimostrazione della esistenza della volontà comune delle parti di estinguere il rapporto, che venga osservata la forma scritta e che l’atto venga sottoscritto possibilmente davanti alle Commissioni di conciliazione o di fronte al giudice, per evitare l’impugnazione da parte di chi ne abbia interesse.
Sia per le dimissioni che per la risoluzione consensuale, il nostro ordinamento al fine di combattere il fenomeno delle cd. dimissioni in bianco, è stato introdotto, con la legge n. 92/2912, l’obbligo di convalida. Con l‘articolo 26 del D.Lgs. 151/2015 viene introdotta la nuova disciplina di convalida, che va eseguita solo ed esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente secondo le modalità individuate in un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali adottato il 15 dicembre 2015 in vigore dal 12 gennaio 2016.
Applicazione della norma
Alle dimissioni e risoluzioni consensuali, il D.Lgs. n. 151/2015, trova applicazione dal 12 marzo 2016 e riguardano tutti i rapporti di lavoro subordinato ad eccezione di talune ipotesi.
La norma non trova applicazione per i seguenti rapporti di lavoro:
- i rapporti di lavoro domestico e nei casi in cui il recesso interviene nelle sedi cd. “protette” di cui all’art. 26, comma 7, del D.Lgs. n. 151 del 2015;
- il recesso durante il periodo di prova di cui all’art. 2096 c.c.;
- i casi di dimissioni o risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro presentate dalla lavoratrice madre nel periodo di gravidanza o dai genitori lavoratori durante i primi tre anni di vita del bambino, che dovranno essere convalidate presso la Direzione del lavoro territorialmente competente ai sensi dell’art. 55, comma 4, del D.Lgs. n. 151/2001;
- i rapporti di lavoro marittimo, in quanto il contratto di arruolamento dei lavoratori marittimi è regolato da legge speciale del Codice della Navigazione;
- le risoluzione consensuali e dimissioni disposte nelle sedi conciliative.
Secondo il Ministero del lavoro la normativa non trova applicazione anche nei seguenti casi:
- alle risoluzioni di contratti di lavoro parasubordinato – alle risoluzioni di associazioni in partecipazione con apporto di lavoro;
- alle risoluzioni di rapporti di lavoro domestico;
- alle risoluzioni avvenute nell’arco temporale che va dalla data della gravidanza fino al terzo anno di vita del bambino, ovvero entro tre anni dalla data di affidamento o adozione. In tali ipotesi, le risoluzioni dovranno comunque essere convalidate presso il servizio ispettivo della Direzione territoriale del lavoro competente;
- alle risoluzioni avvenute durante il periodo di prova di cui all’art. 2096 c.c.;
- alle risoluzioni di rapporti di lavoro marittimo, in quanto il contratto di arruolamento dei lavoratori marittimi è regolato dalla legge speciale del Codice della Navigazione;
- alle risoluzioni di rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Procedura operativa
La normativa ha statuito le modalità per la convalida della risoluzione consensuale e delle dimissioni istituendo l’obbligo della compilazione di un apposito modulo con il quale il lavoratore manifesta la volontà di recedere dal contratto di lavoro per dimissioni o risoluzione consensuale ovvero di revocare tale volontà nei sette giorni previsti, rinviando ad uno specifico allegato la dettagliata identificazione dei dati, dei sistemi di classificazione e del formato di trasmissione degli stessi.
In particolare, il modulo che è disponibile sul sito www.lavoro.gov.it nella sezione dedicata, è composto di 5 sezioni:
- dati identificativi del lavoratore;
- dati identificativi del datore di lavoro;
- dati identificativi del rapporto di lavoro da cui si intende recedere;
- dati identificativi della comunicazione e data di decorrenza delle stesse;
- dati identificativi del soggetto abilitato, se presente, e dati di identificazione del modello (codice e data certa di trasmissione con marca temporale); questi ultimi vengono generati automaticamente dal sistema, contestualmente al salvataggio del modello.
Il lavoratore può adempiere alla convalida del recesso dal contratto direttamente o facendosi assistere da un soggetto abilitato. Nei casi in cui il lavoratore provvede direttamente alla convalida può accedere al sezione del sito del ministero solo se in possesso delle relative credenziali rilasciate dall’INPS permettendo di compilare automaticamente le varie sezioni del modulo e rendendo i dati immodificabili da parte del lavoratore che lo sta compilando.
Nel caso di comunicazione resa per il tramite di uno dei soggetti abilitati dalla norma il sistema consente l’accesso anche in assenza delle credenziali rilasciate dall’INPS ma sono sufficienti quelle di cliclavoro che tali soggetti possono richiedere anche al momento della comunicazione.
A conclusione della compilazione ed il suo invio telematico il modulo viene inviato all’indirizzo di posta elettronica del datore di lavoro e alla Direzione del lavoro territorialmente competente e da tale data decorre il termine dei sette giorni, entro il quale il lavoratore può revocare il recesso rese nel rispetto del comma 2 dell’art. 26 del D.Lgs. n. 151 del 2015.
Ad ogni modulo trasmesso sono attribuiti:
- un codice identificativo con data e ora esatta dell’invio (nel formato “aaaammgghh24missms”);
- la marca temporale corrispondente alla data rilevata dal sistema all’atto del salvataggio.
Le comunicazioni inviate sono accessibili anche successivamente sul portale, in sola lettura, a:
- i datori di lavoro, per le comunicazioni che riguardano la propria azienda;
- le direzioni territoriali del lavoro, individuate per competenza.
Con la procedura in oggetto la manifestazione di volontà del lavoratore non è più di per sé sufficiente ai fini dell’efficacia del recesso e, a fronte dell’eccezione sollevata dal datore dell’esistenza di dimissioni volontarie, questi è tenuto a dare prova anche dell’avvenuta convalida delle stesse o della notificazione dell’invito al prestatore di lavoro, secondo le modalità indicate dalla legge n. 92/2012, dovendosi, in caso contrario, ritenere le dimissioni inefficaci e non assolto l’onere probatorio di cui all’art. 2697, comma 2, cc.
Il D.Lgs. n. 151/2105 non prevedendo alcun meccanismo di tutela a fronte di comportamenti del lavoratore leggibili come manifestazione della volontà di recesso ha istituito un vincolo di forma costruito come vincolo ad substantiam, deve escludersi la possibilità di interpretare comportamenti come l’assenza ingiustificata dal lavoro quale manifestazione univoca della volontà di dimettersi. La conseguenza e che il lavoratore recedente, vincolato alla forma scritta, avrà l’onere di avvalersene per risolvere il contratto e, finché non se ne avvalga, potrà rinnegare le eventuali dichiarazioni avventate espresse in forma diversa. Per il datore di lavoro che voglia porre fine al rapporto sarà costretto ad avviare un procedimento disciplinare diretto a irrogare la sanzione del licenziamento per inadempimento contrattuale.
Le sedi protette
L’istituto della convalida trova una contemperazione nel caso in cui la risoluzione consensuale o dimissioni intervengono nelle sedi previste al 4 comma dell’art. 2113 c.c. o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276 del 2003. (sedi sindacali, DTL, sede giudiziaria)
Il riferimento alle sedi di cui all’art. 2113 c.c. consente si può dunque affermare che la trasmissione del modulo non è dovuta nel caso in cui le dimissioni e risoluzioni intervengano nell’ambito di una conciliazione ovvero nel caso in cui la manifestazione di volontà di dimissioni/risoluzione avvengano presso una sede protetta, la quale, in questo caso, sarà tenuta ad accertare esclusivamente la libera manifestazione della volontà estintiva del lavoratore.
Le sedi protette, cui fa riferimento la normativa sono:
- sede sindacale;
- Direzione Territoriale del Lavoro;
Per sede sindacale è intesa l’ipotesi in cui il lavoratore pone in essere determinati atti con l’assistenza di un sindacalista di sua fiducia. È quindi sufficiente che la formalizzazione delle dimissioni o della risoluzione consensuale avvenga alla presenza di un sindacalista (con firma depositata alla DTL esclude l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 410 c.c.), in quanto la stessa costituisce garanzia circa la spontaneità e la consapevolezza dell’atto.
La Direzione Territoriale del Lavoro rappresenta la sede protetta a recepire la volontà del lavoratore che liberamente esprime la propria volontà del lavoratore o consensuale di recedere dal contratto, in base al contenuto della nota ministeriale bisogna evidenziare che il funzionario della Direzione del Lavoro dovrà seguire il percorso descritto nella scheda tecnica allegata al D.M. 15 dicembre 2015, richiamato, per i soggetti abilitati, dalla Circ. n. 12/2016 e dunque in tale ipotesi se pur se il lavoratore si presenta con in mano una lettera di dimissioni, questa non avrà alcuna efficacia, atteso che le stesse, dovranno essere fatte soltanto attraverso il modello telematico scaricabile dal sito ministeriale.
La Direzione Territoriale del Lavoro dovrà verificare che la risoluzione avvenga entro i tre anni successivi alla nascita del bambino o all’affido o all’adozione o all’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento, perché in tal caso, la lettera di dimissioni che, in questo caso non va fatta con il modello telematico, segue la precedente via ordinaria, cioè con la procedura di convalida ex art. 55, comma 4, del D.Lgs. n. 151/2001.
Un’altra ipotesi in cui è coinvolta la Direzione territoriale del Lavoro è sempre in tema di risoluzioni consensuali o dimissioni riguarda l’atto di conciliazione avvenuto in sede protetta ex art. 410 c.p.c. in cui ai sensi del comma 7 dell’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 esclude la procedura telematica ipotizzata dal modello.
Conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro
Presso la Direzione Territoriale del Lavoro possono avvenire diverse risoluzioni consensuali tra cui:
- tentativo di conciliazione obbligatorio relativo alla richiesta di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo che riguarda i dipendenti di aziende con un organico superiore alle quindici unità assunti prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2015 (7 marzo 2015);
- accordi sottoscritti con presentazione delle dimissioni a fronte di un compenso a titolo di incentivo all’esodo;
- le conciliazioni con presentazione delle dimissioni a fronte di un possibile licenziamento di natura disciplinare;
- le risoluzioni anticipate dal rapporto di lavoro a seguito di accordi, anche di natura collettiva, stipulati ai sensi dell’art. 4, commi da 1 a 7-ter della legge n. 92/2012.
Il vantaggio per il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 26 della legge citata, per le dimissioni avvenute, oltreché nel rapporto di lavoro domestico, anche in quelle scaturenti da atti di conciliazione sottoscritti nelle sedi sopra citate che deriva dalla sottoscrizione della conciliazione avanti alla commissione, così come avviene per gli accordi stipulati in altre sedi protette, è rappresentato dall’assenza del diritto di ripensamento da esercitare nei sette giorni successivi all’inoltro del modello telematico.
La procedura per l’attivazione del tentativo di conciliazione dinanzi alla Direzione Territoriale di conciliazione prevede che la richiesta di conciliazione debitamente compilata deve essere sottoscritta da chi la propone (lavoratore, datore di lavoro o committente) in originale, consegnata a mano o spedita con raccomandata A/R o inviata a mezzo e-mail certificata alla DTL e consegnata in copia a mano ovvero spedita con raccomandata A/R o inviata a mezzo e-mail certificata alla controparte.
Nei casi in cui le parti hanno già preventivamente raggiunto una intesa, la richiesta si può e presentare congiuntamente nelle stesse modalità anzidette.
Espletato il tentativo, se la conciliazione riesce, anche parzialmente, si redige processo verbale sottoscritto dalle parti e dalla Commissione nel suo complesso. Se non si raggiunge l’accordo, la Commissione formula una proposta conciliativa per la definizione della controversia da inserire obbligatoriamente nel verbale, con espressa indicazione delle posizioni manifestate da ambo le parti delle quali il giudice nel possibile successivo giudizio terrà conto del comportamento tenuto dalle parti qualora la proposta formulata sia stata rifiutata senza una adeguata motivazione.
Tra gli interventi di manutenzione apportati dalla legge n. 92/2012 uno ha riguardato la procedura conciliativa preventiva presso la DTL da attivare e svolgere prima dei licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo da parte di datore di lavoro anche non imprenditore soggetto all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Infatti,come è noto, la citata Legge di Riforma negli artt. 37 e ss. ha modificato l’art. 7 della legge n. 604/1966, prevedendo l’obbligo in caso di licenziamento per giustificato motivo a carico del datore soggetto all’art. 18 Statuto lavoratori, prima d’intimare il recesso di comunicare alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e per conoscenza al lavoratore, in cui egli l’intenzione di procedere al licenziamento, indicando i relativi motivi, nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
Ricevuta tale comunicazione, la Direzione territoriale del lavoro provvede alla convocazione di datore di lavoro e lavoratore nel termine perentorio di sette giorni per un l’incontro dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c.
In quest’ultima ipotesi, il lavoratore che non si presenti al lavoro senza aver provveduto alla trasmissione del modulo, è passibile di una sanzione disciplinare, che secondo la gravità può essere anche di natura espulsiva, comminabile naturalmente dopo l’avvio di un procedimento secondo l’iter e con i tempi disposti dalla legge, dalla contrattazione collettiva o dal regolamento aziendale.