AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 11 del 12 gennaio 2023
Servizi di gestione dei fondi comuni di investimento prestati dall’Advisor alla SGR, esenzione IVA ex art. 10, primo comma, n. 1), D.P.R. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA (d’ora in avanti la ”Società” o l”’Istante”) è una società di gestione del risparmio pienamente autorizzata da Banca d’Italia e iscritta al n. … dell’Albo delle SGR ex articolo 35 del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 (”TUF”), Sezione gestori di FIA, soggetta a direzione e coordinamento di ALFA HOLDING.
L’Istante ha istituito, ai sensi dell’art. 36 del TUF e dell’art. 14 del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 5 marzo 2015 n. 30, il fondo comune di investimento alternativo mobiliare di tipo chiuso, riservato ad investitori professionali ex art. 1, primo comma, lett. m-undecies) del TUF denominato ”ALFA Private Debt Fund” (di seguito, il ”Fondo”). Il Fondo ha una politica di investimento focalizzata su operazioni di private debt, aventi per oggetto imprese italiane di medie dimensioni, e il relativo regolamento di gestione è stato approvato dal consiglio di amministrazione della SGR.
La società BETA (di seguito, ”Advisor” o ”Consulente”) è una società operante nel settore degli investimenti alternativi che vanta competenze specialistiche nel settore di operatività della SGR.
È intenzione della SGR avvalersi del Consulente per ricevere supporto con riferimento alle strategie di commercializzazione del Fondo.
A tal fine, le parti intendono stipulare un accordo contrattuale (il ”Contratto”, cfr. doc. n. 1) in esecuzione del quale il Consulente presterà alla SGR servizi di analisi, pianificazione e attuazione delle attività connesse e funzionali alla commercializzazione delle quote del Fondo (i ”Servizi di fundraising” o ”Servizi”), e in particolare, tra le altre:
– assistenza nella definizione della strategia di approccio dei potenziali investitori, a seconda delle diverse tipologie;
– organizzazione di incontri con potenziali investitori e gestione della corrispondenza relativa all’organizzazione di detti incontri;
– assistenza nella definizione delle modalità di svolgimento delle riunioni con i potenziali investitori, in dipendenza delle loro specifiche caratteristiche ed interessi.
Il Contratto prevede espressamente che:
– nello svolgimento dei Servizi, in nessun caso l’Advisor eserciterà attività riservate dalla legge a soggetti iscritti in particolari albi o elenchi;
– in nessun caso l’Advisor potrà assumere o affermare di avere il potere di promuovere o stipulare accordi, concludere o sottoscrivere impegni vincolanti, collocare quote del Fondo (o di altri veicoli di investimento gestiti dalla SGR) o agire in alcun altro modo in qualsiasi capacità, in nome e per conto della SGR;
– ai fini dello svolgimento dei Servizi, l’Advisor utilizzerà esclusivamente il materiale che gli sarà fornito dalla SGR che, fatto salvo lo svolgimento dei Servizi di Fundraising, non potrà essere pubblicato o diffuso dall’Advisor (elettronicamente o in altro modo) senza il preventivo consenso dell’Istante.
In corrispettivo dei suddetti Servizi il Contratto prevede il riconoscimento, dall’Istante in favore dell’Advisor, di un compenso pari al controvalore di un anno della ”management fee” applicata dalla SGR sugli importi sottoscritti da ciascuno degli investitori (il ”Compenso”).
In relazione alla fattispecie sopra prospettata, la SGR chiede alla Scrivente di confermare il regime tributario applicabile, ai fini IVA, ai Servizi di Fundraising prestati dall’Advisor nei confronti dell’Istante.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Ad avviso dell’Istante, i Servizi di Fundraising dalla stessa commissionati all’Advisor presentano un vincolo intrinseco con l’attività propria degli organismi di investimento collettivo del risparmio e si qualificano, pertanto, come servizi di ”gestione di fondi comuni di investimento” esenti da IVA ai sensi e per gli effetti dell’articolo 10, primo comma, n. 1), D.P.R. n. 633 del 1972.
L’Istante ritiene che indicazioni in tal senso siano rinvenibili nella recente Risposta ad interpello 29 settembre 2021, n. 631, relativa ad analoga fattispecie in cui il consulente esterno era stato incaricato di prestare assistenza e supporto alla SGR committente con riguardo alla ”definizione delle strategie di gestione del Fondo e di commercializzazione del medesimo”. Ancorché, come detto, la citata Risposta n. 631 del 2021 avesse ad oggetto una fattispecie non perfettamente sovrapponibile a quella qui in discussione, l’Agenzia ha in tale occasione implicitamente incluso fra i servizi meritevoli di beneficiare del regime di esenzione da IVA previsto per la ”gestione di fondi comuni di investimento”, tra gli altri, quelli di consulenza strategica ed assistenza volti alla ”pianificazione ed attuazione di talune attività connesse con la commercializzazione del Fondo”, ivi inclusa, in particolare:
(i) l’organizzazione di incontri con potenziali investitori,
(ii) la definizione della strategia di approccio dei potenziali investitori, nonché
(iii) la predisposizione e/o revisione di ”due diligence questionnaire” e/o di altra documentazione informativa e di marketing, ancorché, anche in tale occasione, si trattasse di attività consulenziali a supporto della funzione di ”gestione vera e propria” degli investimenti e di ”commercializzazione” delle quote del fondo, che rimaneva nella responsabilità esclusiva della SGR.
In proposito, l’Istante fa presente, altresì, che, sulla scorta dei principi interpretativi espressi sulla fattispecie di esenzione in argomento dalla Corte di Giustizia UE, l’Agenzia delle Entrate ha in più occasioni riconosciuto che servizi prestati da un advisor esterno nei confronti di un gestore di fondi comuni possono qualificarsi come servizi di ”gestione” ai sensi e per gli effetti della disciplina di esenzione (cfr., in particolare, Risoluzione 20 aprile 2007, n. 75/E; Risoluzione 17 dicembre 2013, n. 97/E; Risoluzione 8 agosto 2018, n. 61/E; Risposta ad interpello n. 65 del 20 febbraio 2019; Risposta ad interpello n. 628 del 29 dicembre 2020; Risposta ad interpello n. 527 del 6 agosto 2021 e Risposta ad interpello n. 631 del 29 settembre 2021).
Ad avviso dell’Istante, le medesime considerazioni e conclusioni circa l’applicabilità del regime di esenzione da IVA dovrebbero potersi estendere anche ai Servizi di Fundraising oggetto della presente istanza di interpello, preordinati ed essenziali alla commercializzazione delle quote del Fondo.
La raccolta dei patrimoni tra una pluralità di investitori costituisce, infatti, uno dei tratti essenziali dell’attività che concretizza e caratterizza la gestione collettiva del risparmio, come desumibile non solo dall’allegato II della citata Direttiva OICVM (che invero espressamente annovera la ”commercializzazione” del Fondo tra le attività di ”gestione”), ma anche dalla combinata lettura delle definizioni di ”OICR”, di cui all’art. 1, primo comma, lett. k), TUF e di ”gestione collettiva del risparmio” ex art. 1, primo comma, lett. n), TUF, da cui si ricava che la gestione collettiva consiste:
(i) nella gestione di un patrimonio in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi, secondo una predeterminata politica di investimento;
(ii) nella gestione dei rischi di tale patrimonio; nonché, per quanto maggiormente rilevante ai presenti fini;
(iii) nel carattere collettivo dell’attività, caratterizzata dalla gestione di OICR e dalla raccolta di patrimoni tra una pluralità di investitori.
Riguardo alla nozione di ”fondi comuni di investimento” rilevante ai fini del regime di esenzione in argomento, l’Istante fa presente che la Corte di Giustizia UE ha affermato che si qualificano come ”fondi comuni di investimento”, ai sensi e per gli effetti della disciplina di esenzione di cui all’art. 135, par. 1, lett. g) della Direttiva IVA i fondi che costituiscono organismi di investimento collettivo ai sensi della Direttiva OICVM e i fondi non armonizzati (non UCITS o fondi di investimento alternativi, FIA) che pur non qualificandosi come ”fondi comuni di investimento” ai sensi della Direttiva OICVM ”presentano caratteristiche identiche” a quelle di un OICVM ”ed effettuano quindi le stesse operazioni, o quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi”.
Al riguardo, l’Istante fa presente che nel caso di fondi diversi dagli OICVM, come i FIA oggetto dell’istanza in trattazione, la comparabilità del FIA ad un OICVM risulta soddisfatta a condizione che possa verificarsi la sussistenza delle seguenti condizioni, individuate dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di Giustizia UE, sentt. 28 giugno 2007, causa C-363/05, JP Morgan; 19 luglio 2012, causa C-44/11, Deutsche Bank; 13 marzo 2014, causa C-464/12, ATP Pension Service, punto 47; 9 dicembre 2015, causa 2015, causa C-595/13, Fiscale Eenheide) e confermate dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate (cfr. Risposta n. 628 del 29 dicembre 2020; Risposta n. 527 del 6 agosto 2021 e Risposta n. 631 del 29 settembre 2021):
(i) la sottoposizione del fondo a ”vigilanza statale specifica”;
(ii) la partecipazione al fondo da parte di una pluralità di investitori che ”abbiano diritto ai benefici e sopportino il rischio connesso alla relativa gestione”;
(iii) l’esclusiva dipendenza del ”rendimento dell’investimento realizzato … dai risultati di gestione del fondo”.
Al ricorrere delle suesposte condizioni, pertanto, l’Istante ritiene che anche i fondi di investimento alternativi (FIA) in oggetto possano essere equiparati agli OICVM e qualificarsi come ”fondi comuni di investimento” ai sensi e per gli effetti della disciplina di esenzione IVA di cui agli artt. 135, par. 1, lett. g) della Direttiva 2006/112/CE e 10, primo comma, n. 1), D.P.R. n. 633 del 1972.
Nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria ritenesse di non condividere le considerazioni e le conclusioni esposte in precedenza con riguardo all’applicabilità ai Servizi in argomento del regime di esenzione previsto dall’art. 10, primo comma, n. 1), D.P.R. n. 633 del 1972, l’Istante ritiene che tali Servizi potrebbero beneficiare del regime di esenzione da IVA previsto dall’art. 10, primo comma, nn. 4) e 9) per le prestazioni di intermediazione relativa a titoli, disposizioni con le quali è stato recepito nell’ordinamento interno l’art. 135, par. 1, lett. f) della Direttiva 2006/112/CE (in base al quale ”Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:(omissis) f) le operazioni, compresa la negoziazione ma eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni e altri titoli, ad esclusione dei titoli rappresentativi di merci e dei diritti o titoli di cui all’articolo 15, paragrafo 2”).
In proposito, l’Istante fa presente che, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia UE la locuzione ”compresa la negoziazione”, recata dal citato art. 135, par. 1, lett. f), Direttiva 2006/112/CE e recepita nel nostro ordinamento nazionale nei concetti di ”mediazione e intermediazione” di cui all’art. 10, primo comma, n. 9), del D.P.R. n. 633 del 1972 non è diretta a definire il contenuto principale dell’esenzione prevista per le ”operazioni relative a titoli”, ma ha come obiettivo quello di ”ampliare l’ambito di applicazione” dell’esenzione alle attività di negoziazione; in particolare, nel contesto dell’art. 135, par. 1, lett. f) della Direttiva 2006/112/CE, il termine ”negoziazione” contempla, secondo la Corte di Giustizia UE, ”un’attività fornita da un intermediario che non occupa il posto di una parte in un contratto relativo ad un prodotto finanziario e la cui attività è diversa dalle prestazioni contrattuali tipiche fornite dalle parti di siffatti contratti. Infatti, l’attività di negoziazione è un servizio reso ad una parte contrattuale e remunerato da quest’ultima come distinta attività di mediazione. Essa può consistere, tra l’altro, nell’indicare le occasioni in cui concludere un contratto, nell’entrare in contatto con la controparte e nel negoziare in nome e per conto del cliente i particolari delle prestazioni reciproche. La finalità di tale attività è quindi di fare il necessario perché due parti concludano un contratto [relativo a quote di fondi comuni di investimento, nel caso di specie, n.d.r.], senza che il negoziatore abbia un proprio interesse riguardo al contenuto del contratto”.
Ad avviso dell’Istante, tale ampia definizione della nozione di ”negoziazione”, in cui rientra anche la mera ”indicazione delle occasioni in cui concludere un contratto” relativo a titoli parrebbe attagliarsi anche ai Servizi di cui in oggetto, fra cui è infatti ricompresa l’identificazione di potenziali controparti interessate all’investimento mediante sottoscrizione delle quote del Fondo, nonché l’assistenza nell’organizzazione e nello svolgimento delle riunioni con i potenziali investitori.
Quanto alla riconducibilità delle quote del Fondo fra i ”titoli” menzionati nelle disposizioni che disciplinano l’esenzione IVA, l’Istante evidenzia che la stessa Associazione Bancaria Italiana ha ormai da tempo riconosciuto che alle ”prestazioni inerenti al collocamento delle cennate quote di partecipazione” a fondi comuni di investimento deve ritenersi applicabile il regime di esenzione IVA di cui all’art. 10, primo comma, nn. 4) e 9), D.P.R. n. 633 del 1972, ”in quanto oggettivamente inquadrabili tra le prestazioni di mandato, mediazione ed intermediazione considerate nel menzionato n. 9) dell’art. 10 del D.P.R. 633/1972” (Circolare ABI, Serie Tributaria, n. 24 del 29 dicembre 1999; nel senso dell’applicabilità dell’esenzione IVA alle prestazioni più propriamente di ”collocamento di titoli di qualsiasi specie” si era peraltro espressa anche la precedente Circolare ABI, serie Tributaria, n. 37 del 11 agosto 1997).
Ad avviso dell’Istante, l’applicabilità ai Servizi in esame dell’uno o dell’altro regime di esenzione IVA non è inficiata dalle circostanze che:
(i) diversamente dalla SGR, l’Advisor non è un soggetto autorizzato alla gestione di fondi comuni di investimento ai sensi e per gli effetti della relativa disciplina regolamentare. In proposito, l’Istante segnala che la Corte di Giustizia UE ha chiarito che la ”gestione di fondi comuni di investimento” di cui all’art. 135, par. 1, lett. g) della Direttiva 2006/112/CE, ”è definita in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non del prestatore o del destinatario del servizio”;
(ii) i Servizi abbiano una connotazione spiccatamente consulenziale, e ciò possa prima facie indurre ad escluderne la qualificabilità come ”servizi di gestione” o di ”intermediazione”, essendo principio oramai consolidato, tanto nella giurisprudenza unionale e interna quanto nella prassi dell’Amministrazione finanziaria, quello per cui le attività di natura anche marcatamente consulenziale possono beneficiare sia del regime di esenzione previsto per la ”gestione” di fondi comuni sia di quello previsto per le prestazioni di ”intermediazione” (cfr., ex plurimis, Corte di Giustizia UE, sentenza 21 giugno 2007, causa C-453/05, Volker Ludwig e 5 luglio 2012, causa C-259/11, DTZ; Cass. Civ., sez. III, sent. 15 aprile 2008, n. 9884; Cass. Civ., sez. III, sent. 8 marzo 2002, n. 3438; conclusioni del Comitato consultivo IVA ex art. 395 della Direttiva 2006/112/CE; Risoluzione 30 ottobre 2009, n. 267/E; Risoluzione 4 agosto 2008 n. 343/E; Risposta del 24 settembre 2014 all’istanza di consulenza giuridica n. 95450/2013; Risoluzione 15 maggio 2018 n. 38/E; Risposta 22 dicembre 2021 n. 852);
(iii) i Servizi siano inidonei a determinare una qualsivoglia modifica della situazione giuridica e finanziaria dei fondi gestiti dalla SGR, in capo alla quale permane in ogni caso la decisione finale in merito all’effettuazione e alla dismissione degli investimenti, e alla implementazione della strategia di commercializzazione delle quote;
i Servizi non determinino né l’assunzione, da parte dell’Advisor, della responsabilità della funzione di commercializzazione delle quote del Fondo, la quale, nel rispetto della rilevante disciplina regolamentare, rimane in capo alla SGR, nè tantomeno la completa esternalizzazione di detta funzione. A tale ultimo riguardo, l’Istante fa presente chela Corte di Giustizia UE ha recentemente ribadito che l’esternalizzazione solo parziale di prestazioni specifiche ed essenziali per la gestione di fondi comuni di investimento è circostanza inidonea a rimettere in discussione l’applicabilità del regime di esenzione da IVA alle prestazioni rese dal prestatore terzo (cfr, sentenza del 13 marzo 2014, ATP Pension Service, C-464/12, EU:C:2014:139, punto 72; sent. 17 giugno 2021, cause riunite C-58/20 e C-59/20, K e DBKAG, punti 39 e 40). Per quanto riguarda il profilo della responsabilità assunta dal prestatore dei Servizi di cui trattasi, l’Istante fa presente che, contrariamente a quanto sembrerebbero affermare le risposte nn. 363 e 364 del 2022, i principi interpretativi elaborati in proposito dalla giurisprudenza unionale con riferimento all’esenzione IVA prevista per ”operazioni relative a” giroconti, crediti, azioni, obbligazioni o altri titoli (cfr. sentenze Corte di Giustizia UE C-2/95, SDC e C-235/00) non possono applicarsi sic et simpliciter all’esenzione IVA per la gestione di fondi comuni di investimento, pena la violazione dell’obiettivo dell’esenzione di agevolare l’investimento collettivo del risparmio.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Con l’istanza in esame la Società chiede un parere in merito all’applicazione del regime di esenzione di cui all’art. 10, primo comma, n. 1) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 ai servizi di fundraising prestati dall’Advisor nei confronti dell’Istante in quanto riconducibili nell’ambito della ”gestione di fondi comuni d’investimento”. In subordine, l’Istante chiede conferma circa la qualificazione di tali servizi come prestazioni di ”mandato, mediazione e intermediazione” riguardanti ”operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merce” esenti da IVA ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, primo comma, nn. 4) e 9) del citato D.P.R. n. 633 del 1972.
A tal riguardo, preliminarmente, giova ricordare che il contribuente può presentare istanza di interpello al fine di dirimere un dubbio di natura interpretativa e/o qualificatoria (cfr. articolo 11, comma 1, lettera a) della legge 27 luglio 2000, n. 212) al fine di ottenere un parere dell’amministrazione in ordine alla interpretazione della norma oggetto di istanza.
La finalità dell’istituto, coerentemente con le regole istruttorie che lo connotano, è quella di chiarire, sulla scorta delle previsioni della direttiva unionale e della norma interna di riferimento (articolo 10, primo comma, n. 1) del D.P.R. n. 633 del 1972), alla luce dei chiarimenti offerti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e dai giudici nazionali, nel quadro della prassi amministrativa di riferimento, la portata della specifica esenzione invocata dal contribuente in termini di principio tenuto conto che, esula, invece, dalle finalità proprie dell’istituto dell’interpello l’attività volta ad individuare servizio per servizio lo specifico regime IVA applicabile (cfr. Risposta ad interpello n. 760 del 3 novembre 2021; Risposta ad interpello n. 851 del 22 dicembre 2021; Risposta ad interpello n. 489 del 5 ottobre 2022).
Quest’ultimo dovrà essere individuato, a cura dell’Istante, tenendo conto delle caratteristiche oggettive del servizio di cui trattasi, nonché del grado di responsabilità del prestatore del servizio.
Tanto premesso, coerentemente a tali considerazioni, il presente parere fornisce esclusivamente valutazioni di principio in ordine all’inquadramento delle norme invocate dal contribuente in relazione alla fattispecie esposta [sia quindi in relazione all’articolo 10, primo comma, n. 1 che all’articolo 10, primo comma, nn. 4) e 9)].
In proposito, si rappresenta che il disposto dell’art. 135, paragrafo 1, lettera g), della Direttiva 2006/112/CE prevede l’esenzione della gestione dei fondi comuni d’investimento, rimandando l’individuazione della nozione di ”fondo comune d’investimento” alla legislazione degli Stati membri. In ambito domestico, la disposizione unionale è stata recepita dall’art. 10, primo comma, n. 1), del D.P.R. n. 633 del 1972 che prevede l’esenzione da IVA per alcuni servizi finanziari, tra cui ”la gestione di fondi comuni di investimento e di fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124”.
Al riguardo rilevano i chiarimenti resi in occasione della Risposta ad interpello n. 489 del 5 ottobre 2022, concernente una fattispecie in parte analoga a quella oggetto dell’istanza in trattazione.
In particolare, nella citata Risposta, al fine di orientare il contribuente nell’individuazione del regime IVA applicabile alle eterogenee categorie di servizi esternalizzati ad un soggetto terzo dalla SGR, gestore di un FIA italiano riservato mobiliare di tipo chiuso, sono stati richiamati i principi interpretativi espressi dalla Corte di Giustizia UE in merito alla connotazione/individuazione dei servizi di gestione di fondi comuni di investimento esenti da IVA ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, lettera g), della Direttiva 2006/112/CE (cfr. sentenza del 4 maggio 2006, relativa alla causa C-169/04; sentenza del 19 luglio 2012 relativa alla causa C-44/11, sentenza del 13 marzo 2014, relativa alla causa C-464/12; sentenza 2 luglio 2020, relativa alla causa C-231/19; sentenza 17 giugno 2021, relativa alle cause riunite C-58/20 e C-59/20) e sono stati, altresì, richiamati i numerosi documenti di prassi, citati, altresì, dall’Istante, con i quali l’Amministrazione finanziaria, coerentemente con detti principi interpretativi, ha chiarito la portata della fattispecie di esenzione prevista per i servizi di gestione dei fondi comuni di investimento dall’art. 10, primo comma, n. 1) del D.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. ex multis, Risoluzione 20 aprile 2007, n. 75/E; Risoluzione 17 dicembre 2013, n. 97/E; Risoluzione 8 agosto 2018, n. 61/E; Risposta ad interpello n. 65 del 2019; Risposta ad interpello n. 628 del 2020; Risposta ad interpello n. 631 del 2021; Risposta ad interpello n. 527 del 2021; Risposta ad interpello n. 104 del 2022; Risposta ad interpello n. 206 del 2022).
Preme evidenziare, ad ogni buon conto, che come chiarito nella citata risposta n. 489 del 5 ottobre 2022 per beneficiare del regime di esenzione IVA di cui all’art. 10, primo comma, n. 1) del D.P.R. n. 633 del 1972, il fondo comune di investimento alternativo mobiliare di tipo chiuso, cui si riferiscono i servizi di fundraising prestati dall’Advisor nei confronti dell’Istante, deve essere equiparabile agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).
Si ribadiscono, in proposito, i chiarimenti già forniti con la citata risposta n. 628 del 2020, in base ai quali ”la CGE ha chiarito, altresì, che sono ricompresi nella nozione di fondi comuni di investimento gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (c.d. OICVM, disciplinati dalla direttiva 85/61/CEE), che hanno per oggetto esclusivo ”l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi”.
Inoltre, secondo il giudice comunitario, si qualificano come fondi comuni d’investimento quelli che, pur non costituendo OICVM, ”presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano, quindi, le stesse operazioni, o quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi” (in tal senso, cfr. sentenza 28 giugno 2007, causa C-363/05; sentenza 19 luglio 2012, C-44/11; sentenza 7 marzo 2013, C-424/11; sentenza del 13 marzo 2014, causa C-464/12 e sentenza 9 dicembre 2015, causa C-595/13).
In particolare, ai fini della comparabilità di un fondo ad un OICVM, occorre che lo stesso oltre ad essere sottoposto a ”vigilanza statale specifica” sia partecipato da più investitori che abbiano diritto ai benefici o sopportino il rischio connesso alla relativa gestione. Inoltre, il rendimento dell’investimento realizzato deve dipendere esclusivamente dai risultati della gestione del fondo medesimo (cfr. paragrafi 51 e 52 ult. sent. citata).
Alla luce degli indirizzi giurisprudenziali richiamati, si ritiene, pertanto, che i fondi di investimento alternativi (FIA) possano beneficiare del regime di esenzione, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1) del D.P.R. n. 633 del 1972, ove sussistano le condizioni declinate dalla CGE”.
Per quanto concerne l’eventuale riconducibilità dei servizi di fundraising svolti dall’Advisor nell’ambito delle prestazioni di ”mandato, mediazione ed intermediazione” in relazione alla ”operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merce” ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, primo comma, nn. 4) e 9) D.P.R. n. 633 del 1972, a proposito del contenuto in cui si sostanzia l’attività di intermediazione (rectius, negoziazione), la Corte di Giustizia (esprimendosi circa l’ipotesi di esenzione all’epoca prevista dalla Direttiva 77/388/CEE), nella sentenza C-453/05 del 21 giugno 2007, ha chiarito, in primo luogo, che ”l’attività di negoziazione è un’attività di mediazione che può consistere, fra l’altro, nell’indicare ad una parte contrattuale le occasioni per concludere un siffatto contratto, nell’entrare in contatto con l’altra parte e nel negoziare in nome e per conto del cliente i particolari delle prestazioni reciproche, poiché la finalità di tale attività è quella di fare il necessario affinché due parti concludano un contratto, senza che il negoziatore abbia un proprio interesse riguardo al contenuto del medesimo [v., in questo senso, relativamente all’art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della sesta direttiva, sentenza CSC Financial Services, cit., punto 39]” (cfr., in tal senso, anche sentenza 13 dicembre 2001, causa C-235/00). Inoltre, nella sentenza C-259/11 del 5 luglio 2012, la Corte di Giustizia ha inoltre chiarito che la nozione di ”negoziazione”, cui fa riferimento la previsione di esenzione,”… contempla un’attività fornita da un intermediario che non occupa il posto di una parte in un contratto relativo ad un prodotto finanziario e la cui attività è diversa dalle prestazioni contrattuali tipiche fornite dalle parti di siffatti contratti”, inoltre che ”l’attività di negoziazione è un servizio reso ad una parte contrattuale e remunerato da quest’ultima come distinta attività di mediazione”.
L’Amministrazione finanziaria, con diversi documenti di prassi, allineandosi ai chiarimenti resi in sede unionale, ha fornito chiarimenti in ordine alla previsione esentativa in esame (cfr. ex multis, risoluzione n. 343/E del 2008, risoluzione n. 38/E del 2018; Risposta all’interpello n. 852 del 2021; Risposta all’interpello del 26 maggio 2022 n. 299; Risposta ad interpello 14 ottobre 2022 n. 513).
Anche in questo caso, ai fini del corretto inquadramento delle operazioni oggetto di interpello, si rinvia ai suddetti chiarimenti che definiscono, sul piano interpretativo, la portata della norma di esenzione.
Tanto premesso, nel quadro dei sopra richiamati principi che presiedono l’interpretazione delle norme di esenzione, è rimessa all’Istante la valutazione circa la sussistenza in relazione ai servizi di fundraising oggetto della presente istanza dei descritti presupposti rispetto ai quali è subordinata l’applicazione delle fattispecie di esenzione di cui all’art. 10, primo comma, n. 1), n. 4) e n. 9), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, restando in ogni caso impregiudicata la facoltà di controllo, da parte dell’amministrazione, sulla corretta applicazione dei sopra richiamati principi interpretativi al caso di specie.
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