AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 maggio 2020, n. 150
Tassazione in Italia della prestazione pensionistica in forma di capitale erogata da un fondo pensione integrativo chiuso estero
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’interpellante riferisce di essere residente in Italia e di svolgere attività di lavoro in qualità di pilota di aeromobile alle dipendenze di una compagnia aerea, avente sede legale nel Regno Unito e sede operativa in Portogallo, con contratto a tempo indeterminato dal mese di aprile 2007.
La retribuzione dell’istante è tassata in Portogallo, mentre la contribuzione sociale è versata nel Regno Unito.
Nel 2010, il datore di lavoro ha istituito in quest’ultimo Paese un fondo pensione integrativo chiuso presso XXX, cui l’istante ha aderito. Pertanto, dal 2010, l’istante versa un contributo volontario, prelevato dal salario al netto delle imposte, al quale l’impresa datrice di lavoro aggiunge il 50 per cento. L’istante non beneficia di detrazioni per le suddette contribuzioni.
Detto fondo era originariamente trasferibile in altri analoghi strumenti all’interno dell’Unione Europea: da due anni, tuttavia, la normativa britannica ha sensibilmente ridotto questa possibilità, escludendola completamente per l’Italia.
Secondo la normativa britannica, i benefici pensionistici possono essere conseguiti, al compimento del cinquantacinquesimo anno di età dell’iscritto, sia sotto forma di capitale, in un’unica o più soluzioni, sia sotto forma di rendita.
In considerazione dell’imminente Brexit, l’istante sta valutando di poter trasferire la propria attività lavorativa in Italia e di optare per la capitalizzazione della propria posizione previdenziale, al compimento del cinquantacinquesimo anno di età, che si è verificato nel mese di febbraio 2020.
Chiede, quindi, di conoscere:
1. il corretto trattamento fiscale del capitale da riscattare presso il fondo estero e,
2. in caso di eventuale e successiva iscrizione a un fondo di previdenza complementare italiano, cui decida di destinare, in tutto o in parte, il capitale proveniente dal fondo pensione estero, il corretto trattamento fiscale delle prestazioni erogate dal fondo pensione italiano, una volta maturati i requisiti per l’accesso alle prestazioni pensionistiche.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante premette che l’articolo 13, paragrafo 4, della Convenzione contro le doppie imposizioni fra Italia e Regno Unito stabilisce che «Gli utili derivanti dalla alienazione di ogni altro bene diverso da quelli menzionati nei paragrafi precedenti del presente articolo sono imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l’alienante è residente.». In linea con la suddetta disposizione, il successivo articolo 22 della medesima Convenzione, a proposito degli «altri redditi», prevede che gli stessi sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del soggetto che li consegue.
Per i soggetti non residenti, in caso di tassazione delle prestazioni nello Stato di residenza, l’Autorità fiscale del Regno Unito richiede la documentazione comprovante l’effettiva tassazione nel Paese di residenza.
Invoca, inoltre, il principio di non discriminazione di cui all’articolo 25 della citata Convenzione.
Tanto premesso, il contribuente istante, in relazione ai quesiti posti, ritiene di dover adottare il seguente comportamento.
Con riferimento al quesito sub-1 – riguardante il corretto trattamento fiscale del capitale da riscattare presso il fondo britannico – intende tassare in Italia la prestazione imponibile (importo del capitale al netto dei contributi non dedotti certificato dal fondo estero XXX) con aliquota del 15 per cento a titolo di imposta, applicabile in base al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (recte decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252).
Con riferimento al quesito sub-2 – riguardante l’eventuale iscrizione a un fondo di previdenza complementare italiano, cui decida di destinare tutto o parte del capitale proveniente dal fondo estero – l’istante intende tassare la prestazione imponibile (capitale o rendita, al netto dei contributi non dedotti e degli interessi maturati e tassati durante la fase di accumulo nel fondo italiano) in base alla normativa vigente in Italia al momento del pensionamento, con riconoscimento dell’anzianità di iscrizione al fondo maturata nel Regno Unito. Detta normativa prevede attualmente l’applicazione di una ritenuta del 15 per cento a titolo di imposta, riducibile di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione al fondo eccedente il quindicesimo, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 3, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito “Tuir”) stabilisce che le persone fisiche residenti sono tassate in Italia sia sui redditi prodotti nel territorio dello Stato sia su quelli di fonte estera, sulla base del principio della tassazione del reddito ovunque prodotto (worldwide principale o tassazione sul reddito mondiale), ferma restando, naturalmente, l’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni eventualmente stipulata fra l’Italia e il Paese estero di produzione del reddito.
Nel caso in esame, l’interpellante, residente in Italia, intende capitalizzare, al raggiungimento del cinquantacinquesimo anno di età (che si è verificato nel mese di febbraio 2020), la posizione previdenziale maturata presso un fondo pensione britannico, collegato all’attività lavorativa svolta all’estero dall’istante.
Detto fondo, istituito nel 2010 e alimentato, per il cinquanta per cento, da un contributo volontario versato dall’istante e, per il restante 50 per cento, da un contributo datoriale, non è trasferibile in analoghi strumenti nel territorio italiano.
Come precisato in esposizione fattuale, la retribuzione dell’interpellante è tassata in Portogallo, sede operativa dell’impresa datrice di lavoro, mentre la contribuzione sociale è versata nel Regno Unito.
Per quel che concerne il primo profilo, si rileva che l’articolo 15 (lavoro subordinato), paragrafo 1, della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata fra Italia e Portogallo il 14 maggio 1980, ratificata con legge 10 luglio 1982, n. 562 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale), prevede che le remunerazioni, erogate a fronte dello svolgimento di un’attività di lavoro dipendente, siano assoggettate ad imposizione concorrente nello Stato di residenza del contribuente ed in quello di svolgimento dell’attività lavorativa. Il successivo paragrafo 3 del citato articolo 15 della Convenzione prevede, come eccezione a tale principio, la tassazione concorrente nello Stato di residenza e nel Paese nel quale è situata la sede della direzione effettiva dell’impresa «delle remunerazioni relative a lavoro subordinato svolto a bordo di navi o di aeromobili utilizzati in traffico internazionale».
Pertanto, le remunerazioni corrisposte all’istante a fronte dell’attività di pilota devono essere assoggettate ad imposizione concorrente in Italia, Paese di residenza del contribuente, ed in Portogallo, sia nel caso in cui l’attività lavorativa venga svolta esclusivamente in tale Stato (cfr. articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione), sia nell’ipotesi in cui essa venga svolta in traffico internazionale per una compagnia aerea con sede di direzione effettiva in Portogallo (cfr. articolo 15, paragrafo 3, del predetto Trattato internazionale).
La eventuale doppia imposizione sarà eliminata in Italia, Stato di residenza, applicando le disposizioni contenute nell’articolo 22, paragrafo 2, della citata Convenzione.
Nell’ipotesi in cui l’istante dovesse svolgere la sua attività di pilota in traffico internazionale e la sede della direzione effettiva dell’impresa di cui risulta dipendente fosse situata nel Regno Unito, le remunerazioni in esame sarebbero soggette ad imposizione concorrente in Italia e nel Regno Unito, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, della Convenzione tra Italia e Regno Unito per evitare le doppie imposizioni, stipulata il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329 (di seguito la Convenzione Italia-UK o il Trattato internazionale). La conseguente doppia imposizione sarebbe eliminata nel nostro Paese mediante l’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 24, paragrafo 3, del predetto Trattato internazionale.
Da quanto precede risulta che, in ogni caso, la retribuzione corrisposta al contribuente a fronte di un lavoro dipendente svolto a bordo di aeromobili dovrà essere assoggettata ad imposizione in Italia, Stato di residenza dell’istante. Al riguardo si ricorda che se la dichiarazione dei redditi è presentata, per la prima volta, oltre 90 giorni dal termine di scadenza di presentazione della stessa, essa viene considerata a tutti gli effetti una dichiarazione omessa.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa dal 120 per cento al 240 per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250. Se non sono dovute imposte si applica la sanzione da 250 a 1000 euro. Tuttavia, se la dichiarazione omessa, viene presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, e comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione amministrativa dal 60 per cento al 120 per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200. Se non sono dovute imposte si applica la sanzione da 150 a 500 euro.
Si ricorda, infine, che le sanzioni applicabili in caso di dichiarazione omessa non possono essere definite mediante l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e, quindi, occorre attenderne l’irrogazione da parte degli uffici dell’Agenzia delle entrate.
Relativamente, invece, ai contributi versati nel fondo pensione localizzato nel Regno Unito, per individuare lo Stato al quale compete la potestà impositiva sulle prestazioni erogate dal fondo stesso a un soggetto residente, in relazione a un rapporto di lavoro dipendente svolto all’estero, occorre fare sempre riferimento alla citata Convenzione Italia-UK.
Al riguardo l’articolo 18, paragrafo 1, del predetto Trattato internazionale prevede che le pensioni e le altre remunerazioni analoghe percepite da un soggetto residente in uno Stato contraente in relazione a un cessato impiego siano imponibili solo nello Stato di residenza del contribuente.
Nel caso di specie trattandosi di prestazione pensionistica in forma di capitale erogata da un fondo previdenziale estero a un soggetto residente nel territorio dello Stato, in relazione a un cessato impiego, una volta maturato il requisito anagrafico richiesto per l’accesso alla prestazione gli emolumenti in questione devono essere tassati esclusivamente in Italia in base all’articolo 18, paragrafo 1, del citato Trattato internazionale.
Detti emolumenti sono riconducibili, secondo l’ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del Tuir, che equipara ai redditi di lavoro dipendente «le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati».
Per quanto riguarda le modalità di tassazione, tenuto conto che le somme sono percepite in unica soluzione, in luogo del regime di tassazione ordinaria trova applicazione il regime di tassazione separata di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, in base al quale «L’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi:…altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti [rapporti di lavoro dipendente e taluni rapporti assimilati], comprese l’indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni…».
In mancanza di sostituto di imposta, dette somme devono essere indicate dal percettore nel Modello Redditi, quadro RM, sez. XII, riguardante i redditi corrisposti da soggetti non obbligati all’effettuazione delle ritenute d’acconto.
E’ il caso di osservare che non si rendono applicabili al caso di specie le norme sulle prestazioni di previdenza complementare. Dette prestazioni – che costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ex articolo 50, comma 1, lettera h-bis), del Tuir – sono, infatti, tassate in Italia, in forza del rinvio contenuto nell’articolo 52, comma 1, lettera d), del medesimo Tuir, in base alle disposizioni del decreto legislativo n. 252 del 2005, la cui applicazione è riservata, oltre che ai fondi pensione istituiti in Italia in base alle specifiche prescrizioni del medesimo decreto, anche ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione europea che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2016 e che risultano autorizzati dall’Autorità competente dello Stato membro di origine allo svolgimento dell’attività transfrontaliera, in ogni caso solo per le adesioni effettuate nel territorio della Repubblica e per le risorse accumulate e gestite in relazione a tali adesioni (articolo 15-ter del decreto legislativo n. 252 del 2005).
Tale precisazione è rilevante nel caso di specie anche ai fini di escludere l’applicabilità della disposizione di cui all’articolo 14, comma 6, del menzionato decreto che prevede, a determinate condizioni, la possibilità di trasferire la posizione previdenziale dal fondo estero a quello italiano cui l’istante intende aderire e di considerare l’anzianità di iscrizione dalla data di iscrizione al fondo estero uscente. Ne consegue che, ai fini della decorrenza della anzianità di iscrizione, nel caso in cui l’istante decida di iscriversi a un fondo di previdenza complementare italiano, destinandovi il capitale proveniente dal fondo estero, si dovrà avere riguardo alla data di iscrizione al fondo previdenziale italiano.
Naturalmente, per il regime fiscale della posizione che l’istante maturerà presso il fondo di previdenza complementare italiano troveranno applicazione le regole vigenti in Italia in materia di fiscalità della previdenza complementare (cfr. circolare 18 dicembre 2007, n. 70/E).
Si ricorda, infine, che nella circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E sono state fornite indicazioni in merito all’eventuale rilevanza ai fini del monitoraggio fiscale e della compilazione del quadro RW del modello Redditi delle forme di previdenza complementare estere.
In particolare, in tale documento di prassi è stato chiarito che “non sono oggetto di monitoraggio fiscale le somme versate per obbligo di legge a forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, quali ad esempio il cosiddetto secondo pilastro svizzero, trattandosi di forme di previdenza obbligatoria seppure complementare”.
Analogo trattamento di esonero si è ritenuto applicabile alle forme di previdenza complementare estere obbligatorie per effetto di contratti collettivi nazionali (ad esclusione quindi di quelle derivanti da accordi individuali).
Deve essere, invece, indicata nel suddetto quadro RW la consistenza delle posizioni individuali di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero (come risultante dalla documentazione rilasciata dal fondo) che non rientrano nelle suddette ipotesi.
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