Agenzia delle Entrate – Risposta n. 296 del 25 maggio 2022
Art. 28 d.lgs. n. 346 del 1990 soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione di successione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
L’avvocato istante, nominato custode ex articolo 670 c.p.c. in sequestro giudiziario, con ordinanza del xxxx, espone che in data yyyy, decedeva la de cuius , lasciando testamento pubblico (datato zzzz), nel quale nominava erede universale il proprio fratello e, per il caso di commorienza, per un 1/2 ciascuna, le signore Tizia e Caia. Testualmente: “Per il caso che in relazione alla mia persona e alla persona del predetto fratello … si configuri la situazione giuridica della commorienza, nomino eredi universali del mio patrimonio, per un mezzo di ciascuna (1/2), le signore…“. Queste ultime accettavano, con beneficio di inventario, l’eredità con atto del XXX.
Considerato che il fratello della defunta, primo chiamato all’eredità ai sensi del citato testamento, era premorto e che non si verificava la situazione di “commorienza” prevista nel testamento, la signora Sempronia accettava l’eredità, quale erede legittima di quinto grado.
La signora Sempronia adiva, quindi, il Tribunale per accertare e dichiarare la sua qualità di unica erede ex lege della defunta e, in via cautelare, otteneva il sequestro giudiziario ex articolo 670 c.p.c. dell’intero patrimonio ereditario, come da ordinanza del xxxx.
Il patrimonio ereditario si compone di immobili di notevole valore e pregio, beni mobili, quote di società, rapporti bancari e finanziari, oltre ad altri depositi minori presso vari istituti di credito.
Ciò posto, l’avvocato istante, gravato dell’amministrazione dell’ingente patrimonio fino a quando l’Autorità giudiziaria non avrà individuato l’effettivo titolare, si trova ad affrontare la problematica della presentazione della dichiarazione di successione della suddetta defunta.
Al riguardo, per non incorrere nelle sanzioni gravose, considerata l’entità del patrimonio ereditario, l’istante chiede:
- se sia legittimato a presentare la dichiarazione di successione nella fattispecie in esame;
- se possa presentare la dichiarazione di successione entro il termine di 12 mesi dalla propria nomina di custode giudiziario, qualora sia ritenuta valida l’analogia con la disciplina prevista per l’eredità giacente (ex articolo 31, comma 2, lett. a, d.lgs. 346 del 1990);
- se le imposte di successione, ipotecarie e catastali da lui versate possano essere scomputate dalle imposte dovute dagli eredi, quando, una volta accertati gli aventi diritto all’eredità, verrà presentata la dichiarazione rettificativa con l’indicazione degli eredi effettivi, ovvero se le imposte dovranno essere da questi ultimi nuovamente pagate, con diritto al rimborso di quanto già corrisposto dal custode giudiziario.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Al riguardo, l’avvocato istante osserva quanto segue: sia i chiamati testamentari (Tizia e Caia), sia il chiamato per legge (Sempronia) hanno accettato espressamente l’eredità; le chiamate all’eredità, delle parti in giudizio, risultano dunque conflittuali, ne consegue che l’accertamento giudiziario della legittimità dell’accettazione dell’eredità dell’una escluderebbe la legittimità dell’altra.
Pertanto, l’istante ritiene che non vi sia, allo stato attuale, possibilità che siano i chiamati a presentare la dichiarazione di successione. È, dunque, opinione dell’istante che la dichiarazione di successione debba essere presentata dal custode giudiziario “previo rilascio da parte dell’Agenzia delle Entrate di apposito codice fiscale della procedura”.
L’istante osserva che al riguardo non v’è normativa, né pareri dell’Agenzia delle entrate. Tuttavia, l’istante, a sostegno della propria tesi, richiama le risposte nn. 496 e 276 del 2021, in merito agli adempimenti fiscali, ai fini delle imposte dirette, dell’Amministratore giudiziario ex d.lgs. n. 159 del 2011 (in materia di sequestro antimafia), nonché la risoluzione del 27 marzo 2007, n. 62/E, ove si evince l’analogia fra la custodia giudiziaria (ex articolo 670 c.p.c.) e l’eredità giacente (ex articolo 187 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917).
Pertanto, l’avvocato istante ritiene che la fattispecie in esame, costituita da un patrimonio soggetto a sequestro giudiziario ex articolo 670 c.p.c., sia analoga a quella dei beni sottoposti a sequestro antimafia disciplinato dal d.lgs. n. 159 del 2011, nonché a quella dell’eredità giacente disciplinata dall’articolo 187 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n, 917 (TUIR). Ciò, in quanto nelle tre fattispecie vi è analoga incertezza sul futuro intestatario del patrimonio oggetto di procedura.
Ne consegue, a parere dell’istante, che il custode giudiziario appare legittimato a presentare la dichiarazione di successione, così come lo è il curatore dell’eredità giacente ex articolo 28, comma 2, del citato TUS.
Ove ritenuta valida la suddetta analogia, l’istante riterrebbe applicabile quale termine di presentazione della dichiarazione di successione il termine di dodici mesi a partire dal decreto di nomina di custode giudiziario.
Infine, l’istante non propone alcuna soluzione in relazione alla questione concernente lo scomputo dalle imposte dovute dagli eredi delle imposte di successione, ipotecaria e catastale da lui versate, ovvero del rimborso delle medesime qualora si proceda ad un nuovo pagamento da parte degli eredi.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare, si rammenta che l’imposta di successione e donazione è stata reintrodotta dall’articolo 2, comma 47 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, con rimodulazione di aliquote e franchigie di esenzione in base al rapporto di coniugio, parentela o affinità tra defunto ed erede. Si applicano, in quanto compatibili, le norme previste dal decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni“, di seguito TUS).
In relazione al quesito n. 1), concernente il soggetto obbligato alla presentazione dalla dichiarazione di successione, si richiama quanto disposto dall’articolo 28 (” Dichiarazione della successione“) del citato decreto legislativo, secondo cui:
«1. La dichiarazione della successione deve essere presentata all’ufficio del registro competente, che ne rilascia ricevuta (…).
2. Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all’eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali; gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente; gli amministratori dell’eredità e i curatori delle eredità giacenti; gli esecutori testamentari (…).
5. I chiamati all’eredità e i legatari sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell’art. 31, hanno rinunziato all’eredità o al legato o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell’eredità a norma dell’art. 528, primo comma, del codice civile, e ne hanno informato per raccomandata l’ufficio del registro, allegando copia autentica della dichiarazione di rinunzia all’eredità o copia dell’istanza di nomina autenticata dal cancelliere della pretura (…)».
Come chiarito con la circolare del 15 marzo 1991, n. 17 (parte VI), il comma 2 del citato articolo 28 elenca i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione di successione e, in coerenza con quanto riportato all’articolo 7, comma 4, indica come presupposto dell’obbligo di presentare la dichiarazione, non la qualità di erede accettante l’eredità, bensì quella di chiamato all’eredità.
Ai sensi del comma 4, dell’articolo 7 del TUS, inoltre, «Fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato».
Al riguardo, si richiama la recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. V, del 12 aprile 2022, n. 11832, che afferma «3.(…) Secondo la corretta applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 346 del 1990, in tema di imposta di successione, il presupposto dell’imposizione tributaria va individuato nella chiamata all’eredità e non già nell’accettazione; tale individuazione resta tuttavia condizionata al fatto che il chiamato acquisti poi effettivamente la qualità di erede, per cui l’imposta va determinata considerando come eredi i chiamati che non provino di aver rinunciato all’eredità o di non avere titolo di erede legittimo o testamentario. Sebbene ai fini della legittimazione passiva di tale imposta sia sufficiente essere chiamati all’eredità, l’efficacia retroattiva della rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno con effetto retroattivo anche della legittimazione passiva. Sarebbe infatti contrario all’art. 53 Cost. assoggettare ad imposta un soggetto rispetto al quale il presupposto impositivo, rappresentato dalla trasmissione di beni mortis causa, non sia addirittura mai sorto per effetto della rinuncia. 3.1 Tanto è confermato dal fatto che per effetto della rinuncia sono destinati a venir meno sia la responsabilità solidale dei chiamati all’eredità, di cui all’art.36, comma 3, del d.lgs. n.346 del 1990, sia l’obbligo della dichiarazione di successione, incombente sui chiamati ma solo fino al momento della loro rinuncia ex art.28, comma 5, dello stesso decreto.».
Dunque, l’obbligo della presentazione della dichiarazione di successione incombe sui soggetti chiamati all’eredità, almeno fino al momento della loro rinuncia ex articolo 28, comma 5, del TUS.
Al di fuori delle ipotesi di rinuncia o di nomina di un curatore dell’eredità, l’esistenza dei soggetti chiamati all’eredità, alla luce di quanto sopra evidenziato, comporta per gli stessi l’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione, a prescindere dalla loro qualità di erede, testamentario o legittimo.
Nella fattispecie in esame, quindi, a prescindere dal tipo di delazione, testamentaria o legittima, in corso di accertamento in sede giudiziale, i soggetti indicati dall’istante sono solidalmente obbligati a presentare la dichiarazione di successione ai fini dell’assolvimento dell’imposta di successione. L’imposta di successione viene liquidata dall’ufficio dell’Agenzia delle entrate, sulla base della presentazione della dichiarazione di successione.
Diversamente, non si ritiene che la fattispecie in esame, sebbene caratterizzata dalla presenza del sequestro giudiziario del patrimonio ereditario e dalla nomina del relativo custode, possa ritenersi analoga a quella dell’istituto della “eredità giacente“, come propone l’istante.
In proposito, si fa presente che ricorre l’istituto della “eredità giacente” in presenza dei seguenti presupposti:
- che la possibilità di accettare l’eredità non sia venuta meno;
- che non ci sia possesso dei beni ereditari;
- che sia stato nominato un curatore dell’eredità.
Come dispone il codice civile all’articolo 528 «Quando il chiamato non ha accettato l’eredità e non è nel possesso di beni ereditari, il tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio, nomina un curatore dell’eredità». Ai sensi del successivo articolo 532 c.c. «Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l’eredità è stata accettata». Dunque, il curatore ha il compito di amministrare il patrimonio ereditario fino a quando l’eredità non venga accettata.
Pertanto, appurato che i soggetti obbligati ad assolvere all’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione sono i chiamati all’eredità, si ritengono applicabili, alla fattispecie in esame, le norme ordinariamente vigenti in materia di successione. Si rammentano, in particolare, gli articoli 28 e 31 del citato TUS, concernenti le modalità e i termini di presentazione della dichiarazione.
In particolare, ai sensi dell’articolo 28 del TUS, «4. Se più soggetti sono obbligati alla stessa dichiarazione questa non si considera omessa se presentata da uno solo (…). 6. Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all’art. 13, comma 4, e dall’erogazione di rimborsi fiscali che dà luogo a mutamento della devoluzione dell’eredità o del legato ovvero ad applicazione dell’imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa. Si applicano le disposizioni dei commi 1, 3 e 8».
Il successivo articolo 31 dispone che la dichiarazione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione.
Quanto all’obbligo di versamento dell’imposta, l’articolo 36 (“Soggetti obbligati al pagamento dell’imposta“) del TUS dispone che «1. Gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari. 2. Il coerede che ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario è obbligato solidalmente al pagamento, a norma del comma 1, nel limite del valore della propria quota ereditaria. 3. Fino a quando l’eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti. (…).»
Con riferimento all’ulteriore quesito concernente gli obblighi di pagamento da parte degli eredi, si rappresenta che qualora all’esito del giudizio in corso risultino eredi soggetti diversi da coloro che abbiano provveduto alla presentazione della dichiarazione di successione, in veste di chiamati all’eredità, e al versamento della relativa imposta, è possibile richiedere il rimborso, dell’imposta illegittimamente pagata, “unitamente agli interessi, alle soprattasse e pene pecuniarie eventualmente pagati“, ai sensi articolo 42, comma 1, lett. e) del TUS.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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