Circolare n. 203 del 6 dicembre 1994 – Min. Finanze – Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. III
Irpef – Ritenuta d’acconto e rivalsa dell’IVA – Spese di giudizio a favore di legale distrattario della controparte vittoriosa. Ritenuta d’acconto e obbligo di fatturazione.
Sintesi: Agli effetti dell’IRPEF il soggetto soccombente in un giudizio, condannato al pagamento degli oneri e delle spese a favore dell’avvocato della controparte vittoriosa, assume, nell’assolvimento di tale obbligazione, lo status di sostituto di imposta, ai sensi dell’articolo 25 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600. Agli effetti dell’I.V.A. il soggetto soccombente in un giudizio, condannato al pagamento degli oneri e delle spese a favore dell’avvocato della controparte, e’ tenuto anche al pagamento dell’imposta a queste relative. L’avvocato è obbligato ad emettere fattura nei confronti del proprio cliente in cui deve essere evidenziato che la solutio avviene (sia percio’ che riguarda l’onorario sia per ciò che concerne l’imposta che vi accede) con danaro fornito dal soccombente. Unica deroga si ha nella ipotesi in cui il soggetto vincitore e’ soggetto di imposta e la vertenza inerisce all’esercizio della propria attività di impresa, arte o professione ed ha quindi titolo di recuperare l’imposta della quale subisce la rivalsa in sede di esercizio del diritto di detrazione di cui all’articolo 19 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633. Conseguentemente il professionista distrattario può richiedere al soccombente solo l’importo relativo al suo onorario ed alle spese processuali, e non anche quello relativo all’IVA che vi afferisce essendo questo ultimo dovuto per rivalsa del proprio cliente.
Testo:
E' stato sottoposto all'attenzione di questo Ministero il problema concernente il trattamento, agli effetti dell'IRPEF e dell'IVA, degli onorari e delle spese corrisposti, da parte dei soccombenti nel giudizio, agli avvocati nominati, con la relativa sentenza, distrattari della controparte vittoriosa. Al riguardo lo scrivente fa presente che, nella soggetta materia, con precedente nota n. 8/1619 dell'8 novembre 1991 ha avuto modo di precisare che l'art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in ossequio alla direttiva di estensione del sistema della ritenuta alla fonte, sancita dalla relativa legge delega, ha inteso ampliare l'area di applicazione della ritenuta stessa fino a comprendervi anche le remunerazioni di compensi per prestazioni professionali rese, al di fuori del sinallagma commissione-prestazione, a favore di un committente non esecutore del pagamento. In altri termini, per effetto della citata norma, lo status di sostituto d'imposta e' attribuito a chiunque corrisponda compensi per prestazioni professionali, anche se queste ultime sono state rese nell'interesse di terzi ed anche se l'adempimento del pagamento e' disposto in modo coattivo in base a sentenza di condanna. L'orientamento teste' citato e' stato pienamente condiviso dall'Avvocatura Generale dello Stato con il parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992. Peraltro, alla contraria pronuncia della quarta sezione del Consiglio di Stato, n. 570 dell'1 agosto 1992, emessa in seguito ad un giudizio di ottemperanza, a parere dell'Avvocatura dello Stato "non puo' attribuirsi valore neppure indicativo di precedente giurisprudenziale, sia perche' non porta nuove argomentazioni nella discussione, idonee a confutare il contrario motivato avviso, limitandosi ad affermazioni apodittiche, sia perche' espressamente si richiama, evidentemente coinvolta nell'errore commesso dalla parte istante, ad una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 3544/82 del 12 giugno 1982) che non si pone in rapporto di conferenza con la questione in esame, e sia perche' per nulla prende in sede di obiter dictum, la questione interpretativa dell'art. 25 del D.P.R. n. 600/73". Per quanto concerne il problema relativo alla individuazione del soggetto nei cui confronti il professionista nominato distrattario delle spese giudiziarie deve esercitare la rivalsa dell'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'art. 18, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, l'Avvocatura dello Stato, con il menzionato parere, concordando con l'orientamento espresso dalle SS.UU. della Suprema Corte, ha precisato che "la sentenza del 12 giugno 1982, n. 3544, si pone come definitivamente risolutiva del contrasto giurisprudenziale verificatosi in ordine alla comprensione dell'IVA nella pronuncia attinente al capo delle spese processuali, in ipotesi di distrazione di onorari non riscossi e delle spese anticipate a favore del difensore, e tale contrasto ha risolto in senso affermativo, sul presupposto della spettanza alla parte vittoriosa del diritto di conseguire dal soccombente, condannato al pagamento delle spese processuali, il rimborso dell'IVA che ha corrisposto (o dovra' corrispondere) al proprio difensore a titolo di rivalsa e con l'avvertimento che il pagamento dell'IVA al difensore della controparte vittoriosa, effettuato dalla parte soccombente, non trova titolo, e non lo puo' trovare, nella rivalsa, che e' propria del rapporto sinallagmatico cliente-avvocato e non puo' fuoriuscire da quell'ambito, ma piuttosto nella sentenza di condanna". Sulla base di queste ultime considerazioni, il Supremo Collegio, ad avviso dell'Avvocatura Generale, ha avvertito anche l'esigenza di sottolineare che il distrattario e' tenuto ad emettere il documento fiscale con addebito del tributo in via di rivalsa verso il proprio cliente, ed ha inoltre precisato che "la distinta (rispetto a quella della retribuzione per le prestazioni svolte dal distrattario n.d.r.) obbligazione per rivalsa, nei rapporti fra avvocato e cliente, viene ad essere soddisfatta con l'emissione di fattura, quietanzata a saldo, in cui si evidenzia che non solo rispetto all'onorario, ma anche rispetto al tributo che vi accede, la solutio avviene con danaro fornito dal soccombente, vincolato alla prestazione dalla condanna, mediante una imputazione qualitativamente diversa". In relazione a cio' l'Avvocatura ha ritenuto di dover puntualizzare che il soccombente, che abbia effettuato il pagamento, non possa pretendere l'emissione della relativa fattura nei propri confronti. In conclusione l'Avvocatura conferma che il difensore distrattario dovra' emettere fattura con addebito anche dell'IVA solo nei confronti del proprio cliente, atteso che l'obbligo di adempimento del relativo onere per il soggetto soccombente trova titolo esclusivamente nella statuizione di condanna contenuta nella sentenza, anche in assenza di espressa pronuncia in ordine al tributo. Rileva, tuttavia, che nei casi in cui il cliente vincitore, destinatario della fattura, sia soggetto passivo d'imposta e la vertenza inerisca all'esercizio della propria attivita' di impresa, arte o professione, egli ha titolo di recuperare l'imposta, della quale subisce la rivalsa non solo giuridica ma anche economica, in sede di esercizio del diritto di detrazione previsto dall'art. 19 del richiamato D.P.R., n.633 del 1972. Conseguentemente il professionista distrattario puo' richiedere al soccombente solamente l'importo da questo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche quello dell'IVA che vi afferisce essendo quest'ultimo dovuto per rivalsa dal proprio cliente. Il Ministero, concordando con le statuizioni della Suprema (Corte, nonche' con le osservazioni formulate dall'Avvocatura, ritiene, in sintesi conclusiva che nell'ipotesi di distrazione delle spese a favore del difensore della parte vincitrice ex art. 93 c.p.c., il diritto che, in base alla pronuncia giudiziaria, viene a costituirsi a favore del difensore comporta che egli possa pretendere, in linea di principio, nei confronti diretti del soccombente, anche quanto dovutogli a titolo di IVA. Il soggetto passivo della rivalsa, ex. art. 18 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, resta, comunque, il cliente, nei confronti del quale va emessa, da parte del professionista, la relativa fattura, nella quale deve essere evidenziato che, con riferimento sia all'onorario che al tributo che vi accede, la "solutio" e' avvenuta da parte del soccombente, vincolato alla prestazione in virtu' della condanna contenuta nella sentenza. Il pagamento della somma corrispondente all'IVA eseguito dal soccombente rileva solo come costo del processo e viene effettuato non a titolo di rivalsa ma di condanna, per effetto della quale il soccombente si presenta, solo e sempre, quale obbligato a tenere indenne la controparte, al pari di ogni altro onere patrimoniale, dal costo del processo. Questa disciplina trova unica deroga nelle ipotesi in cui il cliente vittorioso, in quanto soggetto passivo di imposta, abbia titolo ad esercitare la detrazione dell'imposta stessa, della quale subisce quindi anche la rivalsa economica. Gli Uffici in indirizzo sono pregati di assicurare la massima diffusione della presente circolare.
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