La circolare del 13 maggio 2013 di Assonime ci consente di esaminare la problematica, alla luce delle modifiche introdotte dal dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134, del regime fiscale delle sopravvenienze attive e delle perdite su crediti
La circolare in esame evidenzia le principali questioni interpretative e le residue criticità applicative che non vengono risolte dal decreto, in attesa dei chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e di una auspicabile revisione della materia da parte del legislatore.
Con il Decreto Sviluppo il legislatore ha modificato adeguando la disciplina del TUIR ai nuovi strumenti, alternativi alle procedure concorsuali, di composizione concordata delle crisi d’impresa, previsti dalla riforma del diritto fallimentare (D.Lgs. n. 5/2006).
Dal punto di vista del debitore il legislatore con il provvedimento normativo ha inteso introdurre un regime di detassazione della sopravvenuta insussistenza dei debiti conseguente agli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis della legge fallimentare e ai piani attestati di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) della legge fallimentare.
Con le modifiche apportate al contenuto dell’art. 88 del TUIR viene statuito che l’effetto esdebitatorio derivante dal ricorso agli accordi di ristrutturazione o ai piani attestati di risanamento non costituisce sopravvenienza attiva tassabile per il debitore e che comporta, tuttavia, una consumazione delle perdite fiscali correnti e di quelle pregresse.
Il predetto regime di favore per il debitore è applicabile a tutti i casi in cui la riduzione dei debiti non comporta aggravio impositivo né quando emerga al momento dell’omologa dell’accordo, né nel caso in cui si manifesti al momento della sua esecuzione, né quando si produca in esito a una azione intrapresa per ottenere l’adempimento dell’accordo.
Assonime evidenza come vi siano una serie di problemi interpretativi che meritano di essere approfonditi, quali:
– individuazione delle sopravvenienze attive soggette alla non tassazione (la norma presuppone, infatti, che la riduzione del debito prevista nell’accordo o nel piano attestato dia luogo all’iscrizione di un provento che viene poi considerato, per la parte eccedente rispetto alle perdite, fiscalmente irrilevante).
Gli accordi e i piani possono prevedere:
a)ipotesi di pagamento a stralcio dei debiti: il debitore evidenzia contabilmente un provento a conto economico che deriva da una riduzione del debito in senso giuridico, per cui si tratta indubbiamente di una fattispecie riconducibile alla nuova previsione in commento;
b) ipotesi di conversione dei debiti in capitale: i soggetti non IAS adopter non rilevano nessuna componente reddituale;
c) ipotesi di rideterminazione dei termini e delle modalità di pagamento (con riduzione pro futuro del tasso di interesse o con ulteriore dilazione delle rate di restituzione già previste sulla base del tasso di interesse originario): in questa ipotesi, l’OIC 6 prevede per i soggetti non IAS adopter che questo tipo di rinegoziazione non debba essere rappresentata come una riduzione del debito e che l’impresa debba limitarsi a rilevare i minori flussi finanziari futuri al momento in cui essi si manifestano;
- consumazione delle perdite fiscali correnti e pregresse: la norma prevede espressamente che negli accordi e nei piani attestati la sopravvenienza attiva è detassata per la sola parte che eccede le perdite fiscali pregresse e di periodo. Questo aspetto certamente depotenzia la finalità di incentivazione anche sotto il profilo fiscale di questi nuovi istituti poiché l’eventuale riduzione dei debiti conseguita dal debitore, in caso di accordo o di piano attestato, comporta comunque la consumazione di perdite fiscali altrimenti utilizzabili. In molti casi il regime di detassazione di fatto non opera, perché normalmente il debitore è già in una situazione di perdita tale da assorbire interamente la sopravvenienza da riduzione del debito;
- problemi di disparità di trattamento fiscale: secondo Assonime se, da un lato, la nuova disciplina si differenzia dal regime di totale non imposizione previsto dall’art. 88, co. 4 del TUIR per le altre procedure concorsuali (regime che non pregiudica il riporto delle perdite), dall’altro non è nemmeno riconducibile ad un’ipotesi di esenzione;
Per Assonime si tratta di una disciplina che è pur sempre di esclusione, o di non imponibilità e non di esenzione dall’imponibile, ma che presenta la peculiarità di operare in modo limitato rispetto a quanto ordinariamente previsto per il concordato preventivo e fallimentare. Probabilmente la ratio sottostante a questo regime di detassazione parziale è quella di evitare che la riduzione del debito possa costituire il presupposto per il versamento di maggiori imposte a carico del debitore.
Per Assonime è auspicabile che si addivenga a un regime uniforme degli effetti fiscali degli accordi di ristrutturazione e dei piani attestati rispetto a quelli del concordato preventivo e fallimentare, perché è difficile giustificare una disparità di trattamento fiscale tra soluzioni alternative alla crisi aziendale che il legislatore civilistico mette a disposizione del debitore.
Il meccanismo di detassazione delle sopravvenienze attive – Assonime analizza due casi distinti:
- se vengono in rilievo le sole perdite di periodo: occorre semplicemente confrontare l’entità della sopravvenienza attiva con il risultato di periodo che si sarebbe prodotto in assenza di questa componente. Se, ad esempio, la sopravvenienza attiva è pari a 100, mentre l’imponibile quantificato senza considerare questa componente è una perdita (cd. Perdita potenziale) di pari importo (100), è chiaro che il regime di detassazione non opera e che la sopravvenienza attiva concorre a formare il reddito per intero, azzerando la perdita. Se, invece, la sopravvenienza attiva è sempre pari a 100 mentre la perdita potenziale è di ammontareinferiore, 60, il regime di detassazione si attiva sulla parte della sopravvenienza che darebbe luogo ad un imponibile, dunque su 40 (100-60) mentre per 60 rimane soggetta a tassazione e azzera la perdita di periodo. Se infine la perdita potenziale dell’esercizio è di importo superiore (es. 150) alla sopravvenienza attiva (100), la sopravvenienza attiva rimane integralmente imponibile e la parte di perdita eccedente (50) è indipendente dal regime di detassazione in commento e segue le regole ordinarie di riporto a nuovo.
- se l’impresa debitrice dispone anche di perdite fiscali pregresse: nel caso in cui le perdite pregresse siano pari a 100 e la sopravvenienza sia pari anch’essa a 100, le perdite dovrebbero intendersi integralmente consumate per azzerare la rilevanza fiscale di tale componente (in deroga all’art. 84 del TUIR che per i soggetti IRES stabilisce che le perdite riportate a nuovo sono compensabili nei limiti dell’80% dell’imponibile). Aderendo a questa tesi, si determinerebbe una consumazione delle perdite pregresse in misura superiore a quanto sarebbe avvenuto in assenza della norma, riconoscendo la detassazione per la sola parte della sopravvenienza che superi eventualmente l’intero ammontare delle perdite pregresse. Inoltre, secondo Assonime, questa tesi verrebbe a introdurre una modalità di utilizzo integrale delle perdite fiscali pregresse che potrebbe difficilmente conciliarsi con quella, limitata all’ottanta per cento dell’imponibile, che dovrebbe comunque continuare ad essere applicata in relazione ad eventuali altri redditi che coesistano con la sopravvenienza attiva. In virtù, in altri termini, della ratio della norma, sembra più logico che l’imponibile debba essere determinato con le regole ordinarie di compensazione delle perdite pregresse e che la detassazione della sopravvenienza venga a operare dopo aver quantificato l’imponibile con tali regole.
In quest’ottica, se si assume per semplicità, come nel precedente esempio, che nell’esercizio corrente vi siano un imponibile di 100 interamente imputabile alla sopravvenienza attiva e perdite fiscali pregresse di 100, tali perdite dovranno intendersi consumate non per intero ma in misura corrispondente all’80% dell’imponibile (80), con la conseguenza che il regime di detassazione verrà ad applicarsi su 20 – ossia sulla quota della sopravvenienza che sarebbe stata imponibile secondo le regole ordinarie – e che le perdite fiscali riportabili residueranno nella misura di 20 (100-80).
L’Entrata in vigore, della nuova disciplina sulla detassazione delle sopravvenienze attive conseguenti agli accordi di ristrutturazione e dai piani attestati, dovrebbe coincidere a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto n. 83 del 2012 (26 giugno 2012), e, dunque, per le imprese con esercizio coincidente con l’anno solare, a partire dal 2012.
Per le sopravvenienze attive imputabili per competenza agli esercizi precedenti, nel silenzio della norma, dovrebbero continuare a trovare applicazione le ordinarie regole di imposizione, stante la natura innovativa del regime introdotto.
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