L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 24/E del 02 agosto 2013 ha stabilito che la sanzione del 30% sarà applicata solo sulla differenza non versata e non sull’intero importo, compreso quello versato. E anche per i pagamenti eseguiti nel termine lungo, cioè entro 30 giorni dalla scadenza ordinaria, la sanzione sarà applicata solo sulla parte non versata.
Con la predetta circolare si dirimono alcuni dubbi interpretativi sui termini previsti per i versamenti del saldo e del primo acconto delle imposte sui redditi e dell’Irap, sull’efficacia del ravvedimento operoso quando l’importo versato è inferiore a quanto dovuto e sulle conseguenze di errori marginali nel versamento delle somme dovute per la definizione degli avvisi d’accertamento.
Le sanzioni, fino alla emanazione della circolare in esame, sono state applicate sull’intero importo delle somme differite, che dovevano essere aumentate dello 0,40%, senza cioè considerare le somme già versate. È questo uno dei casi più frequenti, considerato che, in sede di versamento a saldo delle imposte sui redditi, è consentito eseguire i versamenti entro 30 giorni dalla scadenza ordinaria, maggiorando le somme dovute dello 0,40 per cento. Per cui ora il calcolo della sanzione sarà applicata «sulla differenza tra quanto versato nel termine lungo e quanto dovuto» a titolo di imposte e maggiorazione dello 0,40 per cento.
Tale principio di calcolo delle sanzioni trova applicazione anche ai contribuenti che eseguono carenti versamenti per i ravvedimenti o per la definizione dell’accertamento in adesione. Gli uffici devono valutare i comportamenti dei contribuenti dai quali traspare con evidenza l’intenzione di utilizzare correttamente gli istituti deflattivi del contenzioso, ravvedimenti, adesioni, mediazione o conciliazione.
Nella circolare l’agenzia delle Entrate precisa che gli uffici devono abbandonare il contenzioso eventualmente instaurato sulla base di principi difformi da quelli enunciati nella predetta circolare n. 27/E. Resta fermo che, per le sanzioni già irrogate con provvedimento definitivo, non è ammessa la ripetizione di quanto pagato. In questo caso valgono le indicazioni fornite in merito al principio di legalità, cosiddetto favor rei. Per la eventuale regolarizzazione degli insufficienti versamenti, compresa l’eventuale “dimenticanza” dello 0,40%, che costituisce il corrispettivo dovuto all’erario da parte di chi esegue i versamenti delle imposte a saldo o in acconto in base alla dichiarazione, entro il termine lungo, cioè entro i 30 giorni successivi alla scadenza originaria, è sempre ammessa la regolarizzazione spontanea, mediante il ravvedimento. Nella circolare si fa l’esempio del ravvedimento entro 30 giorni e di quello entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. In verità, è anche possibile fruire del ravvedimento sprint, entro 14 giorni successivi alla scadenza.
In caso di ravvedimento entro i 30 giorni successivi alla scadenza del termine lungo, il contribuente sana gli insufficienti versamenti eseguendo il pagamento:
- di quanto dovuto a titolo di tributo, compresa la maggiorazione dello 0,40%;
- degli interessi del 2,5% annuo, maturati dalla scadenza del termine lungo fino al giorno di effettuazione del pagamento;
- della sanzione del 3% dell’importo versato in ritardo (tributo, più 0,40%).
In caso di ravvedimento entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, il contribuente sana gli insufficienti versamenti eseguendo il pagamento:
- di quanto dovuto a titolo di tributo, compresa la maggiorazione dello 0,40%;
- degli interessi del 2,5% annuo, maturati dalla scadenza del termine lungo fino al giorno di effettuazione del pagamento;
- della sanzione del 3,75% dell’importo versato in ritardo (tributo, più 0,40%).
L’Agenzia avverte inoltre che in caso di definizione degli accertamenti, mediante acquiescenza, se il contribuente incorre in un errore materiale o di calcolo delle somme dovute, l’acquiescenza può ritenersi validamente perfezionata, purché la differenza tra quanto dovuto e quanto pagato sia di entità lieve, tale da non configurare un atteggiamento incompatibile con la volontà di definizione dell’accertamento. In questi casi, il perfezionamento della definizione sarà subordinato all’integrazione della somma dovuta da parte del contribuente.
Errata determinazione dell’importo “da ravvedimento”
La circolare, per il caso in cui il contribuente vada a determinare un importo sbagliato in sede di ravvedimento, rimanda a quanto chiarito in proposito nella risoluzione 67/2011.
La sanzione ordinaria del 30% deve quindi essere applicata soltanto sulla somma residua (maggiore imposta dovuta, aumentata o meno dalla maggiorazione) e gli interessi sono calcolati a decorrere dalla data dell’originario versamento.
Inoltre, se a essere inesatto è solo il conto delle sanzioni o degli interessi, il ravvedimento vale unicamente per la parte dell’imposta (con o senza maggiorazione, a seconda della data del versamento originario) proporzionata a quanto complessivamente corrisposto. Gli uffici, in tal caso, applicheranno la sanzione ordinaria e/o recupereranno gli interessi esclusivamente sulla quota non sanata, con riferimento alla data del primo versamento.
Versamento carente in caso di acquiescenza
Per gli errori materiali o di calcolo nel versamento delle somme dovute a titolo di acquiescenza di un avviso di accertamento (articolo 15 del Dlgs. 472/1997), l’ufficio ha comunque la facoltà di valutare la definizione come validamente perfezionata.
Punto imprescindibile di riferimento sarà la differenza tra il dovuto e quanto materialmente versato. L’importo dovrà, infatti, essere tale da consentire di ritenere realmente fondata la volontà del contribuente di definire l’accertamento.
A tal fine, sarà necessario che il contribuente provveda all’integrazione di quanto dovuto.
Indicazioni di tenore analogo, infine, anche per la diversa ipotesi in cui il contribuente intenda limitarsi a beneficiare della sola definizione agevolata delle sanzioni (articolo 17 del Dlgs 472/1997).
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