La Cassazione sez. penale con la sentenza n. 21222 del 17 maggio 2013 stabilisce che il sequestro, in caso del medesimo reato, è possibile disporlo sia nei confronti della persona fisica sia nei confronti della persona giuridica indagate ma solo nei limiti del profitto del reato. Pertanto basandosi su tale principio gli Ermellini hanno annullato l’ordinanza con la quale il tribunale di Belluno aveva disposto la misura cautelare per il (presunto) profitto di un reato di corruzione per l’intero importo sia a danno del corruttore sia, applicando il decreto 231 del 2001, della società che dalla commissione del reato avrebbe tratto vantaggio.
La Cassazione in merito al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, può essere steso per ciascuna persona cui è addebitabile il reato fino a coprire l’intero prezzo o profitto del delitto «ma ciò non sta a significare che il sequestro possa essere disposto anche al di là del profitto complessivo derivante dal reato, cioè che possa essere disposto per l’intero nei confronti di tutti i concorrenti». Il limite quantitativo del sequestro vale anche quando sotto la lente degli inquirenti finiscono insieme persone fisiche e giuridiche sulla base del decreto 231 che a queste ultime imputa i reati commessi dalle prime (se dipendenti e per alcune categorie di reati).
Il collegamento e/o nesso tra la responsabilità della persona fisica e quella della persona giuridica ha origine nel reato presupposto commesso nell’interesse o vantaggio dell’ente «che deve essere inteso come fatto unico riferibile a entrambi i soggetti, per cui trova applicazione il principio solidaristico dello schema concorsuale». Per cui, se è assente la possibilità di riferire individualmente profitto o prezzo del reato a un’unica figura di indagato, il sequestro preventivo diretto alla confisca per equivalente può interessare indifferentemente ciascuno dei soggetti sottoposti a indagine anche per l’intero valore del profitto accertato «ma il principio solidaristico non può certo giustificare, neppure a livello cautelare, che il vincolo di indisponibilità ecceda il valore stesso del profitto, addirittura determinando ingiustificate duplicazioni».
In altri termini, dall’unicità del reato non può che derivare anche l’unicità del profitto, con la conseguenza che il sequestro preventivo non può mai eccedere l’ammontare complessivo del profitto accertato.
I giudici del tribunale di Belluno, invece, hanno proceduto in una direzione diversa, perché, dopo avere quantificato il profitto del reato di corruzione, hanno disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca della stessa somma sia nei confronti della persona fisica sia nei confronti della società a responsabilità limitata nell’interesse della quale sarebbe stato posto in essere il reato. In questo modo il tribunale non ha rispettato i limiti entro i quali è possibile la misura cautelare e il provvedimento va annullato e rinviato al tribunale per la rideterminazione delle somme da assoggettare a sequestro.
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