AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 dicembre 2020, n. 629

Servizi Aggiuntivi all’attività principale di intermediazione assicurativa – regime IVA – accessorietà

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

Quesito

ALFA (di seguito anche l’istante) è l’agenzia assicurativa online e broker ufficiale di …, specializzata in polizze RC auto, moto e furgoni. La società, costituita nel —, persegue l’obiettivo di semplificare il mondo dell’assicurazione auto, rendendo più immediata l’interazione quotidiana fra cliente e agenzia. Come emerge dal verbale del Consiglio di Amministrazione del …, ALFA intende ampliare la propria offerta commerciale, affiancando all’attività principale di intermediazione di prodotti assicurativi e riassicurativi ulteriori attività ad alto contenuto digitale e tecnologico (c.d. “Servizi Aggiuntivi”).

In particolare, l’istante sta valutando lo sviluppo di una app premium per smartphones in grado di fornire ai conducenti degli autoveicoli informazioni utili riguardanti, inter alia, il proprio stile di guida, i consumi e lo “stato di salute” dell’automobile. Nello specifico, le funzionalità della app in esame prevedono un sistema:

– di antifurto geofence per monitorare gli spostamenti anomali dell’auto;

– di tracciabilità dei propri viaggi e dei relativi consumi;

– che permette il monitoraggio dello stato di salute del proprio veicolo;

– che consente di individuare la posizione dell’automobile in tempo reale;

– che è in grado di segnalare il superamento della velocità impostata.

A corredo di tali funzionalità è prevista, inoltre, l’organizzazione di concorsi a premi per i conducenti che acquistano la app sui propri smartphones.

I servizi aggiuntivi riguardano, inoltre, lo sviluppo di:

– un dispositivo di assistenza alla guida (c.d. driving assistance device) in grado di avvisare il conducente in caso di pericolo di collisioni frontali e di superamento del limite di velocità imposto dal codice della strada, nonché di monitorare il mantenimento della distanza di sicurezza;

– una telecamera (c.d. dash cam) a marchio “…” da installare sull’auto al fine di monitorare (dentro e fuori l’automobile) gli eventi che si verificano durante la guida. Tale dispositivo, utile soprattutto per dimostrare, in caso di sinistro, la reale dinamica dell’accaduto, non si qualifica, tuttavia, quale “scatola nera” ai sensi dell’articolo 132 – ter del D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (c.d. “Codice delle Assicurazioni Private”).

La società evidenzia che i Servizi Aggiuntivi saranno commercializzati tramite il proprio sito internet; gli stessi, pertanto, potranno essere acquistati dai clienti direttamente online (o sulla app store del proprio smartphone), pagando un determinato prezzo, indipendentemente dalla sottoscrizione di una polizza assicurativa.

Nel caso di acquisto congiunto della polizza e dei Servizi Aggiuntivi, ALFA potrà sfruttare internamente le informazioni provenienti da questi ultimi per finalità di pricing dei premi assicurativi che dovranno essere versati. In ipotesi di acquisto contestuale (polizza e Servizi Aggiuntivi), la società potrebbe riconoscere al cliente uno sconto sulla polizza per un importo che potrebbe anche coincidere con il costo dei Servizi Aggiuntivi acquistati.

Quanto sopra premesso, l’istante chiede di conoscere se:

– i Servizi Aggiuntivi possano considerarsi quali operazioni autonome, imponibili ad IVA o se, invece, debbano qualificarsi come prestazioni accessorie ai servizi di natura assicurativa prestati nell’ambito dell’attività principale, da assoggettare al medesimo regime di esenzione di cui all’articolo 10, comma 1, numero 9) del d.P.R. n. 633 del 1972;

– nel caso in cui tali servizi si qualifichino come prestazioni indipendenti rispetto a quelli di natura assicurativa, il relativo processo di produzione e commercializzazione possa qualificarsi come una distinta “attività” (ulteriore rispetto a quella di intermediazione di prodotti assicurativi), suscettibile di separazione facoltativa, ai sensi dell’articolo 36, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

La società ritiene che i Servizi Aggiuntivi si qualifichino come operazioni economicamente e fiscalmente indipendenti, autonomamente assoggettabili ad IVA, in quanto non accessorie alle prestazioni di natura assicurativa. Gli stessi, infatti, non integrano, né completano, né tanto meno rendono possibile la prestazione assicurativa, costituendo prestazioni con un fine a sé stante, completamente autonome rispetto alla copertura assicurativa.

A supporto della propria soluzione, ALFA rinvia all’orientamento consolidato e pressoché conforme dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza comunitaria, secondo cui affinché si configuri una operazione accessoria è necessario che essa i) sia posta in essere dal medesimo soggetto che realizza la prestazione principale; ii) non costituisca per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale (in tal senso, cfr. ex multis circolare n. 36/E del 31 marzo 2011, risoluzioni nn. 337/E del 1° agosto 2008 e 167/E del 1° agosto 2003;

nonché CGE sentenze 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97). Tali principi sono stati recepiti anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex multisCassCiv., sez. V, sent. 16 novembre 2011, n. 24049, punto 25; CassCiv., sez. V, sent. 5 ottobre 2012, n. 17004, punto 13, CassCiv., sez. V, sent. 5 aprile 2019, n. 9586, par. 2.2).

Ad avviso dell’istante, inoltre, non è ravvisabile fra i Servizi Aggiuntivi e quelli assicurativi alcun “nesso economico unitario ” tale da renderne artificiosa la scomposizione. Nella prospettiva del consumatore medio che se ne avvale, infatti, le prestazioni assicurative e i servizi accessori soddisfano esigenze di consumo totalmente differenti, anche a prescindere dall’eventualità che il relativo acquisto sia effettuato contestualmente. L’assoluta inapplicabilità della reductio ad unum delle due tipologie di prestazioni (servizi assicurativi e Servizi aggiuntivi) risulta, peraltro, coerente sia con il principio di interpretazione restrittiva delle previsioni di esenzione IVA, sia con la necessità di non privare le esenzioni IVA del proprio effetto utile “in quanto l’applicazione del regime di esenzione proprio delle prestazioni di intermediazione assicurativa rimarrebbe confinata a prestazione che incontrovertibilmente presentano tale natura, ferma restando l’ordinaria imponibilità dei Servizi Aggiuntivi”.

Tali servizi, invero, non sono qualificabili né come prestazioni assicurative in senso proprio, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 633 del 1972, né come prestazioni di mandato, mediazione o intermediazione relative a prestazioni assicurative, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, nn. 2) e 9) del medesimo decreto, in quanto gli stessi, ancorché effettuati da un soggetto che opera normalmente quale intermediario assicurativo, non hanno ad oggetto la ricerca di potenziali clienti e la messa in relazione di questi ultimi con l’assicuratore in vista della conclusione di possibili contratti.

Infine, l’interpellante è del parere che, nel caso di specie, possa essere esercitata l’opzione di cui all’articolo 36, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 per la separazione contabile della attività di intermediazione assicurativa rispetto alla produzione e commercializzazione dei Servizi Aggiuntivi. A supporto della propria tesi, la società rinvia, tra l’altro, alla circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018, in cui si afferma la rilevanza meramente indiziaria e, in ogni caso, non decisiva della classificazione ATECO delle attività ai fini della separazione in commento. L’opzione per la separazione delle attività deve, dunque, ritenersi ammissibile a prescindere dalla classificazione statistica e, quindi, anche nel caso in cui i Servizi Aggiuntivi rientrino nel medesimo codice ATECO delle prestazioni di natura assicurativa. La separazione opzionale dovrebbe, infatti, essere ammessa per evitare gli effetti distorsivi e pregiudizievoli derivanti dall’applicazione del c.d. pro-rata generale di detraibilità, di cui agli articoli 19, comma 5, e 19-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, ovvero dall’opzione per l’esonero dagli adempimenti prevista dal successivo articolo 36-bis. In definitiva, solo ammettendo la separazione opzionale si consentirebbe il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla norma, volto a massimizzare la precisione del pro-rata di detrazione, allocando con la massima puntualità possibile gli acquisiti di beni e servizi gravati da IVA alle operazioni attive “a valle” (imponibili o esenti che siano) cui gli stessi afferiscono.

Parere dell’agenzia delle entrate

In via preliminare, si evidenzia che ciascuna operazione assume autonoma rilevanza agli effetti dell’IVA secondo il regime impositivo proprio (i.e. imponibilità o esenzione); tale regola generale, tuttavia, può essere derogata in presenza di operazioni complesse in relazione alle quali è necessario verificare se le stesse costituiscano, da un punto di vista economico-funzionale, un unicum inscindibile.

In linea di principio, più prestazioni, formalmente distinte, devono essere considerate come una prestazione unica quando sono:

– tra loro collegate attraverso un vincolo di accessorietà, caratterizzato dalla miglior fruizione di un servizio grazie ad un altro ad esso ancillare; – strettamente connesse al punto da formare, oggettivamente, un’unica prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (cfr. CGE sentenza del 29 marzo 2007, causa C-111/05).

Al riguardo, l’articolo 12 del d.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che le cessioni “o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuate direttamente dal cedente o prestatore, ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggette autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale”.

In base al principio secondo cui “accessorium sequitur principale”, le operazioni accessorie concorrono, pertanto, alla formazione della base imponibile dell’operazione principale, ne assumono lo stesso trattamento fiscale e sono soggette alla medesima aliquota IVA. Sul punto, l’Amministrazione finanziaria [cfr., tra l’altro, risoluzione n. 337/E del 2008] ha avuto modo di chiarire che si considerano accessorie le operazioni che:

– integrano, completano o rendono possibile l’operazione principale;

– sono rese dal medesimo soggetto che esegue l’operazione principale, anche a mezzo di terzi, ma per suo conto e a sue spese;

– sono rivolte al medesimo soggetto nei cui confronti è resa l’operazione principale.

In altri termini, perché si delinei un vincolo di accessorietà tra due operazioni, è necessario che le stesse convergano verso la realizzazione di un unico obiettivo, rispondendo all’esigenza di offrire al cliente, secondo le proprie specifiche esigenze, il miglior risultato possibile. Sul punto, la risoluzione n. 230/E del 15 luglio 2002 ha precisato che, ai fini del riconoscimento della natura accessoria di un’operazione, non è sufficiente che la stessa renda possibile o più agevole l’operazione principale, dovendo costituire un unicum economico con la stessa.

Anche la Corte di Giustizia europea (cfr. sentenza 25 febbraio 1999, causa C- 349/96, punti 29 e 30) si è espressa in materia, precisando che “tenuto conto della duplice circostanza che, da un lato, dall’art. 2, n. 1 della sesta direttiva, discende che ciascuna prestazione di servizio deve essere considerata di regola come autonoma e indipendente e che, dall’altro, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non deve essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’IVA, occorre individuare gli elementicaratteristici dell’operazione di cui trattasi per stabilire se il soggetto passivo fornisca al consumatore, considerato come consumatore medio, più prestazioni principali distinte o un’unica prestazione. Va sottolineato che si configura una prestazione unica in particolare nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una prestazione accessoria o alcune prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. Una prestazione deve essere considerata accessoria ad una prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore (sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e BoldwinRac. pag. I-6229, punto 24″.

Sempre a parere del giudice comunitario, inoltre, la previsione di un prezzo unitario è un indizio che “può militare” a favore dell’esistenza di una prestazione unica. Tuttavia, a prescindere dalle modalità di determinazione del prezzo stabilito in contratto, occorre accertare, sulla base delle circostanze di fatto, l’effettivo interesse economico del cliente all’acquisto o meno di operazioni autonome, funzionalmente distinte tra loro.

Quanto sopra illustrato, nel merito della fattispecie prospettata, si ritiene che la fornitura dei Servizi Aggiuntivi da parte del soggetto istante non si ponga in rapporto di stretta funzionalità (rectius necessaria connessione) con la sottoscrizione delle polizze assicurative RC auto. In particolare, deve rilevarsi, in questa sede, come l’acquisto dei Servizi Aggiuntivi non abbia la funzione di integrare, completare ovvero rendere possibile la prestazione (principale) svolta dalla società istante. Quest’ultima, infatti, è in grado di fornire le coperture assicurative indipendentemente dalla vendita dei Servizi Aggiuntivi, potendo disporre a monte (ad esempio tramite il ricorso a banche dati) di informazioni utili a definire il profilo di rischio dei propri clienti.

Anche in assenza degli ulteriori elementi informativi ritraibili dalla sottoscrizione dei Servizi Aggiuntivi – la cui acquisizione è indubbiamente funzionale alla ottimizzazione delle politiche di pricing dei prodotti assicurativi – la società è, pertanto, comunque in grado di fornire i servizi di intermediazione assicurativa.

L’assenza di convergenza delle due attività verso la realizzazione di un unico obiettivo economico (i.e. fornitura delle polizze assicurative) è ulteriormente avvalorata dalla circostanza per cui i Servizi Aggiuntivi possono rivolgersi anche ad una clientela diversa rispetto a quella che ha sottoscritto la polizza assicurativa. Come precisato dall’istante, infatti, detti servizi possono essere acquistati autonomamente dal cliente, senza obbligo di sottoscrizione della polizza RC auto.

Per quanto sopra evidenziato, si ritiene, pertanto, di poter condividere la soluzione prospettata dalla società istante in ordine alla natura non accessoria dei Servizi Aggiuntivi offerti. Gli stessi assumeranno, di conseguenza, autonoma rilevanza IVA, ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Occorre, altresì, rilevare in questa sede che l’articolo 36, comma 3, del richiamato decreto consente ai soggetti che “esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa” di optare per l’applicazione separata dell’imposta” relativamente ad alcune delle attività esercitate”. L’opzione in esame riconosce pertanto alle imprese c.d. “miste” la possibilità di determinare l’IVA integralmente (in)detraibile in funzione di un collegamento diretto dei beni e servizi alle operazioni attive imponibili (esenti) in cui gli stessi sono impiegati, evitando gli effetti distorsivi e pregiudizievoli derivanti dall’applicazione del pro-rata generale di detraibilità di cui agli articoli 19, comma 5, e 19-bis del decreto IVA.

Per prassi amministrativa consolidata (cfr. ex multis risoluzione n. 184/E del 5 maggio 2008 e circolare n. 22/E del 28 giugno 2013), è possibile procedere all’applicazione separata dell’IVA in presenza di attività effettivamente distinte ed obiettivamente autonome “di regola individuate da diversi codici della tabella ATECO di classificazione delle attività economiche”. La circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018 ha, tuttavia, precisato che il riferimento alla classificazione ATECO, rispondente essenzialmente a finalità statistiche e di controllo, pur costituendo un criterio utile ed adottabile in via principale, non può tuttavia considerarsi necessariamente esaustivo per il riscontro del carattere della diversità delle attività separabili ai sensi del richiamato articolo 36, comma 3.

In altri termini, l’inquadrabilità delle attività in diversi codici ATECO, pur avendo un peculiare rilievo ai fini della separazione facoltativa delle stesse, costituisce solamente uno dei criteri utilizzabili per verificare l’esistenza o meno di più attività nell’ambito della stessa impresa. Ne deriva che la riconducibilità delle attività ad un medesimo codice ATECO non assume necessariamente carattere ostativo alla separazione prevista dalla norma in esame. Qualora, infatti, le attività svolte presentino in concreto una costante uniformità nei loro elementi essenziali e siano comunque suscettibili di essere distinte in base a criteri oggettivi, deve ritenersi comunque soddisfatta la condizione della sussistenza di attività effettivamente distinte ed obiettivamente autonome, ancorché svolte nell’ambito della stessa impresa.

Per quanto sopra osservato, si ritiene, in definitiva, che la società istante possa optare per l’applicazione separata dell’imposta, ai sensi del menzionato articolo 36, comma 3, atteso che i Servizi Aggiuntivi, da considerarsi effettivamente distinti rispetto alla attività di intermediazione assicurativa, risultano sulla base di quanto rappresentato dalla società istante: i) erogati in via sistematica e non occasionale; ii) caratterizzati dalla presenza strutturale di acquisti di beni e servizi ad essi specificamente afferenti.