La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17676 del 19 luglio 2013 intervenendo in materia di Elusione fiscale ha stabilito che l’Amministrazione finanziaria non può negare il rimborso dell`Iva, contestando un`elusione fiscale, alle società di comodo che non sono operative perché in crisi finanziaria, in liquidazione o per altri eventi straordinari (come per esempio cause giudiziarie in corso).
Gli eventi straordinari ed imprevedibili nella vita dell’impresa, che possono ridurre fortemente l’attività, costituiscono un valido motivo per disapplicare la norma antielusiva sulle società di comodo, per cui l’Amministrazione finanziaria non può contestare l’elusione fiscale negando il rimborso dell’Iva.
La vicenda ha riguardato una società che aveva chiesto il rimborso dell’Iva pur non essendo operativa. L’Agenzia delle Entate aveva respinto l’istanza contestando all’impresa un’elusione fiscale. Contro il rifiuto dell’Amministrazione la società ha depositato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici hanno accolto le doglianze del ricorrente.
Avverso la decisione dei giudici di prime cure l’Agenzia delle Entrate ha depositato il ricorso alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello hanno confermato la sentenza di primo grado.
L’Amministrazione finanziaria rivoltasi alla Corte di Cassazione avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale è risultata soccombente. Infatti la Cassazione, respingendo il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ha reso definitiva la decisione a favore del contribuente.
La società aveva illustrato e spiegato, prima all’ufficio delle imposte e poi ai giudici, che il mancato conseguimento dei ricavi e l’impossibilità di conseguirli costituiva l’effetto di eventi straordinari e imprevedibili che giustificavano la non applicabilità delle disposizioni derogatorie speciali.
La linea della difesa della contribuente è stata ritenuta fondata dai giudici di legittimità che hanno spiegato che in tema di Iva e in ipotesi di istanza di rimborso della imposta versata in eccedenza, le disposizioni antielusive che fanno divieto di effettuare rimborsi a società non operative non si applicano, secondo quanto previsto dall’art. 30, co. 1, della l. n. 724/94 (sostituito dall’art. 3, co. 37, della 1. n. 662/96), «ai soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività».
Tali soggetti, peraltro, non sono soltanto le società poste in liquidazione, poiché il legislatore, usando la anzidetta ampia espressione, non ha evidentemente inteso restringere l’eccezione ivi prevista al solo caso della liquidazione dell’ente.
Nel caso di specie esaminato dalla Suprema Corte, la società aveva esposto fin dal giudizio di merito, una serie di fatti e di circostanze (controversie giudiziarie con i venditori di alcuni immobili acquistati nel corso dell’attività sociale, dichiarazione di fallimento di taluni venditori e conseguenti azioni revocatorie delle relative procedure, liquidazione volontaria dell’azienda e successiva revoca della stessa), certamente idonee a evidenziare la sussistenza di un periodo di attività fortemente limitata e ridotta, per fatti straordinari e imprevedibili. Da ciò deriva che le disposizioni antielusive non possono considerarsi applicabili nella fattispecie.
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