La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 30206 del 12 luglio 2013 interviene in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro affermando che in tema di malattie derivanti dall’esposizione all’amianto, è certamente vero che la responsabilità penale deve essere affermata non solo quando si sia determinata l’insorgenza della malattia ma anche quando si sia prodotto un aggravamento della medesima o una riduzione significativa del tempo di latenza.
La vicenda ha origine dal comportamento omissivo degli organi amministrativi della società che trattava amianto ed i cui dipendenti sono risultati affetti da malattie professionali connesse a tale tipologia di sostanza. L’amministratore, imputato nel procedimento penale, per colpa generica ed altresì omettendo di adottare misure di prevenzione finalizzate ad evitare le inalazioni di polveri di amianto durante l’attività lavorativa, con la quale questi era stato mandato assolto, sia dal GUP che dalla Corte di Appello, dal reato di omicidio colposo e di lesioni colpose per avere cagionato il decesso di otto dipendenti e lesioni personali colpose ad un ulteriore lavoratore, in qualità di amministratore unico della A. M. S.p.A., limitatamente al periodo compreso tra il 23 gennaio 1971 ed il 6 agosto 1971. Per i giudici di appello gli “elementi probatori acquisiti, a suo avviso, non consentono di affermare che l’esposizione a sostanze nocive durante il periodo in cui l’imputato aveva assunto una posizione apicale all’interno della società A. M. abbia avuto una concreta Incidenza causale sul verificarsi degli eventi lesivi oggetto di contestazione e ciò in ragione della natura delle patologie, della brevità del lasso temporale durante il quale il C. aveva assunto la posizione di garanzia rispetto all’Intero periodo di latenza della malattia, nonché in considerazione della significativa contrazione delle ore lavorative verificatasi in tale periodo.(Sez. 4, n. 40802 del 18/09/2008 – dep. 31/10/2008, Sez. 4, n. 43645 del 11/10/2011 – dep, 24/11/2011)”
Gli Ermellini hanno ritenuto corretta la motivazioni della Corte di appello in merito alla responsabilità dell’amministratore affermando che “ove dovesse essere inteso come volto ad affermare l’esistenza di una equazione secondo la quale la dimostrazione della condotta trasgressiva della regola prevenzionistica è sufficiente a far concludere per l’esistenza dei nesso causale esso risulterebbe egualmente manifestamente infondato, stante la ormai cospicua giurisprudenza di legittimità per la quale, nei reati colposi di evento, l’accertata violazione di una specifica norma di legge non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il comportamento inosservante e l’evento dannoso. “
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