La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20809 pubblicata il 11 settembre 2013 intervenendo in tema di accertamenti fiscali ha statuito che nell’ ipotesi di accertamento standardizzato, non può rimanere inascoltata la richiesta rivolta dal contribuente all’Ufficio di prendere in considerazione lo studio di settore riferito all’attività professionale da lui esercitata, anche se non ancora approvato nell’anno d’imposta considerato.
Gli Ermellini hanno ribaltato le decisioni dei giudici di merito difettando, “nella decisione impugnata, ogni argomentazione sulla effettiva ragione della ritenuta inoperatività, laddove l’applicazione non poteva essere esclusa, solo perché la disciplina era contenuta in un decreto ministeriale emanato successivamente all’anno d’imposta oggetto dell’accertamento, trattandosi di una ipotesi di successivo raffinamento dello strumento, non legata a situazioni contingenti, correlate a determinate annualità di imposta, o eccezionali, di tipo, ad es., economico”.
I giudici di legittimità con la sentenza in commento hanno conferma l’indirizzo giurisprudenziale che consente l’applicazione “retroattiva” degli studi di settore e richiama alla memoria la sentenza n. 22599 dell’11 dicembre 2012 con cui la Suprema Corte, in materia di accertamento tributario standardizzato, ha sostenuto che l’Ufficio deve sempre applicare lo “studio di settore” più recente, poiché più affidabile. In caso contrario, l’accertamento induttivo è illegittimo.
I giudici della Corte Suprema dopo aver ribadito i principi di diritto enunciati nel 2009 dalle Sezioni Unite, hanno spiegato che la procedura in materia di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi settore “costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, che giustifica la prevalenza, in ogni caso, e la conseguente applicazione retroattiva dello strumento più recente, in quanto più affinato e, pertanto, affidabile” (Cass., sentenza n. 22599/12 cit.).
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