La Corte di Cassazione sez. tributaria con l’ordinanza n. 17645 del 18 luglio 2013 interviene in tema di spese di rappresentanza, i viaggi premio offerti ai clienti non sono costi deducibili se finalizzati a un incremento delle vendite.
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che ha lamentato il vizio di motivazione della sentenza gravata, laddove la Commissione Tributaria Regionale non ha esplicitato le ragioni in virtù delle quali ha ritenuto che le spese per i viaggi premio offerti a un gruppo di 34 persone dalla ricorrente (una S.r.l. poi fallita) costituivano dei costi deducibili di rappresentanza e pubblicità, nonostante non vi fosse prova dell’inerenza e fossero stati sostenuti non per valorizzare l’immagine della società, oppure incrementare la commercializzazione dei prodotti, ma dopo che essi erano stati già ceduti. Sicché i predetti viaggi risultavano offerti a soggetti ben individuati e non alla generalità dei potenziali clienti. Ebbene, tale doglianza ha colpito nel segno.
Gli Ermellini in materia di imposte sui redditi, hanno osservato che rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all’art. 74 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo a un’aspettativa di incremento delle vendite, mentre ne restano escluse quelle di pubblicità e propaganda aventi come scopo preminente quello di informare i consumatori circa l’esistenza di beni e servizi prodotti dall’impresa, con l’evidenziazione e l’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfare i bisogni al fine di incrementare le vendite, dovendo le medesime essere finalizzate a tale scopo e non invece essere successive.
Per cui i pranzi o viaggi offerti ai clienti non costituiscono spese di rappresentanza qualora sussista una diretta finalità promozionale e di incremento delle vendite. È pertanto necessaria una rigorosa verifica in fatto dell’effettiva finalità delle spese e della loro diretta imputabilità, verifica che nel caso di specie è mancata.
La Corte Suprema in tema di imposte sui redditi d’impresa, dalla complessiva prescrizione dell’art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 si desume che, anche per le spese e gli altri componenti negativi di cui non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, il legislatore considera come esercizio di competenza quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare, come nella specie, in cui essa si era determinata già nel 2002 (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 17568 del 09/03/2007, n. 16819 del 30/07/2007).
Pertanto, alla luce di quanto soprascritti, la Suprema Corte ha cassato la sentenza gravata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale.
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