La Cassazione con la sentenza n. 11157 del 10 maggio 2013 interviene in tema di riscossione della tariffa di igiene ambientale
Gli Ermellini hanno statuito che in tema di riscossione della tariffa di igiene ambientale, l’atto con cui viene richiesto al contribuente il pagamento della tariffa anche nel caso conservi la forma della fattura, in ragione della natura tributaria della prestazione, deve avere i requisiti contenutistici essenziali dell’atto di accertamento di un tributo.
Nel caso di specie gli atti con cui il gestore del servizio di smaltimento rifiuti chiede al contribuente quanto dovuto a titolo di TIA, anche se hanno la forma di una fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata sicuramente pubblicistica di natura impositiva.I Giudici della Corte Suprema hanno anche riaffermato l’orientamento delle Sezioni Unite in base al quale la tariffa di igiene ambientale, disciplinata dall’articolo 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997, costituisce non già una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una semplice variante della TARSU e conserva la qualifica di tributo, con effetto relativo alle controversie aventi a oggetto la debenza della TIA che quindi hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle commissioni tributarie (SS.UU. sentenze n. 14903/10 e n. 25929/11).Nella fattispecie i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso della società che gestisce i servizi ambientali in Toscana, la quale aveva chiesto, con due fatture commerciali, il pagamento della tariffa di igiene ambientale a una società di Prato. Confermando, pertanto, le sentenze sia della Commissione Tributaria Regionale che quella della Commissione Tributaria Provinciale che avevano accolto il ricorso e la tesi del contribuente ed avevano dichiarato non dovuto il tributo, in quanto le predette fatture erano risultate prive di adeguata motivazione.Gli Ermellini hanno ritenuto destituite di fondamento le motivazioni del ricorso per cassazione del gestore, il quale ha erroneamente sostenuto che la fattura commerciale della TIA non costituisce atto autonomamente impugnabile davanti alle commissione tributarie e che ai fini della validità della stessa è sufficiente l’indacazione dei presupposti applicativi della tariffa (ossia: superficie occupata, categoria di riferimento, importo unitario al mq) e non anche i criteri, tra minimo e massimo, quantificativi dell’aliquota applicata e le norme (finanche comunali) poste a base della pretesa.
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