Con il decreto legge n. 76/2013 convertito con modificazione dalla legge 99/2013 sono state apportate modifiche alla normativa che regolano i contratti intermittenti (cosiddetti a chiamata),e in particolare sono state modificate le norme in tema di sanzioni pecuniarie e conversione dei contratti a tempo pieno e indeterminato.
Al fine di evitare di incorrere in tali situazioni occorrerà procedere alla verifica del rispetto della normativa. Innanzitutto si dovrà provvedere ad analizzare l’esistenza delle causali oggettive o soggettive previste dalla riforma Fornero e il carattere discontinuo e intermittente della prestazione, in assenza dei quali scatta la trasformazione a tempo pieno e indeterminato.
Su tale problematica il ministero del Lavoro, con il vademecum del 22 aprile, ha chiarito che la prestazione di lavoro può essere resa anche per periodi di durata significativa. Ma, perché ci siano discontinuità e intermittenza, i datori di lavoro devono verificare che non ci sia esatta coincidenza tra la durata della prestazione svolta e la durata del contratto. In particolare, la prassi amministrativa ha evidenziato che, perché il contratto a chiamata sia legittimo, le prestazioni di lavoro devono essere intervallate da una o più interruzioni, anche significative.
Il decreto lavoro ha introdotto limitazioni all’utilizzo del contratto a chiamata, da cui sono esclusi solo i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Il contratto a chiamata può coprire al massimo 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. Il predetto limite potrà essere verificato dagli organi di controllo solo al termine dei tre anni, che decorrono dal 28 giugno scorso e scadono, quindi, il 28 giugno 2016. I datori di lavoro, pertanto, dovranno prestare attenzione all’utilizzo nel tempo del contratto intermittente. Il rispetto di questi “vincoli” consentirà ai datori di lavoro di non uscire dall’ambito dell’intermittenza e, così, di evitare la sanzione della trasformazione del rapporto in uno subordinato a tempo indeterminato e a tempo pieno.
I datori di lavoro sono obbligati ad effettuare la comunicazione preventiva prima dell’inizio di ciascuna prestazione lavorativa (o di un ciclo integrato di prestazioni) per evitare le sanzioni pecuniarie da 400 a 2.400 euro. In particolare, dal 3 luglio scorso, le aziende devono usare il modello Uni-intermittente e trasmetterlo tramite i canali previsti dal Dm del 27 marzo 2013, in mancanza scatteranno le sanzioni per mancata comunicazione.
Le comunicazioni devono essere effettuate prima dell’inizio della prestazione (anche lo stesso giorno) individuando precisamente le giornate o il periodo entro il quale il lavoratore verrà chiamato, fino a 30 giorni. In sostanza, si potranno inoltrare comunicazioni con archi temporali molto ampi purché, all’interno degli stessi, i periodi di prestazione non superino i 30 giorni (ad esempio dal 1° al 10 di agosto, dal 1° al 10 di settembre e dal 1° al 10 di ottobre per un totale di 30 giornate di lavoro).
Particolare attenzione va posta alla corrispondenza tra le giornate comunicate e quelle registrate sul libro unico del lavoro. Infatti in caso di mancata corrispondenza gli ispettori dovranno procedere al recupero contributivo e applicare le relative sanzioni.
Infine, tutti i rapporti di lavoro a chiamata dovranno essere instaurati con la comunicazione preventiva di assunzione effettuata secondo il Dm del 30 ottobre 2007.
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