AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 12 luglio 2019, n. 231
Interpello Articolo 11, comma 1, lett.a), legge 27 luglio 2000, n.212. Trasferimento del diritto di nuda proprietà di un’azienda. Articolo 3, comma 4-ter del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346
Quesito
La contribuente istante rappresenta che con contratto di donazione ha acquisito l’azienda agricola che ha per oggetto l’esercizio dell’attività agricola. Ai sensi dell’art. 7, ultimo capoverso, del predetto contratto, ha chiesto l’agevolazione fiscale di cui all’art. 3, comma 4-ter del D.lgs. n. 346 del 1990, impegnandosi a proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a cinque anni.
L’istante è ora intenzionata a cedere la nuda proprietà di parte della porcilaia al marito, riservandosi, tuttavia, il diritto d’usufrutto vita natural durante, e chiede se:
– pur in presenza di prosecuzione dell’attività d’impresa e pur riservandosi il diritto d’usufrutto sull’immobile, l’atto di cessione della nuda proprietà di una parte della porcilaia comporti la decadenza dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 3, comma 4-ter del D.lgs. n. 346 del 1990;
– in caso di decadenza, l’atto di cessione comporti che l’imposta complementare ipotecaria e catastale debba essere recuperata sulla rendita catastale rivalutata dell’immobile ceduto.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Ai sensi dell’art. 2555 del Codice Civile “l’azienda è il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. L’azienda deve, pertanto, essere intesa in senso “dinamico”, in quanto i beni materiali ed immateriali, mobili ed immobili che la compongono, possono anche variare nel tempo, senza mutare l’azienda stessa che conserva l’attitudine a realizzare profitti.
Quanto alla natura giuridica dell’azienda, la dottrina e la giurisprudenza considerano l’azienda come “universalità”. Ai sensi dell’art. 816 del Codice Civile è considerata universalità la pluralità di beni che appartengono alla stessa persona e che hanno una destinazione unitaria: “Le singole cose componenti l’universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici”.
Pertanto, a giudizio della contribuente istante, la cessione di un bene che non sia determinante per l’esercizio dell’attività d’impresa e che non incida negativamente sull’attitudine dell’azienda a realizzare profitti non dovrebbe comportare la decadenza dell’agevolazione richiesta.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 3, comma 4-ter, del decreto legislativo n. 346 del 1990, dispone che “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1),del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.”
In generale, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni i trasferimenti di aziende o rami di esse, di azioni e quote sociali, attuati in favore dei discendenti e del coniuge mediante disposizioni mortis causa, donazioni, atti a titolo gratuito o costituzione di vincoli di destinazione, nonché mediante patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile.
Con la richiamata disposizione, il legislatore ha inteso favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, a condizione che i beneficiari del trasferimento proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Detto passaggio si verifica anche nell’ipotesi in cui il soggetto sia beneficiario esclusivamente del diritto di usufrutto, posto che l’usufruttuario ha il diritto di godere della cosa e, nel caso specifico di usufrutto di azienda, ha il dovere di gestire l’azienda, nel rispetto dei limiti stabiliti dalle norme.
In effetti, l’art. 981 del c.c. dispone che “L’usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica. …”, mentre l’art. 2561 c.c. (‘Usufrutto dell’azienda’) prevede, tra l’altro, che “L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte …”.
Di converso, il “nudo proprietario”, pur avendo la titolarità del bene gravato dall’usufrutto, non dispone del diritto di godimento né dei poteri di gestione dell’azienda ricevuta a titolo gratuito. In tale caso, quindi, non può trovare applicazione tale disposizione agevolativa, in assenza di uno dei presupposti necessari, vale a dire la prosecuzione dell’esercizio dell’attività dell’impresa per i cinque anni successivi al trasferimento.
Le suesposte considerazioni assumono rilievo nel caso in esame dal momento che, per rispondere al quesito rappresentato in istanza – relativo alla possibile decadenza dall’agevolazione fruita con l’atto di donazione – occorre prioritariamente stabilire se in tale atto sono soddisfatti tutti i presupposti richiesti dalla disposizione in commento.
In effetti, dall’esame di tale atto di donazione emerge che i genitori hanno donato alla figlia la nuda proprietà su alcuni beni (immobili) ed il diritto di proprietà su altri beni (mobili).
Più in particolare, il trasferimento della nuda proprietà riguarda beni immobili (tra cui ufficio e casa di abitazione) il cui valore è assolutamente prevalente e rilevante rispetto al complesso dei beni presenti in atto (circa il 97 per cento).
Tale circostanza, per quanto detto in precedenza in ordine al trasferimento al beneficiario del diritto di nuda proprietà del complesso aziendale, comporta l’impossibilità di fruire della disposizione agevolativa. Per completezza, occorre inoltre rappresentare che tra i presupposti richiesti dalla norma occorre verificare, nella diversa sede dell’attività di accertamento, che il complesso oggetto di donazione sia qualificabile come azienda.
Con riferimento al quesito in istanza, per le considerazioni sopra espresse in tema di diritto di usufrutto sul complesso aziendale, si può concludere che, in linea generale, il soggetto titolare di un’azienda ricevuta con atto di donazione che successivamente trasferisce, entro il quinquennio, il diritto di nuda proprietà della medesima azienda o ramo di azienda, non decade dall’agevolazione in esame, a condizione che prosegua l’esercizio dell’attività di impresa.
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