La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 16105 depositata il 10 giugno 2024, intervenendo in tema di TARSU e sanzioni tributarie, ha ribadito il principio secondo cui “… il legittimo affidamento, quale situazione giuridica soggettiva tutelata dall’art. 10, cit., presuppone che sussista:
– un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente;
– la buona fede del contribuente stesso, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo;
– l’esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. …”
La vicenda ha riguardato una società consortile a cui il Comune notificava un avviso di accertamento per la TARSU. La contribuente avverso l’atto impositivo proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure rigettarono le doglianze della ricorrente. Avverso la decisione di primo grado veniva proposto appello. I giudici di secondo grado rigettavano l’appello proposto dalla contribuente. I giudici di appello precisavano, tra l’altro, che ” non poteva prospettarsi legittimo affidamento in ordine al difetto di esercizio della pretesa impositiva nei confronti del precedente concessionario del servizio in quanto «l’inadempimento di un obbligo di legge non è certamente scusato dalla circostanza che altro soggetto sia stato inadempiente e che tale inadempienza, per avventura, sia stata tollerata»;
– «le sanzioni erano state applicate nella misura minima possibile», così che destituito di fondamento rimaneva «anche l’ultimo motivo di doglianza».” Avverso tale decisione la contribuente proponeva ricorso in cassazione fondato su sette motivi.
I giudici di legittimità accolgono, per quanto di ragione, il sesto motivo, rigetta i motivi di ricorso dal primo al quinto, dichiara assorbito il settimo motivo.
Per gli Ermellini “… l’applicazione del principio del legittimo affidamento, di cui in prosieguo meglio si dirà, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 10, cit., comporta (solo) l’esclusione degli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori conseguenti all’inadempimento colpevole dell’obbligazione tributaria, ma non incide sulla debenza del tributo, che prescinde del tutto dalle intenzioni manifestate dalle parti del rapporto fiscale, dipendendo esclusivamente dall’obiettiva realizzazione dei presupposti impositivi (Cass., 24 maggio 2022, n. 16691; , 11 luglio 2019, n. 18618; Cass., 18 maggio 2016, n. 10195; Cass., 25 marzo 2015, n. 5934).
(…) Infatti, i casi di tutela espressamente enunciati dal comma secondo del cit. art. 10 (attinenti all’area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi), riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (v., ex plurimis, Cass., 15 settembre 2022, n. 27242; Cass., 11 maggio 2021, n. 12372; Cass., 14 gennaio 2015, n. 537; Cass., 9 novembre 2011, n. 23309; Cass., 22 settembre 2003, n. 14000; Cass., 10 dicembre 2002, n. 17576). …”
Per i giudici di piazza Cavour “… sinanche il mero silenzio, serbato dall’amministrazione su di un’istanza del contribuente, non è idoneo a giustificare un legittimo affidamento, non assumendo carattere univoco (Cass., 15 settembre 2022, n. 27242, cit.). …”
Per il Supremo consesso “… l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, «postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito.» (così Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde, ex plurimis, Cass., 1 febbraio 2019, n. 3108; Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588; Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522; Cass., 27 luglio 2012, n. 13457; Cass., 16 febbraio 2012, n. 2192).
E si è, in particolare, rimarcato – a riguardo dei cd. fatti indice dell’incertezza normativa oggettiva (v. Cass., 28 novembre 2007, n. 24670 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 aprile 2019, n. 10313; Cass., 13 giugno 2018, n. 15452; Cass., 17 maggio 2017, n. 12301) – che concorrono a determinare detta incertezza la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali (nella giurisprudenza di legittimità e anche di merito; cfr. Cass., 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24588) ovvero di una pluralità di disposizioni «il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso, per l’equivocità del loro contenuto» (così Cass., 24 febbraio 2014, n. 4394; Cass., 22 febbraio 2013, n. 4522).
Escluso, dunque, che l’inerzia dell’amministrazione potesse dar luogo ad un dato (positivo) connotante una «prassi contraddittoria», tanto i dati normativi di fattispecie quanto la loro stessa interpretazione giurisprudenziale escludevano ogni incertezza in ordine alla ricorrenza, nella fattispecie, dei presupposti tutti del rapporto giuridico tributario (v. la già citata Cass., 23 gennaio 2004, n. 1179). …”
Si rammenta che per la Suprema Corte con la sentenza n. 13076 del 2015 ha precisato che l’obiettiva incertezza deve essere reputata tale dal giudice e non rileva quella “meramente soggettiva” riferita al contribuente. L’incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari deve avere carattere oggettivo. Inoltre è del tutto irrilevante l’incertezza soggettiva, derivante da ignoranza incolpevole.
Per la giurisprudenza sussiste l’incertezza normativa nei seguenti casi:
• per contrasti giurisprudenziali e diverbi tra giudici di legittimità e di merito
• per difficoltà d’individuare le disposizioni normative e il loro significato
• per mancanza di informazioni amministrative o loro contraddittorietà
• per assenza di precedenti giurisprudenziali
• per divergenza di opinioni dottrinali
• a seguito di adozione di norme d’interpretazione autentica
• a seguito di emanazione di disposizioni esplicative