La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12729 depositata il 19 maggio 2017 intervenendo in tema di trasferimento del dipendente ha riaffermato che è legittimo il provvedimento del datore di lavoro che dispone il trasferimento del lavoratore, a seguito della soppressione del posto di lavoro, anche per i dipendenti che beneficiano della legge 104/1992 per l’assistenza di un familiare disabile a determinate condizione.
La vicenda ha riguardato una dipendente di un ASL a cui veniva notificato il provvedimento di trasferimento resosi necessario a seguito della riorganizzazione aziendale aveva portato alla soppressione del suo posto di lavoro. La lavoratrice era “beneficiaria della legge 104 per assistere un suo familiare” impugnava il provvedimento innanzi al Tribunale, in veste del giudice del lavoro, per ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento aziendale. Il Tribunale adito rigettava la domanda della lavoratrice. Avverso la decisione del giudice di prime cure veniva proposto ricorso alla Corte di Appello, i cui giudici rigettavano la domanda proposta confermando la decisione di primo grado. In particolare per i giudici di appello affermavano che il trasferimento era conforme alla disciplina convenzionale e normativa, in quanto, ai sensi dell’art. 18 del CCNL del comparto sanità e pur applicando l’art. 2103 cod. civ., le ragioni organizzative erano state ampiamente dimostrato in ragione della chiusura del servizio di radiologia.
La dipendente pubblica proponeva ricorso in cassazione, avverso la decisione dei giudici territoriali, fondato su due motivi.
Gli Ermellini rigettano il ricorso della dipendente riconfermando il principio di diritto secondo cui “la disposizione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati in funzione della tutela della persona disabile, sicché il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare, che egli assiste, non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, a fronte della natura e del grado di infermità psico-fisica di quello, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.” (Cass. sentenza n. 25379 del 2012)
Per cui, per i giudici di legittimità, qualora il posto di lavoro viene soppresso per giustificate ragioni organizzative, il dipendente che assiste un familiare disabile in base alla legge 104/92, non può opporsi al trasferimento intimatogli dal datore di lavoro. Si rammenta che l’art. 36 della legge 104/92 statuisce il diritto, non assoluto, del lavoratore che convive con parente o affine entro il terzo grado handicappato grave o lo assistita con continuità, di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. Tuttavia, il trasferimento può essere adottato in presenza di condizioni di necessità. Ciò però sempre a condizione che il datore di lavoro non dimostri «la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte». Tali esigenze devono essere provate dall’azienda in caso di contestazione del dipendente.
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