AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 22 settembre 2020, n. 386
Interpello Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Trattamento fiscale, ai fini IVA, delle somme dovute in esito alla conclusione di una conciliazione giudiziale. Art. 3 e 15 del dPR n. 633/72.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’istante rappresenta che nell’ambito di un contenzioso relativo a presunti danni cagionati ad un immobile di proprietà di una società privata, condotto in locazione, ha aderito, senza alcuna ammissione di responsabilità e al solo fine di chiudere bonariamente la vicenda, ad una proposta di conciliazione formulata dal giudice civile ai sensi dell’articolo 185-bis del codice di procedura civile. In occasione dell’udienza nella quale si sarebbe dovuto redigere il verbale di conciliazione, la controparte ha eccepito che gli importi indicati nella proposta conciliativa, come formulata dal giudice, non erano comprensivi dell’Iva al 22% che, in base a quanto rilevato dalla medesima controparte in giudizio, dovrebbe essere necessariamente indicata nella fattura da emettere per la liquidazione delle somme.
Ciò premesso, l’interpellante chiede di conoscere il trattamento fiscale cui assoggettare le somme dovute in esito alla conclusione della conciliazione giudiziale ed in particolare se per esse sia dovuta l’Iva o l’imposta di registro.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante fa presente che l’Avvocatura Generale dello Stato ha evidenziato la correttezza del rilievo della società, considerata la natura giuridica delle somme da corrispondere in esecuzione della conciliazione, che si sostanziano in un “rimborso spese di ripristino per inadempienza contrattuale, che come tale non ricade nell’ambito delle esclusioni dal computo della base imponibile di cui all’art. 15 n. 3 del DPR 633/72, rientrando in tale esclusione “i soli rimborsi delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte”.
L’interpellante ritiene, tuttavia, che le conclusioni cui è pervenuta l’Avvocatura Generale dello Stato siano in contrasto con gli orientamenti interpretativi e giurisprudenziali vigenti in materia.
Permangono, infatti, dubbi in merito alla effettiva applicabilità dell’Iva sugli importi che l’istante ha accettato di versare in sede conciliativa.
In particolare, rinvia alle considerazioni della Corte di Cassazione, rese con sentenza 27 giugno 2008, n. 17633, circa la non imponibilità Iva delle somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno, nonché a titolo di interessi moratori, penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali di cui all’articolo 15 del dP.R. n. 633 del 1972, tra le quali rientrano, secondo tale interpretazione, le somme che derivano da una transazione, alla quale è riconducibile il verbale di conciliazione redatto dal giudice, nel caso di specie, ai sensi dell’articolo 185-bis cpc, in quanto tali somme non sono ascrivibili agli obblighi di pagamento, essendo già espressamente soggette ad imposta di registro, ai sensi dell’articolo 29 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR).
L’interpellante, inoltre, fa leva sulla interpretazione fornita in merito al trattamento fiscale applicabile ai verbali di conciliazione, con risoluzione 6 agosto 2009, n. 206, in cui riscontra elementi utili ad escludere l’applicabilità dell’Iva.
A tal proposito, osserva che l’articolo 37 del TUR equipara agli «atti giudiziari in materia di controversie civili che definiscono parzialmente il giudizio» soggetti ad imposta di registro, gli «atti di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’Amministrazione dello Stato» che, pertanto, sarebbero anche essi soggetti ad imposta di registro e non ad Iva, mentre l’articolo 8, parte I, nota II), della Tariffa, allegata al TUR, nel richiamare l’articolo 40 del TUR, ribadisce il « principio di alternatività Iva-registro».
Sulla base di quanto precede, l’interpellante ritiene che nel caso di specie, in attuazione del predetto principio di alternatività, trovi applicazione l’imposta di registro con aliquota del 3% prevista dal citato articolo 8 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, e non l’Iva.
In particolare, trattandosi di somme da corrispondere alla controparte in esecuzione di un verbale di conciliazione giudiziale ex articolo 185-bis cpc assimilabile alla transazione, come da interpretazione resa dalla Corte di Cassazione, che ha escluso l’imponibilità ai fini Iva, tali somme debbano essere assoggettate ad imposta di registro nella misura proporzionale del 3%.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il principio di alternatività Iva-registro è previsto dall’articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR) secondo cui «Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa».
Per quanto di interesse, occorre inoltre citare anche la nota II dell’articolo 8 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, secondo cui «Gli atti di cui al comma 1 lettera b) ed al comma 1 bis non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valor aggiunto ai sensi dell’articolo 40 del testo unico».
Pertanto, per stabilire il corretto trattamento fiscale delle somme corrisposte dall’amministrazione istante a favore della società, occorre prioritariamente stabilire la sussistenza o meno dei presupposti ai fini Iva.
Più in particolare, assumendo come soddisfatti i presupposti soggettivo e territoriale, si esamina il presupposto oggettivo di cui all’articolo 3, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in base al quale «Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte». L’articolo 13, comma 1, del medesimo d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che «la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore, secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti». Ai sensi del successivo articolo 15, comma 1, n. 3), inoltre, non concorrono a formare la base imponibile «le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate». Con riferimento all’ambito applicativo di detta ultima norma, come chiarito con la risoluzione 5 agosto 2009, n. 203/E, si precisa che tale disposizione esclude dal computo della base imponibile le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate.
Nel medesimo documento di prassi è stato chiarito che si tratta di operazioni inquadrabili nell’ambito del contratto di mandato con rappresentanza (ex articolo 1704 del codice civile) in forza del quale le somme anticipate dal mandatario nei confronti di terzi e poi rimborsate specificamente dal mandante ovvero le somme anticipate dal mandante al mandatario come “provvista fondi” sono escluse dalla base imponibile Iva e, quindi, sono fuori dal campo di applicazione dell’imposta, a condizione che risultino regolarmente documentate da idonea fattura emessa da un terzo ed intestata direttamente al mandante. Nel caso di specie, l’istante, nell’ambito di un contenzioso relativo a pretesi danni cagionati ad un immobile di proprietà di una società e condotto in locazione, ha aderito, senza alcuna ammissione di responsabilità, al solo fine di chiudere bonariamente la vicenda, ad una proposta di conciliazione formulata dal giudice civile, ai sensi dell’articolo 185-bis cpc.
Detto articolo 185-bis prevede che «il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l’istruzione, formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa». Nel verbale di conciliazione allegato dall’interpellante, redatto, ai sensi dell’articolo 185-bis cpc, dal Tribunale X, si afferma che l’interpellante si farà carico integralmente del pagamento dell’importo pari ad euro (…).
In tal caso, si ritiene che non trovi applicazione l’esclusione dalla base imponibile Iva prevista ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Come evidenziato nella nota della Avvocatura Generale dello Stato allegata dall’interpellante, nell’ipotesi in cui, come dichiarato dalla medesima Avvocatura, le somme da corrispondere dall’interpellante sostanzino un rimborso di spese di ripristino per inadempienza contrattuale, non ricorrono difatti le condizioni enunciate nella menzionata risoluzione n. 203 del 2009, che ribadisce l’esclusione dalla base imponibile dell’Iva per le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte.
La fattispecie rappresentata non rientra, infatti, tra le operazioni inquadrabili nell’ambito del contratto di mandato con rappresentanza, come disciplinato ai sensi dell’articolo 1704 del codice civile, e quindi riconducibili all’articolo 15, comma 1, n. 3, del TUR.
Inoltre, occorre considerare che nel verbale di conciliazione è espressamente previsto che la società rinuncia nei confronti dell’istante “ad ogni altra pretesa fondata sull’inadempimento del contratto di locazione (…). La suddetta rinuncia è risolutivamente condizionata al corretto e tempestivo adempimento della presente conciliazione”.
Tale circostanza integra, in effetti, la sussistenza del sinallagma tra la prestazione di servizi e la somma di denaro, rappresentando il nesso diretto tra l’impegno assunto dalla società e la somma versata dall’istante.
Per le suesposte considerazioni, si ritiene che nel caso in esame sia integrato (anche) il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’Iva previsto per le prestazioni di servizi ai sensi del citato articolo 3 del dPR n. 633 del 1972.
Ne consegue che le somme dovute sulla base della conciliazione intervenuta tra le parti sono da assoggettare ad Iva, con applicazione dell’aliquota nella misura ordinaria del 22%.
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