AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 ottobre 2019, n. 433
Tassazione reddito da lavoro dipendente soggetto frontaliere- adempimenti sostituto d’imposta
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il sig. Tizio, nato a Venti miglia ed attualmente residente in Francia, è iscritto all’AIRE nei registri gestiti dal Comune di Venti miglia dal 2004.
L’istante, dal 18 gennaio 2017, è un lavoratore subordinato presso la ditta Alfa e svolge la propria attività lavorativa in Italia, presso la stazione ferroviaria di Ventimiglia.
Ciò posto, l’istante ritenendosi un lavoratore frontaliere residente in Francia, chiede se sia corretta l’applicazione delle ritenute IRPEF da parte del datore di lavoro italiano nella veste di sostituto d’imposta.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che, stante la natura transfrontaliera del rapporto di lavoro ed in considerazione di quanto disposto dall’articolo 15, comma 4, della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia, il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia in qualità di frontaliere francese dovrebbe essere tassato esclusivamente in Francia. Di conseguenza, il datore di lavoro italiano dovrebbe limitarsi a trattenere la contribuzione previdenziale, astenendosi dall’effettuare ritenute IRPEF e certificando comunque i redditi di lavoro dipendente da dichiarare, esclusivamente, in Francia.
Parere dell’agenzia delle entrate
In relazione al quesito posto si reputa opportuno, in via preliminare, considerare il disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione Italia – Francia per evitare le doppie imposizioni, firmata a Venezia il 5 ottobre del 1989 e ratificata con Legge 7 gennaio 1992, n. 20 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale), laddove è statuito che “l’espressione “residente di uno Stato” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato o per il patrimonio ivi situato”.
La norma convenzionale, pertanto, rinvia, in via prioritaria, al concetto di residenza come definito dalla normativa degli Stati contraenti e, solo qualora in base alle normative dei due Stati un soggetto risulti residente in entrambi, elenca nel successivo paragrafo 2 i criteri per dirimere il conflitto.
Al riguardo, si rammenta che in base all’ordinamento domestico, ovvero ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) sono considerati residenti coloro che, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono iscritti nelle anagrafi comunali dei residenti ovvero hanno nel territorio dello Stato italiano il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
I tre requisiti previsti dal richiamato articolo 2 sono collocati, dalla norma, in posizione di alternatività, per cui il verificarsi di uno solo di essi è sufficiente perché un soggetto sia considerato residente in Italia.
In relazione all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, si osserva che con circolare 2 dicembre 1997, n. 304, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.
In ragione della circostanza che l’iscrizione all’AIRE costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per poter essere considerato non residente, occorrerebbe, in sintesi, una valutazione d’insieme dei rapporti che il soggetto intrattiene nel nostro Paese per valutare se, nel periodo in cui è stato anagraficamente residente all’estero, abbia effettivamente perso ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e possa quindi essere considerato fiscalmente non residente.
Lo status di residente fiscale implica, quindi, l’esame delle possibili relazioni – sia personali che reali – intrattenute nel nostro Paese, che non può essere effettuata in sede di interpello, ma solo in sede di eventuale accertamento.
Per quanto esposto, in questa sede, lo status di non residente del contribuente istante, nonché quello di frontaliere non saranno oggetto di valutazione, ma saranno assunti così come rappresentati nell’istanza.
Nel merito si osserva che il paragrafo 4, dell’articolo 15, del citato Trattato internazionale stabilisce che “Nonostante le disposizioni precedenti del presente articolo, i redditi derivanti dal lavoro dipendente di persone abitanti nella zona di frontiera di uno degli Stati, e che lavorano nella zona di frontiera dell’altro Stato, sono imponibili soltanto nello Stato del quale dette persone sono residenti “.
Al riguardo si segnala che il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione Italia-Francia reca, al paragrafo 9, la definizione delle zone di frontiera che consistono, per l’Italia, nelle Regioni che confinano con la Francia e per la Francia, nei dipartimenti che confinano con l’Italia.
Nel caso di specie, l’istante per assumere lo status di frontaliere deve, pertanto, avere la propria abitazione in un dipartimento francese confinante con l’Italia e svolgere la propria attività lavorativa in una Regione confinante con la Francia (come in effetti avverrebbe, in base alle dichiarazione del contribuente, che svolge la propria attività lavorativa in Liguria presso la stazione di Ventimiglia).
In ragione della sopra citata disposizione convenzionale e nel presupposto che il contribuente, oltre a risultare fiscalmente residente in Francia, assuma lo status di frontaliere, il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia, presso la descritta società, deve essere assoggettato ad imposizione esclusiva in Francia e non è, pertanto, sottoposto a tassazione nel nostro Paese.
Per quel che concerne gli adempimenti a carico del sostituto d’imposta, si fa presente che, come più volte chiarito dall’Amministrazione finanziaria (cfr. risoluzioni Agenzia delle Entrate 12 luglio 2006, n. 86/E; 24 settembre 2003, n. 183/E e Ministero delle Finanze 10 giugno 1999, n. 95; 24 maggio 2000, n. 68) i sostituti d’imposta, possono, sotto la propria responsabilità, applicare direttamente l’esenzione o le minori aliquote convenzionali, soltanto previa presentazione, da parte dei beneficiari del reddito, della documentazione idonea a dimostrare l’effettivo possesso di tutti i requisiti previsti dalla Convenzione per la sua applicazione.
Pertanto, il sostituto d’imposta, non essendo obbligato ad applicare il regime convenzionale, in caso d’incertezza sulla sussistenza dei requisiti previsti dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni è tenuto ad operare le ritenute con le modalità previste dall’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Si precisa che l’istante, pur subendo le ritenute dal datore di lavoro italiano, non è obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia, qualora abbia come unico reddito quello da lavoro dipendente di cui alla presente istanza di interpello e non ricorrano altre circostanze tali per cui sia tenuto, secondo la normativa italiana, alla presentazione di detta dichiarazione.
Il contribuente, per ottenere la restituzione delle ritenute subite, potrà inoltrare apposita istanza all’Agenzia delle Entrate – Centro Operativo di Pescara, entro il termine di 48 mesi dalla data del prelevamento dell’imposta (cfr. articolo 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602).
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale della Liguria, è resa dalla scrivente sulla base di quanto previsto al paragrafo 2.8 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 4 gennaio 2016, come modificato dal Provvedimento del 1° marzo 2018.
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