Agenzia delle Entrate – Risposta n. 398 del 1° agosto 2022

Si dichiarano interamente in successione conti correnti intestati unicamente al de cuius, stipendi maturati e quote versate come socio su libretto, seppur tra i coniugi vige il regime di comunione legale dei beni, salva la dimostrazione dei presupposti per applicare la comunione legale differita

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente

QUESITO 

L’istante rappresenta che in data 5 giugno 2021 è deceduto nel comune X Caio, coniuge in regime di comunione legale dei beni, con conseguente apertura della successione, nella quale rientrano i seguenti beni di titolarità del de cuius:

  • c/c radicato presso la banca Y;
  • stipendi maturati ed indennità per ferie e permessi non goduti non riscossi ;
  • quote versate come socio prestatore sul libretto “Z”, produttive di

Al riguardo, l’istante chiede di sapere se rientri in successione “il valore corrispondente al 50% dei beni sopra indicati“.

 

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE  

L’istante ritiene che i beni di cui sopra ricadano in successione per la metà, stanti le numerose pronunce giurisprudenziali in tal senso (cfr. fra le altre CTR Toscana sentenza n. 2482/2014; CTR Piemonte n. 263/6/14 del 31/1/2014; Commissione Tributaria Ancona n. 46/2005 confermata dalla Sentenza Cass. Civ. sez. trib. n. 4393/2011).

La stessa evidenzia, tuttavia, la presenza di un indirizzo giurisprudenziale orientato nel senso opposto, secondo il quale il saldo attivo di un conto corrente bancario intestato al de cuius andrebbe tassato per intero, atteso che la comunione legale fra i coniugi riguarderebbe solo gli acquisti, cioè gli atti implicanti il trasferimento della res, o la costituzione di diritti reali sulla medesima.

 

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 

Il regime legale dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, in mancanza di diversa convenzione stipulata ai sensi dell’articolo 162 del codice civile, è costituito dalla comunione dei beni che implica prevalentemente la contitolarità e cogestione dei beni acquistati, anche separatamente, in costanza di matrimonio e le aziende gestite da entrambi e costituite dopo le nozze.

In caso di decesso di uno dei coniugi, il matrimonio si scioglie (articolo 149 c.c.) e con esso la comunione.

Gli articoli 177 e 178 del codice civile disciplinano le ipotesi di comunione differita – c.d. “de residuo” – che include, tra l’altro:

  • i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione” (articolo 177, lettera b, del c.c.);
  • i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati” (articolo 177, lettera c, del c.).

I suddetti beni si considerano, quindi, oggetto della comunione solo se non consumati al momento dello scioglimento di questa.

Con riferimento alla disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni, l’articolo 9 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 dispone, in via generale, che l’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all’imposta ai sensi degli articoli 2, 3, 12 e 13.

Il successivo articolo 11 del medesimo d.lgs. individua determinati beni e diritti per i quali opera una presunzione di appartenenza all’attivo ereditario, tra i quali al comma 1, lettera b) sono individuati “i beni mobili e i titoli al portatore di qualsiasi specie posseduti dal defunto o depositati presso altri a suo nome“.

Il comma 2 del richiamato articolo 11 dispone poi che “Per i beni e i titoli di cui al comma 1, lettera b), depositati a nome del defunto e di altre persone, per le azioni e altri titoli cointestati e per i crediti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate“.

La norma introduce una presunzione secondo la quale, in presenza di depositi bancari e conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascun cointestatario si presumono uguali, salvo che non risultino diversamente determinate. Pertanto, nell’ipotesi in cui il deposito o il conto risultino intestati ad un solo soggetto, si considera compreso nell’attivo ereditario l’intero ammontare.

Per quanto concerne la base imponibile relativamente ai crediti compresi nell’attivo ereditario, l’articolo 18 del d.lgs. n. 346 del 1990 dispone che essa è determinata assumendo “a) per i crediti fruttiferi, il loro importo con gli interessi maturati; b) per i crediti infruttiferi con scadenza dopo almeno un anno dalla data dell’apertura della successione, il loro valore attuale calcolato al saggio legale di interesse; c) per i crediti in natura, il valore dei beni che ne sono oggetto; d) per il diritto alla liquidazione delle quote di società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice e di quelle ad esse equiparate ai fini delle imposte sui redditi, di cui all’art. 2289 del codice civile, il valore delle quote determinato a norma dell’art. 16 “.

Con riguardo alla fattispecie del conto corrente intestato al solo de cuius in regime di comunione legale del beni, nella circolare n. 53 del 6 dicembre 1989 è stato precisato che non può ritenersi facente parte della comunione legale e, conseguentemente, cadere in successione, soltanto la metà della somma depositata in conto corrente (cioè la quota corrispondente al 50% del saldo del conto corrente esistente alla data della morte del coniuge intestatario), ma l’intero importo del conto corrente.

La tesi secondo cui anche i diritti di credito derivanti da deposito bancario formerebbero oggetto della comunione legale c.d. “de residuo” – e quindi già nella titolarità al 50% del coniuge superstite iure proprio – si fonda sul presupposto che le somme di cui trattasi siano riferibili specificamente ed esclusivamente a frutti di beni personali o a proventi dell’attività separata di uno dei coniugi, che si trovino ad essere non consumati al momento dello scioglimento della comunione (per effetto del decesso del coniuge).

La stessa circolare precisa che “fino a dimostrazione contraria (la quale, peraltro, ben difficilmente potrebbe presentare i requisiti di certezza idonei) non possa superarsi l’apparenza della situazione giuridica creata con l’intestazione del deposito ad uno solo dei coniugi”.

Non appare in contrasto con tali conclusioni quanto statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4393 del 2011 relativa alla possibilità di ricondurre nella comunione ai sensi dell’articolo 177 del c.c. anche i crediti.

Al riguardo, i giudici di legittimità hanno statuito che anche il saldo attivo di un conto corrente bancario, intestato, in regime di comunione legale dei beni, soltanto ad uno dei coniugi, e nel quale siano affluiti proventi dell’attività svolta dallo stesso, deve considerarsi facente parte della comunione legale dei beni al momento del decesso dell’intestatario stesso, con la precisazione che “lo scioglimento attribuisce al coniuge superstite il diritto al riconoscimento di una contitolarità propria sulla comunione e, attesa la presunzione di parità delle quote, un diritto proprio, e non ereditario, sulla metà dei frutti e dei proventi residui, persino anche nelle ipotesi in cui essi fossero stati esclusivi del coniuge defunto”.

Si ritiene, quindi, che debba costituire oggetto di dichiarazione ai fini dell’imposta di successione l’intero importo del saldo del conto corrente intestato al de cuius, fatta salva la dimostrazione da parte del contribuente che sussistono i presupposti per applicare il regime della comunione legale differita.

Analoghe considerazioni valgono anche per il libretto “Z”.

Per quanto riguarda, infine, le somme e i valori maturati dal de cuius, ma non ancora liquidati al momento decesso (quali quelli indicati in istanza come stipendi maturati ed indennità per ferie e permessi non goduti e non riscossi dal de cuius) si ritiene che anch’essi sono da ricomprendere fra i beni caduti in successione e, come tali, da ricomprendere nell’attivo ereditario ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Per le suesposte considerazioni, tali somme potrebbero confluire nella comunione “de residuo” in quanto non consumati.

Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.