Per i giudici di legittimità nei caso di appalto di servizi i lavoratori non decadono dalla facoltà di passare alle dipendenze dell’impresa che subentra nella gestione se rivolgono la domanda al giudice a oltre sessanta giorni dal licenziamento comunicato dal vecchio datore.
Poiché non trova applicazione nel caso di specie la decadenza prevista dall’art. 32, comma quarto del collegato lavoro, in seguito modificato dal D.Lgs. n. 81/2015. Infatti il termine dei 60 giorni per l’impugnativa del licenziamento risulta prevista nelle ipotesi di interposizione, quando il lavoratore chiede di stabilizzato presso il datore che ritiene effettivo.
Mentre risulta del tutto evidente l’ipotesi dell’appalto di servizi in cui è il contratto di categoria a prevedere che l’impresa subentrante assuma ex novo il personale in forza a quella cessante.
Per i giudici di legittimità ha errato la Corte territoriale a dichiarare decaduti i lavoratori perché sarebbero scaduti i sessanta giorni a disposizione per l’azione giudiziaria sul rilievo che il collegato lavoro, poi ritoccato anche dal Jobs Act, ha esteso il termine di impugnativa ex art. 6 della legge n. 604/1966 a fattispecie diverse dal licenziamento, con l’obiettivo di evitare lunghi contenziosi giudiziari. Per la Corte Suprema il termine di sessanta giorni non può valere nella specie perché il lavoratore non rivendica un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal «titolare del rapporto» poiché vi è un avvicendamento nella gestione dell’appalto, che è previsto dal contratto di categoria, e non può dunque valere il limite temporale posto all’esercizio dell’azione giudiziaria, frutto di una norma eccezionale.