FONDAZIONE STUDI C.D.L. – Circolare 29 maggio 2013, n. 6
Società tra professionisti
Introduzione
Le Società tra Professionisti, introdotte dalla legge 183/2011, sono una delle novità di rilievo nel panorama dei recenti provvedimenti in materia di ordinamenti professionali. Il dibattito in materia è fiorente ma, al di là dei chiarimenti e delle istruzioni operative tempestivamente fornite dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, restano numerosi dubbi interpretativi su diversi istituti novellati dalla citata normativa. La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con la presente circolare vuole dare il proprio apporto scientifico al dibattito, confidando di poter chiarire alcune delle criticità insorte. Le STP possono essere un utile strumento di esercizio delle libere attività ordinistiche, a disposizione di giovani e non, e quindi possono essere un’opportunità da utilizzare, a condizione che non siano considerate veicolo tramite il quale trovare scorciatoie al lecito esercizio della professione. E perché ciò non avvenga é necessaria la stretta vigilanza dei Consigli Provinciali e la massima chiarezza normativa, alla quale diamo il nostro contributo con il presente documento.
La STP e la legge n. 183/2011
La definitiva versione dell’art. 10, della legge n. 183/2011, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” , a seguito delle ultime modifiche apportate dalla legge di conversione del d.l. n. 1/2012, delinea i caratteri generali e gli elementi essenziali dell’atto costitutivo della STP.
Questa disposizione, infatti, prevede che: “È consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre.
Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:
a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
b) l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento. In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi;
c) criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente;
c-bis) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale;
d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società tra professionisti.
La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti.
I professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta. Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate.
La società tra professionisti può essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali.
Restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.
La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata”.
La normativa è stata completata con il Decreto del Ministero della Giustizia n. 34 dell’8 febbraio 2013 recante il “Regolamento in materia di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, ai sensi dell’articolo 10, comma 10, della legge 12 novembre 2011 n. 183” ( di seguito Decreto n. 34/2013).
Alla luce dei provvedimenti in esame emerge con chiarezza che tutti i tipi societari regolati nel codice civile possono essere impiegati per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico.
Occorre evidenziare, a tal riguardo, che sia la legge istitutiva (art. 10, comma 3), sia il regolamento di attuazione (artt. 1 e 2) prevedono che la nuova disciplina sia applicabile solo con riferimento a società tra professionisti appartenenti a professioni regolamentate, precludendone, pertanto, qualsiasi uso da parte di quanti non presentino i requisiti tassativamente stabiliti dalla legge n. 183/2011 e dal relativo regolamento di attuazione.
Tali società, inoltre, pur potendo presentare una compagine mista (caratterizzata da soci iscritti all’albo e da soci non professionisti solo per prestazioni tecniche o per finalità di investimento) per assumere la qualifica di STP devono necessariamente soddisfare le seguenti condizioni:
a) che l’oggetto sociale coincida con l’esercizio in via esclusiva di una o più attività professionali per le quali sia richiesta l’iscrizione in albi o elenchi regolamentati nel sistema ordinistico da parte dei soci (art. 10, comma 4, l.n. 183/2011 e art. 1, lett.a, Decreto n. 34/2013). Tale oggetto, allora, deve essere esclusivo;
b) che in ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; nelle società cooperative i soci non possano essere inferiori a tre;
c) che il venir meno della condizione precedente costituisce causa di scioglimento della società, se nel termine perentorio di sei mesi non sia ristabilita la prevalenza dei soci professionisti rispetto a quelli che tali non sono (al ricorrere di tale ipotesi, il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta deve procedere alla cancellazione della STP dall’albo);
d) criteri e modalità per il conferimento e l’esecuzione dell’incarico in ossequio a quanto stabilito dagli artt. 3, 4 e 5 del Decreto n. 34/2013;
e) modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dall’albo professionale in cui risulta iscritto con provvedimento definitivo. Tale soggetto non può assumere la qualifica di socio investitore in nessuna altra STP in forza di quanto disposto dall’art. 6, comma 3, lett.c) Decreto n. 34/2013;
f) la stipula di una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti da responsabilità civile per i danni causati alla clientela dai singoli soci professionisti nell’esercizio della attività professionale;
g) una denominazione sociale (o ragione sociale, come peraltro specificato dall’art. 9 del Decreto n. 34/2013) che, in qualunque modo formata, contenga l’indicazione di società tra professionisti;
h) criteri di incompatibilità con la partecipazione ad altra società tra professionisti. In proposito, l’art. 6 del Decreto n. 34/2013 disciplina dettagliatamente sia l’incompatibilità del socio professionista, sia quella del socio per finalità di investimento;
i) l’osservanza da parte dei soci professionisti del codice deontologico dell’ordine di appartenenza e da parte della STP della deontologia dell’ordine a cui risulta iscritta, tenendo in considerazione le previsioni dettate dall’art. 8 e dall’art. 12 del Decreto n. 34/2013;
l) che il socio professionista possa opporre agli altri soci il segreto professionale per le attività a lui affidate.
La legge n. 183/2011 e il Decreto n. 34/2013 stabiliscono due ulteriori principi.
Si consente la costituzione di STP multidisciplinari per l’esercizio di più attività professionali. Tale previsione ha comportato la necessità di definire in ambito regolamentare gli aspetti relativi all’iscrizione e al regime disciplinare della società multidisciplinare (art. 8 e art. 12 del Decreto n. 34/2013).
Sono fatte salve, infine, le associazioni professionali e i diversi modelli societari che fossero già vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 183/2011, pur essendo abrogata la legge n. 1815/1939 (art. 10, comma 9 e comma 11). Detto principio è stato ribadito nel Decreto n. 34/2013 (art. 2, comma 2).
Le società multidisciplinari
L’art. 10, comma 8, della legge n. 183/2011 consente la costituzione di società c.d. multidisciplinari, intendendosi come tali quelle costituite per l’esercizio di più attività professionali.
E’ dunque consentita la costituzione di STP tra soci professionisti che risultino iscritti in differenti albi od elenchi di professioni regolamentate, nei limiti della compatibilità con i singoli ordinamenti professionali.
Con specifico riferimento alle società tra avvocati è utile, tuttavia, segnalare che l’art. 5 della legge n. 247/2012, recante la “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” stabilisce che l’esercizio in forma societaria della professione forense è consentito esclusivamente a società i cui soci siano avvocati iscritti all’albo (tali società non possono ancora essere costituite in assenza del decreto delegato a cui rinvia l’art. 5 della legge n. 247 del 2012). Ne consegue che la professione forense non può essere esercitata da una società tra professionisti c.d. multidisciplinare, nella quale, cioè, siano presenti anche soci non avvocati.
Il Decreto n. 34/2013, con riferimento alle società multidisciplinari, precisa che:
– é consentita la costituzione di società tra professionisti multidisciplinari, vale a dire società costituite per l’esercizio di più attività professionali tra quelle regolamentate nel sistema ordinistico (art. 1, comma primo, lett. b);
– la società multidisciplinare è iscritta presso l’albo o il registro dell’ordine o collegio professionale relativo all’attività individuata come prevalente nell’atto costitutivo o nello statuto (art. 8, comma 2);
– nel caso di illecito disciplinare commesso da un socio iscritto ad albo differente da quello in cui risulti iscritta la società ma riconducibile a direttive impartite al socio da quest’ultima, emerge una responsabilità concorrente del primo con la seconda (art. 12, comma 2).
Alla luce di tali indicazioni, si può concludere che la costituzione di società multidisciplinari sia consentita esclusivamente tra professionisti appartenenti a professioni regolamentate e dunque preclusa a prestatori d’opera intellettuale non iscritti in albi. Allo stesso modo, sembra esclusa la possibilità di costituire società multidisciplinari con appartenenti a professioni regolamentate fuori dall’ambito di applicazione della normativa in esame.
Con riferimento all’esecuzione dell’incarico affidato ad una STP multidisciplinare, inoltre, le dettagliate previsioni contenute negli artt. 3-5 del Decreto n. 34/2013, sembrano avvalorare la tesi che gli incarichi commissionati alla società c.d. multidisciplinare debbano essere svolti solo dai soci che siano in possesso dei requisiti professionali necessari per l’esercizio della prestazione, secondo quanto indicato nell’atto costitutivo.
L’aspetto maggiormente problematico è rappresentato da quanto previsto in punto di iscrizione nella sezione dell’albo contemplata nell’art. 8, comma 2, del Decreto n. 34/2013.
Come sopra evidenziato, la STP multidisciplinare è iscritta presso la sezione speciale dell’albo o del registro dell’ordine o del collegio professionale relativo all’attività individuata come prevalente nell’atto costitutivo o nello statuto.
Le difficoltà che nella pratica si potrebbero riscontrare al momento di effettuare la scelta dell’attività da indicare come prevalente nell’atto costitutivo, in assenza di specifiche indicazioni circa eventuali criteri da impiegare, consentono di suggerire un’ulteriore opzione, vale a dire di non indicare in sede di costituzione alcuna attività come prevalente.
La stessa relazione illustrativa dello schema di regolamento, precisa che i professionisti della STP possono non connotare un’attività in misura prevalente così da consentire l’iscrizione della società nelle sezioni speciali dei differenti albi o registri in cui tutti i professionisti che ne siano soci risultino iscritti.
Tale soluzione è sicuramente da preferire anche alla luce del particolare regime disciplinare declinato nell’art. 12 del Decreto n. 34/2913.
L’iscrizione
La legge n. 183/2011 tace in merito agli adempimenti pubblicitari delle STP e non contiene disposizioni attinenti alle modalità di iscrizione nell’albo professionale, pur menzionando l’obbligo di iscrizione presso l’ordine professionale (art. 10, commi 4 e 7).
Il Decreto n.34/2013 colma il vuoto con l’art. 7 “Iscrizione nel registro delle imprese” e gli artt. 8 e ss. inerenti all’iscrizione all’albo.
Ne deriva che la STP è tenuta ad iscriversi:
a) nella sezione speciale istituita presso il registro delle imprese ai sensi dell’art. 16, comma secondo, d.lgs. n. 96/2001 (quella destinata alle società tra avvocati) con funzione di pubblicità – notizia al fine di verificare l’esistenza di cause di incompatibilità;
b) nella sezione speciale dell’albo o del registro tenuto presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti e per la c.d. società multidisciplinare, nei limiti di quanto appena sostenuto, nella sezione speciale dell’albo o del registro relativo all’attività individuata come prevalente.
Con riferimento all’iscrizione nell’albo professionale e al relativo procedimento , si rinvia alla Circolare n. 1092 del 22 aprile 2013 del nostro Consiglio Nazionale.
Tutto ciò mette in evidenza l’importante ruolo che dovrà essere svolto dai Consigli dell’Ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società. Occorre evidenziare, infatti che l’art. 9 del Decreto n. 34/2013 precisa che l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo avviene “verificata l’osservanza delle disposizioni contenute nel presente regolamento”.
Si ritiene, allora, che la detta verifica sarà esclusivamente incentrata sulla produzione di una dichiarazione sostitutiva che i soci dovranno rendere in sede di costituzione ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 e, se del caso, riproporre a corredo della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 8 ai fini dell’iscrizione nell’albo. (Circolare Cno n. 1092/2013 già citata).
L’incarico professionale
Al fine di rispettare il principio della personalità dell’esecuzione dell’attività professionale, l’art. 10, comma 4, della legge n. 183/2011 e gli artt. 3-5 del Decreto n. 34/2013 contengono specifiche previsioni volte a garantire che l’incarico, pur conferito alla STP, sia però eseguito esclusivamente dai soci professionisti in possesso delle opportune competenze contemplate negli ordinamenti professionali.
A tal fine si prevedono a carico della STP obblighi di informazione per consentire al cliente la scelta del socio professionista (o dei soci professionisti).
Va messo in luce che sia l’adempimento degli obblighi di informazione, sia il nominativo del professionista o dei professionisti eventualmente indicati dal cliente deve risultare da atto scritto e la prova dell’adempimento è a carico della STP.
Il regime disciplinare
Come accennato, la legge n. 183/2011 assoggetta i professionisti e la STP alle norme deontologiche e al regime disciplinare dell’ordine al quale risultino iscritti (art. 10, comma 7). Su tali aspetti, l’art. 12 del Decreto n. 34/2013 interviene precisando che:
– il socio professionista è soggetto alle regole deontologiche dell’ordine o del collegio a cui sia iscritto;
– la STP risponde delle violazioni delle regole deontologiche dell’ordine a cui risulti iscritta, ferma restando la responsabilità del socio professionista;
– la responsabilità disciplinare della società concorre con quella del socio, anche iscritto ad un ordine o ad un collegio diverso da quello della società, nel caso in cui l’illecito disciplinare compiuto dal socio sia direttamente riconducibile a direttive impartite dalla STP medesima.
Tale ultima previsione trova applicazione, come specificato nel Decreto n. 34/2013 e nella relazione illustrativa, anche nel caso di STP multidisciplinare. Tale società, pertanto si potrebbe trovare a rispondere per violazioni deontologiche “esterne alla STP”.
La scarsa chiarezza di tale ultima disposizione e le anomalie che potrebbero sorgere in sede disciplinare rendono auspicabile di non evidenziare nell’atto costitutivo la prevalenza di un’attività professionale rispetto alle altre. Con conseguente iscrizione della STP a tutti gli Albi di appartenenza dei diversi professionisti-soci iscritti. Il realizzarsi di questa condizione darà certezza in materia disciplinare .
Le associazioni professionali
La legge n. 183/2011 pur prevedendo l’abrogazione della legge n.1815/1939 e successive modificazioni (art. 10, comma 11), fa ” salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge” (art. 10, comma 9).
Restano in vigore e inalterate le discipline speciali relative ai tipi societari già esistenti, quali ad esempio società di avvocati (fino a quando non verrà esercitata la delega di cui all’art. 5 della legge n. 247/2012, come accennato), società di ingegneria e società di revisione, e, al contempo, resta consentito all’autonomia delle parti procedere alla costituzione di associazioni professionali riconducibili allo schema di cui all’art. 36 e ss. c.c..
A tal proposito, va detto che la legge n. 1815/1939 vietava l’esercizio della professione in forma societaria (art. 2) e consentiva, a determinate condizioni, l’esercizio della professione in forma associata (art. 1). In particolare l’art. 1 conteneva disposizioni volte a:
– imporre ai professionisti iscritti ad albi, nei casi di associazione professionale, l’impiego della dizione «studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario», seguito dal nome e cognome, coi titoli professionali, dei singoli associati;
– imporre ai professionisti iscritti ad albi la costituzione di associazioni solo ed esclusivamente con altri soggetti iscritti allo stesso albo.
In definitiva, vietata la costituzione di società tra professionisti, chi, iscritto all’albo, avesse avuto intenzione di costituire un’associazione tra professionisti, lo avrebbe dovuto fare nel rispetto dei criteri sopra indicati.
L’assetto della legge n. 1815/1939 è stato oggetto di molteplici e successivi interventi che hanno comportato:
– l’abrogazione dell’art. 2 e dunque del divieto di costituire società tra professionisti (abrogazione effettuata dalla legge n. 266/1997);
– l’ammissibilità nell’ordinamento di associazioni tra professionisti che forniscano servizi interdisciplinari (art. 2 D.L. n. 223/2006).
Pertanto, l’abrogazione di quanto restava dell’originaria legge n. 1815/1939 da parte della recente legge n. 183/2011 ha determinato unicamente l’eliminazione di quei requisiti formali previsti per la costituzione di associazioni tra professionisti iscritti ad albi e contemplati nel menzionato art. 1 della legge n. 1815/1939, armonizzando, in tal modo, la disciplina dell’associazione professionale con quella della nuova STP sotto il profilo dei requisiti soggettivi dei professionisti associati/ soci.
In altri termini, l’ <<apertura>> delle società di professionisti a soggetti “terzi” – che professionisti non sono – ha imposto l’abrogazione di qualsiasi norma che subordinasse l’esercizio delle professioni regolamentate a “vincoli” ulteriori rispetto a quello dell’iscrizione all’albo.
Ne consegue che le modifiche apportate dalla legge n.183/2011 incidono solo in parte sul regime giuridico delle associazioni professionali ma non ne vietano la costituzione.
Del pari è consentita l’associazione tra professionisti iscritti ad albi differenti, in virtù di quanto previsto dal d.l. n. 223/2006 e nei limiti di compatibilità con i singoli ordinamenti professionali.
Il trattamento fiscale
La STP sembra essere assimilabile allo studio individuale o alla associazione professionale, con qualificazione del reddito come autonomo ai sensi dell’art. 53 del TUIR anche in presenza di STP di capitali. Tale classificazione comporterebbe l’esclusione dal campo di applicazione dell’Ires e l’imputazione per trasparenza ai soci, compresi quelli non professionisti. La STP, al pari degli studi professionali, dovrebbe essere soggetta al versamento dell’Irap.
Sotto il profilo previdenziale, ciò comporterebbe l’assoggettabilità dei compensi a ritenuta d’acconto del 20% con applicazione in fattura del contributo integrativo (pari al 4% e a carico del cliente) che verrebbe incassato e direttamente versato alla cassa di previdenza di categoria.
L’indebitamento e la crisi della STP
La legge n. 183/2011 tace su alcuni aspetti di grande rilievo. Il nodo dell’assoggettabilità a fallimento della società non è stato risolto, anzi, più correttamente, non è stato affrontato dal legislatore.
Ciò impone all’interprete di muoversi con estrema cautela. La circostanza che, attualmente, anche l’imprenditore agricolo può accedere all’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis l.f. , poi, costringe a differenziare nettamente la STP finanche dall’impresa agricola alla quale, in ragione del regime di iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, potrebbe essere accostata.
A tal riguardo, infatti, va messo in luce che secondo la giurisprudenza la procedura per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione non esclude la possibilità per una differente e autonoma dichiarazione di fallimento.
Sembra maggiormente appropriato sostenere, allora, che la società tra professionisti non essendo impresa commerciale (si veda quanto detto sopra in relazione ad oggetto sociale), possa accedere al nuovo istituto della composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012 modificata dal d.l. n. 179/2012 e relativa alla sistemazione delle crisi derivanti da situazioni di sovra indebitamento non soggette né assoggettabili a differenti procedure concorsuali.
La soluzione prospettata sembra trovare conforto anche nelle recenti indicazioni fornite dalla Agenzia delle Entrate che, ai fini fiscali, hanno assimilato la STP allo studio professionale.
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