La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 24016 depositata il 23 ottobre 2013 intervenendo in materia di accertamenti standardizzati ha affermato che è legittimo l’accertamento basato sugli di settore a carico dell’avvocato che ha dichiarato un reddito nettamente inferiore rispetto ai costi sostenuti per il personale dipendente e i compensi corrisposti a terzi. Si tratta di un comportamento antieconomico che ha valore significativo sotto il profilo indiziario e presuntivo.
Gli Ermellini con la sentenza in commento hanno bacchetta i comportamenti antieconomici dei professionisti sdoganando l’accertamento basato sugli studi di settore in caso di dichiarazione dei redditi bassa rispetto ai costi sostenuti per il personale. Questa presunzione legittima da sola, al di là del contraddittorio con il contribuente, l’atto impositivo.
La vicenda ha riguardato un avvocato a cui era stato notificato, dall’Agenzia delle Entrate, un avviso di accertamento basato sugli studi di settore. Avverso tale atto impositivi il contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente annullando l’avviso di accertamento. L’Amministrazione Finanziaria impugnava la sentenza del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello che accoglievano il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ed in riforma della decisione di primo grado ritenerò, invero, del tutto legittimo l’atto impositivo, emesso dall’Amministrazione finanziaria sulla base degli studi di settore e tenuto conto delle ragioni esposte dal contribuente, poiché pienamente conforme al disposto degli artt. 42 d.P.R. 600/73 e 7 L. 212/00.
Nel caso di specie la CTR ha accertato la regolare instaurazione del contradditorio in fase amministrativa e l’adeguata valutazione da parte dell’Ufficio delle ragioni esposte dal contribuente. Pertanto il giudice di merito è pervenuto al convincimento che la documentazione sanitaria prodotta dal professionista fosse irrilevante, poiché riferentesi ad accertamenti effettuati nel 2009, ossia a distanza di ben quattro anni dall’anno d’imposta considerato. Il giudice dell’appello ha pure escluso che l’inabilità fisica del ricorrente potesse incidere concretamente sulla sua capacità a svolgere l’attività di avvocato. Ha ritenuto irrilevante, poi, il costo straordinario, legato a una vicenda processuale con un dipendente, affrontato nel 2005.
Il contribuente avverso la sentenza dei giudici della CTR proponeva ricorso alla Corte Suprema basandolo su tre motivi di censura. Per il ricorrente, infatti, il giudice dell’appello aveva omesso di valutare la documentazione sanitaria versata in atti, dalla quale si sarebbe potuto desumere che, in conseguenza delle notevoli ripercussioni fisiche subite in occasione di un sinistro stradale, il reddito per gli anni successivi a quello sottoposto a controllo (2005) era stato sensibilmente inferiore
Gli Ermellini hanno respinto il ricorso del contribuente, richiamando, anche se non espressamente, nella sentenza i principi sull’elusione fiscale ma di fatto incrocia le presunzioni derivanti dagli studi con il «comportamento antieconomico» dell’autonomo, elemento portante dell’abuso del diritto. Nelle motivazioni della Corte di Cassazione si legge che «Il giudice di appello ha rilevato che assume certamente valore significativo, sul piano indiziario e presuntivo, il comportamento antieconomico del contribuente, concretatosi nella dichiarazione, da parte del medesimo, di un reddito nettamente inferiore – nell’anno 2005 – ai costi sostenuti per il personale dipendente e per compensi corrisposti a terzi». La Corte Suprema afferma con toni perentori, che, in caso di accertamento induttivo fondato su studi di settore, l’ufficio ben possa fondarsi anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (cfr. Cass. n. 16430/11).
L’orientamento, ormai consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’avviso di accertamento non può fondarsi sul mero scostamento dei dati dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi alla media del settore, dovendo l’Amministrazione Finanziaria suffragare la pretesa con ulteriori elementi e indizi idonei a dimostrarne l’attendibilità. Di più, l’A.F. è tenuta a instaurare un contraddittorio con il contribuente e a tener conto delle sue giustificazioni, così da pervenire a un adeguamento personalizzato delle risultanze di tali studi, che tenga conto della probabilità di errore nella stima. La media di settore in sé considerata non è, invero, un fatto sufficiente a fondare la prova presuntiva di un maggior reddito, potendo assumere tale valore probatorio solo all’esito della valutazione degli elementi raccolti nel contraddittorio con il contribuente, da instaurarsi a pena di nullità dell’atto impositivo (cfr. Cass. n. 17704/12 e SS.UU. n. 26635/09).
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