La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27127 del 4 dicembre 2013 intervenendo in materia di infortunio sul lavoro ha statuito la piena responsabilità del datore di lavoro per l’incidente occorso al dipendente, addetto ad un’attività pericolosa, che si è servito di una scala non sicura, nonostante la presenza di un’altra scala più adeguata in magazzino. Infatti, il datore rimane l’unico responsabile del mantenimento in uso di strumenti di lavoro non conformi alle disposizioni antinfortunistiche. Inoltre ha chiarito che sussiste il concorso di colpa dell’infortunato, soltanto qualora la sua condotta assuma i caratteri dell’abnormità e dell’atipicità rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute. Pertanto, spetta al datore il dovere di proteggere l’incolumità del lavoratore, nonostante la sua imprudenza o negligenza.
La vicenda ha riguardato un lavoratore che nell’eseguire la sostituzione della lampada di emergenza di un mezzo compattatore, avvalendosi di una scala normale, non dotata di dispositivi antiscivolo ed inidonea all’uso, cadeva dall’altezza di circa 3,5 metri riportando gravi lesioni.
Il lavoratore citava in giudizio la società datrice di lavoro e la committente per il risarcimento del danno subito. Il Tribunale adito condannava al pagamento, in solido, a favore del ricorrente di una somma di denaro, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale conseguente ad un infortunio sul lavoro.
Le due società impugnavano la pronuncia del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello che, però, confermava la sentenza di primo grado ritenendo che fosse responsabile dell’infortunio la società datrice di lavor, e che esso fosse stato determinato anche dal concorso di colpa del lavoratore, il quale, pur essendo un operaio esperto, non aveva fatto uso di altra scala più sicura presente nel magazzino.
Il lavoratore, per il tramite del suo difensore, per la cassazione della decisione dei giudici di appello propone ricorso, basato su quattro motivi dei censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del dipendente affermando, in merito al primo motivo, il principio giurisprudenziale secondo cui “le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso; ne consegue che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore; con l’ulteriore conseguenza che l’imprenditore è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (cfr., ex plurimis, Cass. 5493/06; Cass. 9689/09; Cass. 19494/09; Cass. 4656/11).”
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