Agenzia delle Entrate – Risposta n. 338 del 23 giugno 2022
Ritenute sui dividendi – Regime fiscale dei dividendi di fonte italiana conseguiti da un soggetto estero che possiede le caratteristiche di uno schema previdenziale complementare – Articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
L’Istante è un fondo pensione dotato di personalità giuridica, con sede legale nel Regno dei Paesi Bassi, ed è partecipato da oltre tre milioni di lavoratori del settore pubblico.
Le prestazioni pensionistiche erogate dall’Istante integrano le pensioni di vecchiaia, le pensioni di reversibilità, nonché le prestazioni erogate a beneficio di categorie protette, qualificandosi come schemi di previdenza complementare.
L’obiettivo dell’Istante è quello di ottenere il miglior rendimento possibile dal suo patrimonio e di investire i contributi di previdenza in modo socialmente responsabile.
A tal fine, l’Istante ha in gran parte esternalizzato l’amministrazione dei regimi pensionistici affidandola ad alcune società controllate (Alfa, Beta e Gamma).
I principali compiti svolti dalle predette società, per conto dell’Istante, sono l’amministrazione delle pensioni, la gestione patrimoniale, la comunicazione agli investitori e i servizi di supporto.
L’Istante è sottoposto al controllo della banca centrale “De Nederlandsche Bank ” (“DNB”) e dell’autorità di vigilanza per il mercato “Autoriteit Financiele Markten” (“AFM”). L’AFM promuove la fornitura responsabile di servizi finanziari ai consumatori e supervisiona il funzionamento dei mercati dei capitali.
L’Istante riferisce di operare in conformità alla direttiva 2003/41/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 giugno 2003 relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali.
Per i profili fiscali, l’Istante dichiara che, nel Paese estero di residenza:
- è dotato di soggettività passiva, ai fini delle imposte sui redditi ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera e), della legge del 1969 sull’imposta sui redditi delle società (Wet op de vennootschapsbelasting 1969);
- è assoggettato allo speciale regime di tassazione previsto per i fondi pensione di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), della citata legge del 1969.
Con riferimento a tale ultimo punto, l’Istante riferisce che, nel Regno dei Paesi Bassi, i fondi pensione, al verificarsi di determinate condizioni, godono di un regime di esenzione fiscale dall’imposta sui redditi.
In particolare, secondo quanto disposto dall’articolo 5, comma 1, lettera b), della citata legge del 1969 sull’imposta sui redditi delle società, l’esenzione è riconosciuta agli «enti che hanno come scopo esclusivo o quasi esclusivo l’assistenza ai dipendenti ed ex dipendenti in caso di invalidità e vecchiaia e l’assistenza ai loro coniugi ed ex coniugi, o partner ed ex partner e ai loro figli e figli adottivi che non abbiano ancora compiuto i 30 anni di età, il tutto mediante pensioni secondo un piano pensionistico o prestazioni secondo un piano di pensionamento anticipato, salvo che conseguano benefici da attività individuate con decreto amministrativo generale che non siano direttamente collegate all’attuazione dei piani citati» (traduzione in Italiano fornita dall’Istante).
Inoltre, in base a quanto previsto dall’articolo 3 del regolamento del 1971 ( Uitvoeringsbesluit vennootschapsbelasting 1971), adottato in attuazione della legge sull’imposta sui redditi delle società, i redditi derivanti dall’attività istituzionale sono esenti a condizione che siano congiuntamente rispettati i seguenti ulteriori vincoli e, cioè, che:
- le attività del fondo pensione siano conformi agli scopi di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), della legge sull’imposta sui redditi delle società del 1969;
- tutti i risultati economici conseguiti dal fondo pensione siano impiegati a beneficio degli iscritti, di altri fondi pensione esenti o per un interesse pubblico generale, eccezion fatta per distribuzioni annue fino al 5 per cento del capitale del fondo sottoscritto o versato.
Qualora non fosse rispettato anche uno solo dei descritti requisiti, tutti i redditi conseguiti dal fondo pensione sarebbero assoggettati all’imposta sul reddito delle società, secondo il regime ordinario.
Si tratta, in buona sostanza, di un particolare tipo di esenzione prevista per i redditi riferibili all’attività previdenziale e condizionata a specifiche politiche distributive.
L’Istante, in risposta alla richiesta di documentazione integrativa, afferma che « non svolge alcuna attività commerciale diversa da quella istituzionale di gestione previdenziale».
Nello svolgimento della predetta attività istituzionale, l’Istante fa presente di detenere partecipazioni in alcune società italiane (inferiori al 10 per cento del capitale sociale delle singole società partecipate), dalle quali ritrarrà dividendi in qualità di beneficiario diretto ed effettivo.
Pertanto, chiede chiarimenti sulla compatibilità del descritto regime fiscale di esenzione vigente in Olanda con quanto previsto dall’articolo 27, comma 3ter, del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, che richiede, fra l’altro, ai fini della sua applicazione, l’assoggettamento a una imposta sul reddito delle società nello Stato di residenza.
In particolare, chiede se ai predetti dividendi si applichi la ritenuta ridotta dell’1,20 per cento prevista dall’articolo 27, comma 3-ter, del citato d.P.R. n. 600 del 1973, o debba applicarsi la ritenuta dell’11 per cento prevista dall’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del medesimo d.P.R. n. 600 del 1973.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’Istante ritiene di poter fruire dell’aliquota ridotta dell’1,20 per cento di cui all’articolo 27, comma 3-ter, del d.P.R. n. 600 del 1973, essendo in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla norma ai fini della sua applicazione.
A tal fine, precisa che, in base a quanto disposto dal citato articolo 27, comma 3- ter, per beneficiare della ritenuta ridotta dell’1,20 per cento, gli enti e le società esteri devono soddisfare congiuntamente tre condizioni:
- essere residenti in uno Stato membro della UE o in uno Stato aderente al SEE che consenta un adeguato scambio di informazioni;
- essere soggetti a un’imposta sul reddito delle società nello stato estero;
- essere i percettori diretti del provento di fonte italiana.
Ritiene l’Istante che i requisiti 1 e 3 sono chiaramente integrati in quanto lo stesso è residente in uno Stato membro dell’Unione Europea (Paesi Bassi) e detiene direttamente delle partecipazioni nelle società italiane che pagheranno i dividendi.
Con riferimento al requisito 2, l’Istante fa presente che nella circolare 21 maggio 2009, n. 26/E, è stato chiarito che la condizione di soggetto passivo della locale imposta sul reddito delle società va interpretata come assoggettabilità di carattere generale alla imposizione, soddisfatta da tutte quelle società potenzialmente soggette all’Ires (o alle corrispondenti imposte cui sono soggetti le società e gli enti non residenti), con la conseguenza che possono beneficiare della ritenuta ridotta tutte le società o gli enti ai quali è riconosciuta soggettività passiva ai fini delle imposte societarie, inclusi quelli che non pagano imposte in virtù di particolari esenzioni oggettive collegate alla tipologia del reddito da loro prodotto (ad esempio, l’esenzione sui passive income) o del luogo in cui è svolta l’attività. Non beneficiano della ritenuta ridotta, per converso, gli enti e le società esteri non rientranti nel presupposto soggettivo di applicazione del tributo.
In base a quanto riferito, l’Istante ritiene di essere in possesso di tutti i requisiti previsti ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata dell’1,20 per cento, evidenziando, in particolare, che l’esenzione di cui gode è collegata allo svolgimento dell’attività previdenziale ed è condizionata a precise politiche distributive. Inoltre, l’ Istante rappresenta di operare in conformità alla direttiva 2003/41/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 giugno 2003.
L’Istante ritiene, altresì, che l’applicazione di una ritenuta ridotta – che di fatto minimizza il fenomeno di doppia imposizione economica sul dividendo – contribuisce a garantire l’attuazione del principio di non discriminazione come enucleato dall’articolo 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
Pertanto, in base al suddetto principio di non discriminazione, i dividendi di fonte italiana percepiti dall’Istante non dovrebbero, in linea di principio, essere soggetti ad alcuna tassazione, in considerazione del trattamento fiscale garantito, a parità di condizioni, ai fondi pensione di diritto italiano.
Ebbene, tenuto conto che i fondi pensione italiani – in qualità di soggetti c.d. lordisti – non subiscono, generalmente, alcuna ritenuta alla fonte, qualsiasi ritenuta superiore allo zero per cento subìta da un soggetto estero sui dividendi risulterebbe discriminatoria rispetto al trattamento fiscale “neutro” di un fondo pensione italiano.
L’Istante, infine, ritiene che, potendo trovare applicazione nella fattispecie in esame sia la disposizione normativa prevista dall’articolo 27, comma 3ter, del d.P.R. n. 600 del 1973 che quella prevista dall’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del medesimo d.P.R. n. 600, il potenziale conflitto tra le stesse dovrebbe risolversi nel seguente modo.
L’Istante, infatti, in quanto fondo pensione europeo e diretto percettore del flusso di dividendi, potrebbe teoricamente beneficiare anche della disposizione di cui all’articolo 27, comma 3, secondo periodo, che prevede una ritenuta dell’11 per cento sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’UE e negli Stati aderenti all’Accordo sul SEE che consentono un adeguato scambio di informazioni.
Per stabilire qual è la disposizione applicabile, viene in considerazione il rapporto di “specialità reciproca” esistente fra le richiamate disposizioni.
In base alla ricostruzione proposta dal fondo Istante, la ritenuta dell’11 per cento prevista dall’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 si applica a qualsiasi fondo pensione, trasparente od opaco, assoggettato o meno a imposta, che sia istituito in uno Stato membro UE o aderente all’Accordo sul SEE che consenta un adeguato scambio di informazioni, a prescindere dallo stato di residenza del fondo.
La ritenuta dell’1,20 per cento prevista, invece, dall’articolo 27, comma 3ter, del medesimo d.P.R. n. 600 si applica alle società e agli enti assoggettati a un’imposta sul reddito delle società (e quindi anche a una fondazione come nel caso di specie) e che siano residenti in uno Stato UE o aderente all’Accordo sul SEE, a prescindere dal luogo di istituzione.
Trattandosi di due disposizioni diverse, caratterizzate da un rapporto c.d. di specialità reciproca o bilaterale, la ritenuta dell’11 per cento si applicherà nel caso di fondi pensione esteri trasparenti, o comunque non assoggettati a imposta, mentre la ritenuta dell’1,20 per cento si applicherà ai fondi pensione che siano congiuntamente residenti in uno Stato membro e ivi assoggettati ad imposta, nel senso innanzi specificato.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 27 (rubricato Ritenuta sui dividendi) del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce, al primo periodo del comma 3, che «La ritenuta è operata a titolo d’imposta e con l’aliquota del 27 [recte 26] per cento sugli utili corrisposti a soggetti non residenti nel territorio dello Stato diversi dalle società ed enti indicati nel comma 3- ter, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, …».
Tale disposizione reca la regola generale di tassazione degli utili corrisposti da soggetti residenti in Italia [società ed enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 – Tuir] a soggetti non residenti, prevedendo una ritenuta alla fonte a titolo di imposta pari al 26 per cento.
Tale regola generale è derogata:
- nell’ipotesi in cui i destinatari dei dividendi siano fondi pensione istituiti in uno Stato dell’Unione Europea (UE) o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), per i quali è prevista una ritenuta dell’11 per cento in base all’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del medesimo d.P.R.;
- nell’ipotesi in cui i destinatari degli utili siano organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE e a OICR, non conformi alla citata direttiva 2009/65/CE, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE, istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, per i quali la ritenuta non si applica in base all’articolo 27, comma 3, ultimo periodo;
- nell’ipotesi in cui i destinatari degli utili siano società ed enti commerciali non residenti soggetti a un’imposta sul reddito delle società negli Stati di provenienza ai sensi del comma 3-ter dello stesso articolo 27, per i quali si applica una ritenuta dell’1,20 per cento, corrispondente all’imposta dovuta sugli utili conseguiti da società ed enti commerciali residenti ex articolo 89, comma 2, del Tuir.
Con particolare riferimento a tale ultima ipotesi, per quanto di interesse in questa sede, l’articolo 27, al comma 3-ter, prevede che «La ritenuta è operata a titolo d’imposta e con l’aliquota dell’1,20 per cento sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato».
Al riguardo, si fa presente che la riforma recata dalla legge 12 dicembre 2003, n. 344 (cd. “Riforma IRES”), ha mutato sostanzialmente il regime interno di tassazione dei dividendi prevedendo un differente sistema di tassazione per gli utili da partecipazione percepiti da società ed enti commerciali soggetti a IRES. Infatti, se, nel precedente sistema, gli utili da partecipazione erano pienamente tassati in capo al percettore, con la citata riforma IRES e, in particolare, con la riformulazione del vigente articolo 89 del Tuir, i dividendi corrisposti a società ed enti commerciali residenti soggetti a IRES concorrono alla formazione della base imponibile soltanto per il 5 per cento del loro ammontare.
I dividendi percepiti dai soggetti non residenti, invece, anche in seguito alla predetta riforma, continuavano a essere assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva in misura piena qualunque fosse la natura del percettore.
In tale contesto normativo, è intervenuta la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria per il 2008) che, al fine di rendere compatibile il regime italiano delle ritenute sui dividendi in uscita con i principi relativi alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali garantite dal Trattato CE e dal Trattato sullo Spazio Economico Europeo (SEE), ha uniformato la tassazione degli utili di fonte italiana sia per i soggetti residenti aventi natura commerciale che per quelli non residenti aventi analoga natura.
In particolare, la citata legge n. 244 del 2007 ha introdotto il comma 3-ter nell’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973, il quale attualmente, per effetto delle modifiche recate dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, prevede che i dividendi di fonte italiana conseguiti da società ed enti commerciali non residenti soggetti a un’imposta sul reddito delle società negli Stati di provenienza sono soggetti a una ritenuta pari all’1,20 per cento. Ciò in linea con la disciplina recata dall’articolo 89, comma 2, del Tuir, che prevede che gli utili distribuiti a società ed enti commerciali residenti sono esclusi dal reddito complessivo per il 95 per cento del loro ammontare, comportando di fatto una tassazione dell’1,20 per cento – ossia il 24 per cento (aliquota IRES) sul 5 per cento dei dividendi – esattamente corrispondente all’ammontare della ritenuta prevista dal comma 3-ter dell’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973.
La ratio di tali modifiche, dunque, è stata in sostanza quella di livellare il carico impositivo dei dividendi di fonte italiana tra i soggetti IRES residenti che esercitano attività commerciale e gli analoghi soggetti residenti in Stati UE o in Stati SEE.
Diversamente, alle forme di previdenza complementare italiane non sono applicabili le disposizioni recate dal citato articolo 89, comma 2, del Tuir, e i dividendi distribuiti alle stesse rientrano nel risultato netto di gestione, assoggettato a imposta sostitutiva con l’aliquota del 20 per cento prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.
Detta aliquota, prima della modifica inserita dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, era pari all’11 per cento.
L’articolo 24 della legge 7 luglio 2009, n.88, all’analogo fine di livellare il carico impositivo dei dividendi corrisposti a fondi pensione istituiti in Stati UE o in Stati SEE con quello gravante sui dividendi corrisposti a forme di previdenza complementare italiane, ha introdotto una specifica disposizione, vale a dire il secondo periodo del comma 3 dell’articolo 27 del d.P.R. n.600 del 1973, il quale prevede una corrispondente ritenuta alla fonte a titolo d’imposta dell’11 per cento sui dividendi di fonte italiana conseguiti dalle forme estere analoghe alle forme di previdenza complementare di diritto italiano.
In particolare, l’articolo 27, al secondo periodo del comma 3, prevede che « L’aliquota della ritenuta è ridotta all’11 per cento sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».
Nel richiamato contesto normativo, tenuto conto che l’Istante presenta i requisiti sostanziali e le finalità di investimento proprie di un fondo previdenziale integrativo e che non svolge attività commerciale oltre a quella istituzionale di previdenza, si ritiene che non potrà beneficiare dell’applicazione dell’aliquota del 1.20 per cento di cui all’articolo 27, comma 3-ter, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Dall’istanza e dalla documentazione prodotta, infatti, risulta che il Fondo pensione persegue una finalità esclusivamente previdenziale di natura integrativa, eroga prestazioni pensionistiche integrative in favore degli iscritti e gestisce le risorse e/o i contributi versati avvalendosi di gestori professionali (i.e., le società controllate dal Fondo pensione) secondo criteri di prudenza e responsabilità, in linea con le caratteristiche che possiedono le forme di previdenza complementare italiane (cfr. articolo 1, comma 4, del citato d.lgs. n. 252 del 2005).
Pertanto, agli utili che l’Istante dovrà percepire dalle società partecipate italiane si applicherà l’aliquota dell’11 per cento prevista dal comma 3, secondo periodo, dell’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973.
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