La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 42350 depositata il 15 ottobre 2013 intervenendo in materia di reati fiscali e provvedimenti di sequestro preventivi ha affermato che non è ammesso il provvedimento di sequestro per equivalente dei beni della società per i reati fiscali commessi dall’amministratore. Neppure se si considera la misura cautelare stessa come istituto non sanzionatorio per applicarla anche a chi non ha commesso il reato.
La vicenda ha visto protagonista il rappresentante legale di una cooperativa a cui veniva contestato il reato di cui all’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 per non aver pagato l’IVA per oltre i 50.000,00 euro della stessa cooperativa. Pertanto il Gip disponeva, su richiesta del PM, il sequestro preventivo nei confronti dell’imputato mentre non accoglieva la richiesta di sequestro preventivo nei confronti della cooperativa avendo il gip ritenuto che il d.lgs. 231/2000 prevede la responsabilità dell’ente per i reati commessi a suo vantaggio solo nelle fattispecie di cui agli articoli 24 ss. dello stesso decreto legislativo, non includenti i reati fiscali. Il Tribunale, a cui aveva presentato appello il PM, ha confermato tale decisione del gip, richiamando giurisprudenza di legittimità in senso conforme. Avverso tale decisione il PM ricorre alla Corte Suprema.
Gli Ermellini con la sentenza in commento respingono il ricorso del Procuratore della Repubblica consolidando l’orientamento della Cassazione, allargandolo però alla presa in considerazione di nuovi elementi portati dalla pubblica accusa.
Superata una iniziale incerta giurisprudenziale della Cassazione, poiché in alcune pronunce aveva ammesso la possibilità di procedere alla misura cautelare anche a carico della società, facendo leva sul rapporto organico tra l’indagato di reati fiscali e la persona giuridica che dalla commissione (presunta) dell’illecito ha tratto vantaggio, nelle sentenze più recenti è andato via via consolidandosi un orientamento diverso che non ha più considerato sufficiente il rapporto organico. A essere valorizzata è stata invece l’assenza dei reati tributari nell’elenco di quelli che possono dare luogo alla misura cautelare sulla base del decreto 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle società per i delitti compiuti da propri dipendenti.
Il Pubblico Ministero, consapevole dell’orientamento ormai consolidato e costante della Corte Suprema, ha spostato il ragionamento sulla natura della confisca per equivalente negandone la natura di sanzione e valorizzando invece quella di misura di sicurezza. In questo senso, sosteneva tra l’altro l’accusa, se la confisca fosse una pena, il pagamento del debito tributario sarebbe equivalente a causa di estinzione della pena mentre rimane solo una circostanza attenuante. Quindi, venuta meno la natura sanzionatoria, la misura cautelare potrebbe essere applicata anche a chi non commesso il reato, ma ha comunque tratto vantaggio.
I giudici di legittimità hanno ritenuto che queste argomentazione non devono portare a una modifica delle ultime conclusioni. La tesi sostenuta dal Pm, nel caso di specie, ignora il fatto che «il vero centro è l’identificazione della misura e della modalità con cui un soggetto che non è persona fisica, e che pertanto non può essere reo di alcun reato incede nel sistema penale per subire le conseguenze di un reato commesso in suo favore». I giudici del Palazzaccio evidenziano che la persona giuridica allora è una finzione giuridica, nel senso di un istituto giuridico con cui si è rivestita un’attività umana. Una finzione che funziona senza troppi intoppi nel settore del diritto civile e del diritto amministrativo, ma che ha bisogno di un adeguamento specifico quando, come nel diritto penale, la responsabilità della condotta illecita è personale.
Con l’introduzione del D.Lgs. n. 231/2001 il legislatore ha adeguato il diritto con l’ingresso, in via eccezionale, all’ente collettivo nel sistema della responsabilità individuale che solo formalmente amministrativa, ma nei fatti con aspetti ampiamente penali. Si tratta di un’eccezione però che trova la sua declinazione operativa nell’individuazione di una lista di reati presupposto. Dalla quale però i reati tributari sono assolutamente esclusi.
Per cui alla luce di quanto sopra la Cassazione non accoglie la richiesta del PM al rinvio della decisione alle Sezioni unite in quanto il diritto vivente non può, in alcun caso, sostituirsi al legislatore. Nel caso esaminato, seguire una linea diversa e estendere l’identificazione della persona giuridica con quella fisica cui è collegata da rapporto organico vorrebbe dire scardinare l’istituto stesso della persona giuridica, regredendo a un ordinamento che non riconosce più l’istituto stesso.
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