AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 15 dicembre 2020, n. 593
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a) legge 27 luglio 2000, n. 212 – Termini di emissione della nota di variazione ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito istante o locatore) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante ha stipulato, in data 30 gennaio 2009, con la società [BETA] (di seguito affittuario), i seguenti contratti d’affitto di ramo d’azienda:
1. attività di “vendita di prodotti […]”, denominato “[…]”, per un canone pari al 7,5% del fatturato, con un minimo annuo garantito di 20.000 euro oltre IVA, suddiviso in rate trimestrali anticipate;
2. attività di “[…]”, denominato “[…]”, per un canone pari al 7,5% del fatturato, con un minimo annuo garantito di 69.000 euro oltre IVA, suddiviso in rate trimestrali anticipate;
3. attività di “vendita al dettaglio di […]”, denominato “[…]”, per un canone pari al 7,5% del fatturato, con un minimo annuo garantito di 38.000 euro oltre IVA, suddiviso in rate trimestrali anticipate.
L’istante ha emesso le fatture relative a tali canoni rimaste inevase per un totale di 371.650,43 euro.
Con sentenza n. […] del […] 2011, il Tribunale ordinario di […], su ricorso ex articolo 447-bis cpc, ha dichiarato la risoluzione dei citati contratti per inadempimento dell’affittuario, condannandolo a restituire i rami d’azienda con i relativi locali aziendali, a pagare i canoni scaduti oltre gli interessi e a rimborsare le spese sostenute per tale procedimento.
Il […] 2013, con atto di precetto regolarmente notificato, l’istante ha intimato all’affittuario il pagamento della somma complessiva di 381.872,19 euro, oltre interessi e spese, con avvertenza che in difetto si sarebbe proceduto ad esecuzione forzata.
Il […] 2014, il Tribunale civile di […] ha dichiarato il fallimento dell’affittuario, quindi, l’istante ha chiesto di essere ammessa al passivo del fallimento per l’importo di 461.633,78 euro.
Il […] 2016, il curatore fallimentare ha comunicato all’istante l’ammissione al passivo fallimentare per l’intero importo ed il […] 2019 il Tribunale, sull’istanza ex articolo 118 della legge fallimentare avanzata dal curatore, ha dichiarato la chiusura del fallimento.
Il sopra menzionato atto è stato depositato in cancelleria il […] 2019, ma da quanto riferito dall’istante non le è mai stato notificato, la stessa ne è venuta a conoscenza, casualmente, soltanto nel mese di luglio 2020.
Ciò premesso, l’istante chiede di conoscere quale sia il dies ad quem entro il quale esercitare il diritto al recupero dell’IVA, ossia:
1. se la nota di variazione possa essere emessa al più tardi entro i novanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta 2019, dal momento che sono considerate valide per legge le dichiarazioni presentate nei suddetti termini ai sensi del combinato disposto degli articoli 2 ed 8 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322;
2. se la nota di credito emessa nei sopra menzionati termini debba confluire nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stata emessa la nota di variazione, modello IVA/2021, ovvero nella dichiarazione relativa all’anno in cui è sorto il diritto a recuperare l’IVA, modello IVA/2020.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene di essere «ancora nei termini per emettere la nota di variazione e, quindi, procedere alla detrazione dell’Iva afferente.
Più nello specifico, (…), una lettura sistematica delle norme e delle pronunce dell’amministrazione finanziaria porta a ritenere che (…) sussistano i presupposti per emettere la nota di variazione in diminuzione entro il termine dei novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione IVA.
Tale dichiarazione, difatti, per effetto del combinato disposto dell’art. 2 comma 7 e dell’art. 8 del d.p.r. n. 322/1998, è valida se presentata entro il termine di novanta dalla scadenza ordinaria. In altre parole, (…), la dichiarazione IVA può essere validamente presentata (salvo il pagamento di una sanzione) nel più lungo termine dei novanta giorni rispetto al termine ordinariamente previsto».
Secondo l’istante, inoltre, « (…) non esiste alcuna specifica disposizione normativa che individui un esatto termine entro cui emettere una nota di variazione che tragga origine da una procedura fallimentare rimasta infruttuosa. (…), tale termine è stato fatto coincidere con il lasso temporale individuato dal legislatore per l’esercizio del diritto di detrazione, individuato dall’art. 19 del d.p.r. n. 633/1972, ossia “al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto”.».
«In tale prospettiva, in considerazione del fatto che la dichiarazione tardiva presentata nei novanta giorni successivi a quello ordinariamente previsto (…) sortisce gli stessi effetti e ha lo stesso valore ai fini fiscali della dichiarazione presentata nel termine ordinario, a parere dell’istante, non è ravvisabile alcuna ragione fiscale che impedisca di identificare il momento di cui all’art. 19 comma 1 del decreto iva con la dichiarazione presentata novanta giorni dopo il termine ordinario di presentazione della dichiarazione iva.
Se ciò è vero per esercitare il diritto di detrazione, l’istante (…) ritiene sia ragionevole poter emettere la nota di variazione che trae origine dalla chiusura del fallimento n. […] avvenuta nel 2019, entro il 28 settembre 2020, ossia entro 90 giorni dal 30 giugno 2020. Su tali basi, (…) intende emettere la nota di variazione in data 28 settembre 2020, (…) farà concorrere tale nota di variazione alla liquidazione Iva non prima di aver ricevuto risposta alla presente istanza.».
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare si evidenzia che il parere della scrivente viene reso unicamente sulla fattispecie concreta così come descritta dall’istante. Al riguardo, si rammenta che qualora in sede di attività di controllo dovessero emergere fatti e circostanze idonei a modificare lo scenario sopra descritto, il presente parere non esplicherebbe alcuna efficacia.
L’articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA), dispone che «se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (…) o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25.».
La richiamata disposizione regola le variazioni “in diminuzione” dell’imponibile e dell’imposta il cui esercizio, diversamente dalle variazioni “in aumento”, ha natura facoltativa ed è limitato ai casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali rientrano le ipotesi di procedure esecutive individuali e concorsuali rimaste infruttuose.
Sul punto, può farsi riferimento a quanto chiarito con la circolare 17 aprile 2000, n. 77/E, e con le successive risoluzioni 12 ottobre 2001, n. 155/E, 18 marzo 2002, n. 89/E, 16 maggio 2008, n. 195/E, laddove viene precisato che «Per quanto attiene, in particolare, all’ipotesi di mancato pagamento, in tutto o in parte, a causa di procedure concorsuali, rimaste infruttuose, dell’importo fatturato, è da rilevare, in via generale, che tale circostanza viene giuridicamente ad esistenza allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo. Il verificarsi di tale evento postula, quindi, in via preventiva, da un lato l’acclarata insolvenza dell’importo fatturato e l’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale, dall’altro la necessaria partecipazione del creditore al concorso» (cfr. paragrafo 2.a) della circolare n. 77/E del 2000).
In particolare, per ciò che attiene al fallimento, «al fine di individuare l’infruttuosità della procedura occorre fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto (articolo 110 del Regio decreto n. 267 del 1942), oppure, ove non vi sia stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso (articolo 119 del Regio decreto n. 267 del 1942)» (cfr. paragrafo 2.a) della circolare n. 77/E del 2000).
Una volta verificatosi il presupposto per operare la variazione, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA resta subordinato alle condizioni imposte dall’articolo 19 del decreto IVA. In proposito, con la circolare del 17 gennaio 2018, n. 1/E, al paragrafo 1.5, è stato precisato che «Per quanto riguarda la procedura di variazione da attivare ai sensi del comma 2 dell’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, per effetto del combinato disposto dell’articolo 26 e dell’articolo 19 del medesimo decreto, detta procedura deve realizzarsi (e, dunque, la nota di variazione deve essere emessa) entro i termini previsti dal comma 1 del citato articolo 19. In particolare, tenendo conto della nuova formulazione dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa (e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta), al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione», ovvero, in base al comma 1 dell’articolo 8 del DPR n. 322 del 1998, a regime, entro il 30 aprile.
Nel caso in esame, posto che, dal tenore dell’istanza, non pare esserci stato un piano di riparto finale, l’esercizio del diritto alla variazione risulta subordinato alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento. Al riguardo, l’articolo 26 della legge fallimentare prevede, al terzo comma, che « Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se quest’ultimo ha emesso il provvedimento. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione».
Tuttavia, il successivo quarto comma della citata norma dispone che «Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può più proporsi decorso il termine perentorio di novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria».
Tanto premesso, nel caso di specie, il deposito del provvedimento ha avuto luogo il […] 2019 e, quindi, i termini per proporre reclamo al decreto sono scaduti nel 2019;
è, dunque, fino alla data di presentazione della dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta 2019 che la nota di variazione in diminuzione poteva essere emessa ed il diritto alla detrazione dell’IVA esercitato, essendo ormai certa l’infruttuosità della procedura concorsuale.
A tal riguardo, si ricorda che il termine di presentazione della dichiarazione IVA/2020 per il periodo 2019 – normalmente fissato al 30 aprile 2020 (cfr. articolo 8, comma 1, del DPR n. 322 del 1998) – per effetto del combinato disposto dei commi 1 e 6 dell’articolo 62, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, è stato differito al 30 giugno 2020. Ne consegue, con riferimento al quesito di cui al punto 1), che la nota di variazione in diminuzione poteva essere emessa al più tardi entro il 30 giugno 2020. Il riferimento contenuto nel citato articolo 19 deve intendersi, infatti, al termine ordinario di cui all’articolo 8, del dPR n. 322 del 1998, e non anche alla previsione contenuta nel comma 7 dell’articolo 2, che considera «valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo».
In assenza di un documento emesso nei termini, il diritto a detrazione non può essere esercitato.
Tuttavia, tenuto conto che l’istante riferisce che «La curatela non ha mai notificato ad IGD detto provvedimento di chiusura del Fallimento.
La società è, dunque, venuta casualmente a conoscenza della chiusura del Fallimento n. […] di [BETA] soltanto nel corso del mese di luglio 2020», tornano applicabili i chiarimenti resi con la risposta n. 190 pubblicata il 13 giugno 2019 nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia, www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agliinterpelli/interpelli, secondo cui laddove il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ex articolo 26, comma 2, del dPR n. 633 del 1972 per recuperare l’IVA versata e non incassata, «in alternativa, al fine di dare attuazione al principio di neutralità, secondo il quale il contribuente è tenuto a versare solo l’IVA effettivamente incassata (cfr. Corte di Giustizia 26 gennaio 2012, causa C-588/10 punto 27), l’istante può presentare istanza di rimborso ex articolo 30-ter del dPR n. 633 del 1972, secondo cui “Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.”».
Nel caso prospettato nell’istanza, il presupposto per la restituzione è costituito dalla scadenza del termine per opporre reclamo al decreto di chiusura del fallimento, con il quale l’infruttuosità della procedura è divenuta definitiva.
Tenuto conto di quanto chiarito con riferimento all’impossibilità di emettere la nota di variazione in diminuzione, deve intendersi assorbito il secondo quesito concernente l’individuazione della dichiarazione annuale IVA nella quale far confluire la predetta nota.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- Note di variazione IVA - Obbligo di emissione delle note di variazione in aumento in ipotesi di inefficacia di un accordo transattivo stipulato nell''ambito di un piano attestato di risanamento ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del…
- Modalità di recupero di maggiori versamenti effettuati a titolo di Iva in regime di scissione dei pagamenti (split payment) ai sensi dell'art. 17-ter del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, in assenza di emissione di nota di variazione in diminuzione di cui…
- Note di variazione IVA - Criteri di emissione in casi particolari - Articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 - Risposta n. 386 del 20 luglio 2022 dell'Agenzia delle Entrate
- Emissione delle note di variazione ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 9, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 - Risposta 17 febbraio 2021, n. 119 dell'Agenzia delle Entrate
- Cessione ramo d'azienda - Plusvalenza ed esclusione dal campo di applicazione dell'Iva - Articolo 86, commi 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e articolo 2, comma 3, lettera b), decreto del Presidente della…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…