La ritenuta operata ma non versata al fisco dal sostituto di imposta non può essere scomputata dalla determinazione dell’imposta evasa ai fini penali. Nella determinazione dell’imposta evasa in capo ad un professionista non si può scomputare la ritenuta di acconto indicata in fattura se il sostituto non l’ha versata. Pertanto ove sia superata la soglia di punibilità prevista dalla normativa, viene integrato il reato di infedele dichiarazione in quanto il concetto di imposta evasa presuppone – per detrarre dall’importo la ritenuta – il versamento della medesima, non essendo sufficiente la mera indicazione nel documento fiscale.

La vicenda ha riguardato un commercialista il quale veniva indagato per il reato di dichiarazione infedele, ai sensi dell’art. 4, D.Lgs. n. 74 del 2000, poiché gli veniva contestato di aver indicato, nella dichiarazione per l’anno 2012, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo.
Il GIP disponeva il sequestro preventivo sui beni del professionista e la misura veniva confermata anche dal tribunale del riesame.
Il professionista, per il tramite del proprio difensore, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che non era stata superata la soglia di punibilità prevista per il reato di dichiarazione infedele e che il tribunale del riesame aveva interpretato in maniera inesatta la nozione di imposta evasa prevista dall’art. 1, lettera f), D.Lgs. n. 74/2000.
In particolare, infatti, dagli elementi attivi asseritamente evasi dal contribuente avrebbero dovuto essere scomputate le ritenute d’acconto effettuate per conto del commercialista da una società sua cliente, anche se in realtà tale ritenuta non era mai stata versata dalla società stessa al fisco.