Agenzia delle Entrate – Risposta n. 464 del 21 settembre 2022

Superbonus – interventi di efficientamento energetico in un edificio condominiale in cui è inclusa una unità con categoria F/7 – verifica della prevalente funzione residenziale – Articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio)

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente

QUESITO 

L’Istante è un Condominio che rappresenta di voler procedere alla realizzazione di un progetto di efficientamento energetico dell’edificio condominiale fruendo del c.d. Superbonus previsto dall’articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020.

Si rappresenta che lo studio di fattibilità, approvato dalla assemblea del Condominio, prevede un intervento “trainante” di coibentazione delle superfici opache verticali e orizzontali che interesseranno più del 25% della superficie totale disperdente e in interventi “trainati” di sostituzione di serramenti, infissi e impianti termici all’interno delle singole unità immobiliari e di installazione di impianti fotovoltaici.

L’edificio è costituito:

  • da una centrale telefonica, facente parte strutturalmente del palazzo anche se dotata di accesso autonomo, composta da una unità categoria D/7 (uffici, magazzini, etc.) e da una unità categoria F/7 (infrastruttura in fibra ottica e banda ultralarga), ubicati al piano seminterrato, piano terra e primo piano;
  • da 17 unità abitative (categoria A/2) ed una unità uso ad ufficio (categoria A/1), ubicati ai piani superiori.

Al fine di misurare la superficie prevalente del palazzo utile a stabilire se la società proprietaria della centrale telefonica possa detrarre la propria quota di spese relative agli interventi che saranno realizzati sulle parti comuni, l’Istante chiede se vada conteggiata anche la superficie dell’unità con destinazione F/7.

 

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE 

L’Istante ritiene che, ai fini del calcolo della superficie prevalente, non si debba tener conto della parte di edificio accatastata in F/7 dal momento che l’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo del 15 febbraio 2016 stabilisce che la stessa non è da considerarsi unità immobiliare, come confermato anche dalla circolare 8 giugno 2017, n. 18/E.

 

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 

L’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (di seguito decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, disciplina la detrazione, nella misura del 110 per cento, delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica (ivi inclusa l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture perla ricarica di veicoli elettrici negli edifici) nonché al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici (c.d. Superbonus).

Le predette disposizioni si affiancano a quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni spettanti per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. “ecobonus“) nonché per quelli di recupero del patrimonio edilizio, inclusi quelli antisismici (c.d. “sismabonus“), attualmente disciplinate, rispettivamente, dagli articoli 14 e 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63.

Le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto del Superbonus sono indicati nei commi da 1 a 8 del citato articolo 119 del decreto Rilancio, mentre l’ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale è delineato nei successivi commi 9 e 10.

Con riferimento all’applicazione di tale agevolazione, sono stati forniti chiarimenti con la circolare dell’8 agosto 2020, n. 24/E, con la risoluzione del 28 settembre 2020, n. 60/E, con la circolare del 22 dicembre 2020, n. 30/E e con la circolare 23 giugno 2022, n. 23/E, a cui si rinvia per una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame.

Peraltro, in relazione alle questioni interpretative poste dai contribuenti in materia di Superbonus, sono state pubblicate diverse risposte a istanze d’interpello consultabili nell’apposita area tematica presente sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/superbonus.

In particolare, il Superbonus spetta a fronte del sostenimento delle spese relative a taluni specifici interventi finalizzati alla riqualificazione energetica e all’adozione di misure antisismiche degli edifici (interventi “trainanti“) nonché ad ulteriori interventi, realizzati congiuntamente ai primi (interventi “trainati“) ed eseguiti, tra l’altro, dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, su singole unità immobiliari residenziali e su parti comuni di edifici residenziali in condominio situati nel territorio dello Stato.

In caso di interventi realizzati sulle parti comuni di un edificio in condominio, le relative spese possono essere considerate, ai fini del calcolo della detrazione, soltanto se riguardano un edificio residenziale considerato nella sua interezza utilizzando, come chiarito con la citata circolare n. 24/E del 2020 un principio di “prevalenza” della funzione residenziale rispetto all’intero edificio.

Ciò implica che, qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio in condominio sia superiore al 50 per cento dell’intera superficie dell’edificio stesso, è possibile ammettere al Superbonus anche il proprietario e il detentore di unità immobiliari non residenziali che sostengono spese, in qualità di condòmini, per interventi sulle parti comuni di tale edificio.

Qualora, invece, la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza sia inferiore al 50 per cento, il Superbonus riferito alle spese per interventi realizzati sulle parti comuni spetta solo ai possessori o detentori di unità immobiliari destinate ad abitazione comprese nel medesimo edificio. In tale ultimo caso, inoltre, come precisato con la citata circolare n. 30/E del 2020, i soli possessori di unità immobiliari residenziali potranno fruire del Superbonus anche per interventi “trainati” realizzati su tali unità immobiliari, sempreché queste ultime non rientrino tra le categorie catastali A/1, A/8 e A/9, escluse dal beneficio ai sensi del comma 15 del citato articolo 119 del decreto Rilancio.

Ai fini del calcolo della superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza vanno conteggiate tutte le unità immobiliari residenziali facenti parte dell’edificio, comprese quelle rientranti nelle predette categorie catastali escluse dal Superbonus (A/1, A/8 e A/9).

Come chiarito dalla citata circolare 23/E del 2022, ai fini della verifica della natura “residenziale” dell’edificio non va conteggiata la superficie catastale delle pertinenze delle unità immobiliari di cui lo stesso si compone. Pertanto, ad esempio, nel caso di un box o di una cantina pertinenziale di una abitazione ovvero nel caso di un magazzino pertinenziale di una unità immobiliare a destinazione commerciale, la superficie catastale di tali pertinenze non va considerata.

In riferimento alla questione prospettata, si osserva che l’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 33, ha introdotto modifiche all’articolo 86, comma 3, del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (di seguito CCE), aggiungendo, alla fine del citato comma 3, il seguente periodo: «Gli elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità e le altre infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, nonché le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga, effettuate anche all’interno di edifici, da chiunque posseduti, non costituiscono unità immobiliari ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, e non rilevano ai fini della determinazione della rendita catastale».

Con la circolare n. 18/E dell’8 giugno 2017, al paragrafo 3 (“Iscrizione in catasto delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione“) è stato precisato che “Tenuto conto che l’istituto catastale assolve a funzioni, oltre che di natura fiscale, anche di natura civilistica (identificazione dei beni immobili per il trasferimento o la costituzione di diritti reali) ed inventariale a supporto della gestione del territorio, la nuova previsione normativa, richiamata in premessa, di esclusione delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione dal novero delle “unità immobiliari” e dal computo della rendita catastale, non esclude peraltro che tali beni possano comunque formare oggetto di iscrizione in catasto, ancorché senza attribuzione di rendita catastale.

Il medesimo documento di prassi ha chiarito, inoltre, che “In tale contesto, si ritiene necessario integrare il quadro di qualificazione vigente con una nuova categoria catastale, denominata F/7 – Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, nella quale possono essere censite, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso, le infrastrutture in argomento, oggetto di dichiarazione in catasto. Pertanto, per gli immobili che costituiscono infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione già censiti al Catasto Edilizio Urbano, gli intestatari catastali possono presentare dichiarazioni ai sensi dell’art. 1 del regolamento approvato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura Docfa), finalizzate alla variazione delle scritture catastali, con attribuzione della categoria F/7 – Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, senza attribuzione di rendita”.

La citata circolare 18/E del 2017 ha precisato, infine, che Per le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione di nuova realizzazione [intendendosi come tali quelli i cui termini per la dichiarazione in catasto – secondo la previgente disciplina – non siano antecedenti al 1° luglio 2016] non sussiste invece obbligo di iscrizione in catasto, trattandosi di beni che, per effetto delle disposizioni introdotte dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2016, non costituiscono più “unità immobiliari” ai sensi dell’art. 2 del decreto ministeriale n. 28 del 1998“.

Al riguardo, acquisito il parere della competente Direzione Centrale Servizi catastali, cartografici e di pubblicità immobiliare, si ritiene che ai fini della verifica della prevalente funzione residenziale dell’edificio, occorre considerare, nel calcolo della superficie complessiva dell’edificio, anche gli immobili censiti in catasto con categoria F/7, in quanto costituiscono immobili facenti parte dell’edificio medesimo, la cui destinazione d’uso è ben definita (cfr. CCE) e certamente non residenziale.

Ne consegue che, nella fattispecie prospettata, al fine di verificare se l’edificio oggetto degli interventi è residenziale nella sua interezza, l’Istante dovrà tener conto anche dell’immobile in categoria F/7; solo qualora la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza, ricomprese nell’edificio, sia superiore al 50 per cento della superficie complessiva dell’edificio stesso , nel rispetto delle condizioni e degli adempimenti previsti dalla normativa di riferimento (non oggetto della presente istanza di interpello), sarà possibile ammettere alla detrazione anche i proprietari o detentori degli immobili non residenziali, censiti in catasto con categoria D/7 o F/7, che sostengono spese, in qualità di condòmini, per interventi sulle parti comuni dell’edificio.

Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto e non implica un giudizio in merito alla conformità degli interventi che verranno realizzati in base alle normative urbanistiche, nonché alla qualificazione e quantificazione delle spese sostenute, su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.