AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 378 dell’ 11 luglio 2023
Trattamento fiscale applicabile agli interessi maturati su un mutuo concesso da una Banca ad un suo dipendente, in caso di operazione di cartolarizzazione – Articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante dichiara che:
il 18 luglio 2016 ha stipulato un mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale con la Banca di cui è dipendente;
in qualità di dipendente della Banca, al momento della stipula gli è stato riconosciuto un tasso di interesse più basso di quello correntemente applicato dalla stessa alla propria clientela;
il 31 marzo 2017 la Banca ha provveduto alla cartolarizzazione del mutuo in essere cedendo lo stesso ad una ”società veicolo” (Special purpose vehicle, di seguito ”SPV”).
Ciò posto, l’Istante chiede se, a seguito dell’avvenuta cartolarizzazione, agli interessi corrisposti in funzione del predetto mutuo devono continuare ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR, concernente i finanziamenti concessi ai dipendenti.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che, a decorrere dalla data della cartolarizzazione, la Banca «non ha più il ruolo di mutuante bensì di intermediario tecnico» e che, pertanto, siano venuti meno i presupposti per l’applicazione da parte della stessa della disciplina prevista dall’articolo 51, comma 4, lettera b), del TUIR; per tale motivo intende presentare un’istanza di rimborso delle maggiori imposte versate.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 51, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (di seguito TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 prevede che «Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
La predetta disposizione sancisce il c.d. ‘‘principio di onnicomprensività” del reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante, in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere ”offerti” dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
In relazione alla determinazione del reddito, il primo periodo del successivo comma 3, dispone che «Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9» del medesimo TUIR.
Costituiscono redditi di lavoro dipendente, da determinare ai sensi dell’articolo 51 del TUIR, non soltanto le somme e i valori che il datore di lavoro corrisponde direttamente ma anche le somme e i valori che, in relazione al rapporto di lavoro, sono erogate da soggetti terzi rispetto a tale rapporto.
Come chiarito nella circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n.326 (al par.2.3), l’espressione ”il diritto di ottenerli da terzi” va posta in collegamento con il principio generale vigente in materia di reddito di lavoro dipendente in base al quale costituisce reddito della medesima specie tutto ciò che il dipendente ”riceve”, anche da soggetti ”terzi”, in ”relazione” al rapporto di lavoro.
Pertanto, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta deve effettuare le ritenute a titolo di acconto con riferimento a tutte le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro intrattenuto con lo stesso, anche se talune delle suddette somme o valori sono corrisposti da soggetti terzi per effetto di un qualunque collegamento esistente con quest’ultimo (ad esempio, un accordo o convenzione stipulata dal sostituto d’imposta con il soggetto terzo).
Ciò significa che tra il sostituto d’imposta e il terzo erogatore e il dipendente sarà obbligatorio un sistema di comunicazioni che consenta di assoggettare correttamente a tassazione il totale del reddito di lavoro dipendente corrisposto (cfr. circolare ministeriale n. 326 del 1997 par. 3.2).
Sulla base di quanto chiarito, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui al citato articolo 51, comma 4, lettera b), non rilevano eventuali modifiche successive alla concessione del finanziamento relative, tra l’altro, alla cessazione del rapporto di lavoro (come, ad esempio, nel caso del pensionato) o del soggetto che risulta creditore al momento della scadenza delle rate, come nel caso ad esempio di fusioni tra banche o di crediti ceduti per effetto di operazioni di cartolarizzazione.
La sopra citata disposizione prevede che ai fini della quantificazione del reddito in natura, «in caso di concessione di prestiti si assume il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto [ndr. ora Tasso Ufficiale di Riferimento] vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi».
Al riguardo, nella richiamata circolare ministeriale è stato chiarito che tale disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata. La norma si applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici da parte di quest’ultimo. Pertanto, a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell’ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro.
Occorre sottolineare che la previgente disposizione contenuta nella lettera b) del comma 4 dell’articolo 51 prevedeva che, ai fini della determinazione del reddito, il raffronto dovesse essere operato con il tasso ufficiale «vigente al momento della concessione del prestito» e che l’articolo 13, comma 1, lettera b), n. 4), del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, ha modificato tale disposizione sostituendo il riferimento con il tasso ufficiale «vigente al termine di ciascun anno».
Pertanto, in base alla normativa in vigore, ai fini della determinazione del compenso in natura derivante dai prestiti erogati ai lavoratori dipendenti, occorre effettuare il confronto tra gli interessi calcolati al TUR vigente al termine di ciascun anno e quelli calcolati al tasso effettivamente applicato sul prestito.
Al riguardo, l’amministrazione ha anche fornito puntuali indicazioni di prassi nella circolare del Ministero delle Finanze 17 maggio 2000, n. 98, in risposta al quesito 5.2.1, chiarendo che il momento di imputazione del compenso in natura e di applicazione della ritenuta alla fonte è quello del pagamento delle singole rate del prestito come stabilite dal relativo piano di ammortamento.
La medesima circolare chiarisce che, ai fini dell’applicazione della ritenuta d’acconto, in base all’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la stessa «deve essere operata sull’ammontare complessivo di tutte le somme e i valori corrisposti in ciascun periodo di paga», tenendo conto «del TUS [ora TUR] vigente alla fine del periodo d’imposta precedente, salvo effettuare il conguaglio di fine anno tenendo conto del TUS [ora TUR] vigente al termine del periodo d’imposta».
Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, si evidenzia che la legge 30 aprile 1999 n. 130 ha introdotto la disciplina relativa alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti. Tali operazioni consistono, in sintesi, nella vendita di crediti ad una ”società veicolo” (SPV) che, per pagarne il prezzo di acquisto, si finanzia attraverso l’emissione di titoli obbligazionari.
La circolare n. 8/E del 6 febbraio 2003, nel delineare l’attività svolta dallo SPV, ha chiarito che «Tale società si limita a divenire cessionaria dei crediti e ad emettere, a fronte di essi, titoli negoziabili, restandole preclusa ogni attività imprenditoriale diversa da quelle strettamente necessarie all’effettuazione della singola operazione».
Pertanto, la cartolarizzazione, configurandosi come fattispecie di cessione del credito, non comporta per il mutuatario alcuna variazione dei termini e delle condizioni stabilite in sede di accensione del mutuo.
Sulla base degli elementi sopra riportati, si ritiene che, in relazione al contratto di mutuo a tasso agevolato in oggetto, ricorra il presupposto di cui alla lettera b) del comma 4 dell’articolo 51 del TUIR a nulla rilevando l’operazione di cartolarizzazione.
Ne consegue che costituisce reddito di lavoro dipendente il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al Tasso Ufficiale di Riferimento vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso previsto dal contratto di mutuo.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e non implica un giudizio in merito alla concreta applicazione, da parte del sostituto d’imposta, delle disposizioni di cui al citato articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR, conformemente al delineato quadro normativo e di prassi, su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.
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