AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta n. 570 del 23 novembre 2022
Spese di precetto, monitorio ed esecuzione liquidate nell’ambito di un procedimento pignoratizio applicabilità della ritenuta d’acconto di cui all’articolo 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante, in qualità di sostituto di imposta, rappresenta di rivestire la figura di terzo erogatore in un procedimento di pignoramento promosso nei confronti di una sua ex dipendente e di dover quindi liquidare al creditore pignoratizio delle somme assegnate a titolo di sorte capitale, spese di precetto e spese di esecuzione.
L’Istante fa presente che il creditore pignoratizio svolge l’attività professionale di avvocato e che lo stesso, nel richiedere le predette somme, ha trasmesso un prospetto dal quale risulta, tra l’altro, che:
1. «sulle spese di monitorio, precetto ed esecuzione per un totale di euro (…), ha applicato il 15% di rimborso forfetario sulle spese, ha calcolato il contributo del 4% alla cassa avvocati, ha applicato l’IVA del 22%, ma non la ritenuta fiscale d’acconto del 20%»;
2. «sull’onorario dovuto perl’atto di intervento di euro (…) ha applicato il 15% di rimborso forfetario sulle spese, ha calcolato il contributo del 4% alla cassa avvocati, ha applicato l’IVA del 22% e ha applicato anche la ritenuta fiscale d’acconto del 20%».
Il creditore pignoratizio, anche a seguito di una espressa richiesta di chiarimenti da parte dell’Istante, non ha precisato il motivo per cui sulle somme assegnate a titolo di precetto (comprese quelle di monitorio) e di esecuzione, ha applicato il contributo previdenziale alla Cassa avvocati e l’IVA, ma non la ritenuta d’acconto del 20 per cento, come fatto, invece, per l’onorario.
Rappresentato quanto sopra, l’Istante, in qualità di sostituto d’imposta, chiede di sapere se la ritenuta d’acconto del 20 per cento prevista per le procedure di pignoramento debba essere applicata anche sulle “spese di monitorio, precetto ed esecuzione” dovute al professionista.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene corretto operare nel seguente modo:
1. «applicazione della ritenuta fiscale d’acconto sulle spese di cui al punto 1 (ad eccezione delle spese di registrazione e notifica)»;
2. «applicazione della ritenuta fiscale d’acconto sulle spese di cui al punto 2».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 21, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall’articolo 15, comma 2, del decreto legge 1° luglio del 2009, n. 78, stabilisce che «Le disposizioni in materia di ritenute alla fonte previste nel titolo III del DPR 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché l’articolo 11, commi 5, 6, 7 e 9 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, devono intendersi applicabili anche nel caso in cui il pagamento sia eseguito mediante pignoramento anche presso terzi in base ad ordinanza di assegnazione, qualora il credito sia riferito a somme per le quali, ai sensi delle predette disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla fonte. In quest’ultima ipotesi, in caso di pagamento eseguito mediante pignoramento presso terzi, questi ultimi, se rivestono la qualifica di sostituti d’imposta ai sensi degli art. 23 e seguenti del DPR 29 settembre 1973, n. 600, devono operare all’atto del pagamento delle somme la ritenuta d’acconto nella misura del 20 per cento, secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate».
Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2010 sono stati stabiliti le modalità di effettuazione della ritenuta alla fonte e gli adempimenti da assolvere a cura dei soggetti interessati, precisando, tra l’altro, all’articolo 1, comma 2, che «il terzo erogatore non effettua la ritenuta se è a conoscenza che il credito è riferibile a somme o valori diversi da quelli assoggettabili a ritenuta alla fonte ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni e integrazioni, nell’articolo 11, commi 5, 6, 7 e 9 della legge n. 413 del 1991, nonché nell’articolo 33, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42».
Al riguardo, la circolare 2 marzo 2011, n. 8/E, paragrafo 1.2, ha chiarito che l’obbligo di effettuare la ritenuta da parte del terzo erogatore sorge quando sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:
1. deve trattarsi di una somma per la quale deve essere operata una ritenuta alla fonte, in base alle disposizioni di legge;
2. il creditore pignoratizio deve essere un soggetto Irpef;
3. il terzo erogatore deve rivestire la qualifica di sostituto di imposta in base a quanto previsto dagli articoli 23 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; deve, cioè, rientrare fra i soggetti cui la legge tassativamente conferisce l’obbligo di pagare le imposte in luogo d’altri, per fatti e situazioni a questi riferibili.
Riguardo alle somme da assoggettare a ritenuta, la circolare chiarisce espressamente che il prelievo alla fonte non deve essere effettuato se la somma non rientra fra quelle assoggettabili a ritenuta in base alle disposizioni richiamate nell’articolo 1, comma 2, del provvedimento.
La circolare chiarisce, inoltre, che il citato provvedimento non pone a carico del terzo erogatore obblighi di indagine sulla qualificazione delle somme, anzi, la disposizione richiamata, nel prevedere una ritenuta in misura fissa del 20 per cento a prescindere dalla categoria reddituale, presuppone che egli non sia normalmente a conoscenza della tipologia di reddito che sta erogando.
Pertanto, in un’ottica di semplificazione, il terzo erogatore è tenuto ad applicare sempre la ritenuta, a meno che il creditore pignoratizio attesti mediante dichiarazione da rendersi ai sensi degli articoli 47 e 76 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, l’insussistenza, in tutto o in parte, delle condizioni per l’applicabilità della ritenuta.
Con la suddetta dichiarazione, il creditore pignoratizio deve comunicare al terzo erogatore anche l’eventuale ammontare corrispondente all’Iva che non deve essere assoggettato a ritenute e, nell’ipotesi in cui la somma da erogare comprenda crediti di diversa natura, aventi rilevanza reddituale solo in parte, la parte imponibile da assoggettare a ritenuta.
Nel caso in esame, come risulta dalla documentazione integrativa trasmessa in riscontro ad un’apposita richiesta della Scrivente, il creditore pignoratizio ha prodotto la dichiarazione sostitutiva di notorietà per comunicare l’importo del credito da non assoggettare a ritenuta in quanto riferibile a spese vive e per precisare che a tale credito si aggiungono «le somme assegnate a titolo di spese di recupero (comprese quelle di monitorio) e spese di esecuzione» alle quali, come risulta da prospetto di calcolo riportato nella stessa dichiarazione, è applicato il 15 per cento del rimborso forfettario sulle spese, il contributo del 4 per cento alla cassa avvocati e l’Iva al 22 per cento.
In particolare, il creditore pignoratizio, in una successiva dichiarazione sostitutiva di notorietà, che annulla la precedente, afferma «che al credito si aggiungono le ulteriori somme come indicate nel conteggio soggette a ritenuta», senza però indicare la ritenuta d’acconto sulle spese di precetto, di monitorio e di esecuzione. A seguito di tale ultima dichiarazione, l’Istante ha chiesto espressamente al creditore pignoratizio di fornire ulteriori chiarimenti in merito alle seguenti sue affermazioni (senza ottenere però una risposta puntuale):
la prima relativa alla «indicazione di applicare il contributo previdenziale alla Cassa avvocati ma non la ritenuta d’acconto sulle spese di precetto ed esecuzione»,
la seconda relativa alla «indicazione di applicare la ritenuta d’acconto sulle due somme di (…) euro e (…) euro [somme dovute per due atti di intervento, come risulta, tra l’altro, dall’allegato 11], ma non sulle predette spese di precetto».
Dal descritto quadro degli eventi e dalla documentazione prodotta, nel caso di specie, non appare sussistere la dichiarazione del creditore pignoratizio, resa ai sensi degli articoli 47 e 76 del d.P.R. n. 445 del 2000, attestante l’insussistenza, in tutto o in parte, delle condizioni per l’applicabilità della ritenuta alle spese di precetto (comprese quelle di monitorio).
Pertanto, secondo quanto chiarito nella richiamata circolare n. 8/E del 2011, l’Istante è tenuto ad applicare la ritenuta ai fini Irpef di cui all’articolo 21, comma 15, della legge n. 449 del 1997, senza effettuare alcuna indagine, sussistendone i presupposti richiesti.
Al riguardo, si fa presente che l’articolo 54, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), prevede che «Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione».
Nella nozione di compenso rilevante ai sensi dell’articolo 54 del Tuir rientrano anche le somme che il lavoratore autonomo riaddebita al committente per il ristoro delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico, con la conseguenza che anche dette somme sono imponibili e devono essere assoggettate alla ritenuta alla fonte di cui all’articolo 25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
In tal senso, la circolare 15 dicembre 1973, n. 1, parte II, capitolo VII, precisa che la base imponibile della ritenuta è costituita dall’ammontare dei compensi percepiti al lordo delle spese sostenute per conseguire i compensi stessi, con esclusione delle sole somme ricevute a titolo di rimborso di spese anticipate in nome e per conto del cliente, debitamente ed analiticamente documentate quali, ad esempio, i rimborsi per pagamenti di tasse e imposte, visure, ecc. a condizione comunque che tali spese non siano inerenti alla produzione del reddito di lavoro autonomo.
In relazione al caso di specie, si ritiene, pertanto, che le somme liquidate per coprire le spese di precetto (comprese quelle di monitorio) e di esecuzione costituiscano compenso professionale e come tali assumano rilevanza ai fini Irpef per il creditore pignoratizio.
Del resto, lo stesso creditore pignoratizio ha applicato sulle somme in questione il rimborso forfetario delle spese di cui all’articolo 2, comma 2, decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, previsto nella misura del 15 per cento del compenso, il contributo previdenziale per la cassa degli avvocati che si applica nella misura del 4 per cento sul compenso e sul rimborso spese forfetario, nonché l’IVA del 22 per cento che si applica su tutte le voci precedenti.
In ragione di quanto sopra esposto, si condivide la soluzione prospettata dall’Istante di applicare sulle somme in questione e sugli onorari dovuti per gli atti di intervento la ritenuta d’acconto di cui all’articolo 21, comma 15, della legge n. 449 del 1997.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, ed esula, altresì, da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili nella eventuale sede di accertamento.
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