La Corte di Cassazione con la sentenza n. 8053 del 29 marzo 2017 intervenendo in tema di imposte di successioni ha affermato che l’assunzione della qualità di erede non può certamente desumersi dalla mera chiamata all’eredità, né dalla denuncia di successione che si configura come un atto di natura meramente fiscale che non ha rilievo ai fini dell’assunzione della qualità di erede. Per cui nè consegue che “solo l’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass. n. 6479 del 2002, Cass. n. 2849 del 1992)”.
Pertanto affinché possa affermarsi l’obbligazione del chiamato all’eredità a rispondere dei debiti del de cuius anche di natura tributaria è indispensabile l’accettazione dell’eredità che costituisce una condizione imprescindibile. Diversamente non può essere considerato obbligato chi abbia rinunciato all’eredità, ai sensi dell’art. 519 cod.civ..
Nella vicenda esaminata dalla Corte Suprema l’atto di rinuncia all’eredità era stato effettuato tardivamente, rispetto al termine stabilito dall’art. 31 del T.U n. 346 del 1990, e senza provvedere alle modalità previste dall’art. 28, comma 6, del d.lgs. n. 346 del 1990. Infatti la rinuncia all’eredità era stata formalizzata uasi tredici anni dopo l’apertura della successione, quando invece era stata presentata l’anno dopo il decesso una dichiarazione di successione in cui, tra gli eredi, la stessa ricorrente figurava.
L’Amministrazione finanziaria eccepisce che la rinuncia all’eredità è di per sé irrilevante ai fini fiscali, se non è seguita da una denuncia di successione rettificativa e/o modificativa da presentarsi al competente ufficio finanziario con le modalità dell’art. 28, comma 6, del d.lgs. n. 346 del 1990.
Gli Ermellini hanno riconosciute fondate le motivazioni del contribuente riconoscendo che l’accettazione dell’eredità è il solo presupposto perché si possa rispondere dei debiti ereditari, una eventuale rinuncia, anche se tardivamente proposta, esclude che possa essere chiamato a rispondere dei debiti tributari il rinunciatario, sempre che egli non abbia posto in essere comportamenti dai quali desumere una accettazione implicita dell’eredità (art. 476 cod. civ.), ma della relativa prova l’Amministrazione finanziaria è parte processualmente onerata. Nella specie, la dichiarazione di rinuncia è stata proposta decorso il termine di dieci anni per accettare l’eredità (art. 480 cod. civ.), dovendosi ritenere in concreto del tutto inutile, in quanto riguardava un’eredità rispetto alla quale il diritto ad accettare si era ormai prescritto. Ai sensi dell’art. 521 cod.civ., la rinuncia ha effetto retroattivo, pertanto, chi rinuncia all’eredità è considerato come se non fosse stato mai chiamato. Il principio è analogo a quello che vale in tema di accettazione (art. 459 cod. civ.), e ne condivide la medesima funzione: l’erede succede al de cuius senza soluzione di continuità.