AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 16 marzo 2021, n. 179
Interpello Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Trattamento fiscale applicabile alle somme erogate in attuazione di un accordo transattivo – IVA – Articolo 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante, in qualità di concessionario, ha stipulato quattro contratti per la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la gestione di altrettante strutture ospedaliere con alcune Aziende Unità Sanitarie Locali (di seguito, AUSL). Durante l’esecuzione dei lavori di costruzione, l’istante ha formulato alcune riserve nei confronti delle AUSL, oltre a richieste di carattere risarcitorio per fatti e circostanze occorsi durante i lavori di realizzazione delle strutture, formulando le proprie domande di indennità all’atto della firma del registro della contabilità.
Analogamente, le AUSL hanno avanzato pretese a carattere risarcitorio o effettuato alcune trattenute dai compensi erogati a titolo di penale per il ristoro di danni subiti sia nella fase di costruzione, sia di gestione delle strutture.
La società istante ha quindi successivamente avviato delle azioni giudiziarie nei confronti delle rispettive AUSL per richiedere la corresponsione di somme ritenute dovute.
Le AUSL hanno resistito nei relativi giudizi, avanzando alcune pretese mediante domande riconvenzionali.
Dopo l’instaurazione dei giudizi, la società e AUSL X hanno instaurato un procedimento di mediazione di fronte ad un organismo di Conciliazione con la stipula di un accordo per la complessiva definizione delle controversie insorte.
In particolare, le parti hanno sottoscritto due accordi transattivi di contenuto pressoché identico tramite i quali hanno definito tutte le reciproche posizioni fatta eccezione per quella relativa ad Y.
Tali accordi dispongono che l’AUSL dovrà corrispondere all’istante la somma complessiva di euro ….di cui una parte a saldo e stralcio di tutte le pretese elevate dalla società nei contenziosi pendenti (fatta eccezione per quella relativa ad Y) ed un’altra a titolo di restituzione della penale trattenuta dall’AUSL e non dovuta. Dal testo degli accordi transattivi intercorsi tra le parti, si ricava che le somme sono state pattuite “a totale saldo, stralcio e definizione delle predette ragioni di controversia” e “al solo fine di porre fine alla lite e senza riconoscimento alcuno delle opposte ragioni”.
Ciò premesso, l’istante chiede di conoscere il trattamento fiscale ai fini delle imposte indirette applicabile ad un accordo transattivo che preveda, senza alcun riconoscimento delle pretese della controparte, la corresponsione di somme di denaro a tacitazione di tutte le liti insorte in precedenza. In particolare, chiede di conoscere se a tale accordo transattivo si applichi l’imposta sul valore aggiunto ovvero l’imposta di registro.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che, nel caso di specie, le obbligazioni di pagamento scaturenti dagli accordi siano escluse dal campo di applicazione dell’Iva, trattandosi di somme corrisposte a titolo omnicomprensivo per la cessazione delle pretese avanzate nelle liti pendenti e in quanto tali si configurino come obbligazioni non legate con un nesso di corrispettività e sinallagmaticità rispetto alle prestazioni contrattuali dedotte nella lite.
Tali obbligazioni non prevedono la distinzione in voci né contengono alcun riconoscimento delle pretese azionate in giudizio, ma costituiscono in via generale un versamento determinato in via sintetica ed unitaria a fronte dell’abbandono dei contenziosi.
L’istante ritiene, inoltre, che non si verifichi alcuna forma di consumo che legittimi l’applicazione dell’Iva.
Le somme corrisposte assumono, invece, natura indennitaria dei maggiori oneri e danni sofferti dall’istante per i ritardi e le carenze progettuali dell’AUSL, risultando fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. n. 633 del 1972.
In conclusione, ritiene che gli accordi conciliativi debbano essere soggetti ad imposta di registro nella misura del 3% ai sensi dell’articolo 29 del TUR.
Inoltre, considerato che si tratta di accordi sottoscritti all’esito di un procedimento di mediazione finalizzato alla conciliazione, l’istante ritiene applicabile la previsione di cui all’articolo 17, comma 3, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, per cui il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro nel limite di valore di 50.000 euro e l’imposta è dovuta per la parte eccedente.
In altri termini, l’istante ritiene escluse dal campo di applicazione dell’Iva e, in base al principio di alternatività Iva-registro di cui all’articolo 40 del TUR, soggette ad imposta di registro, le obbligazioni assunte in una transazione che siano circoscritte alla rinuncia ai contenziosi pendenti e che non realizzano alcuna forma di consumo.
Ciò accade laddove le pretese estinte in seguito a transazione siano, come nel caso in esame, relative ad obbligazioni di contenuto risarcitorio, non aventi per oggetto cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili ai fini Iva.
A sostegno di tale tesi, l’istante evidenzia che l’Iva si applichi in presenza di due elementi: a) un nesso sinallagmatico diretto tra la prestazione di servizi svolta ed il controvalore ricevuto come corrispettivo e b) un effettivo consumo dei beni e servizi (in tal senso cita le sentenze della Corte Giustizia Europea, 29 febbraio 1996, Causa C- 215/94, 18 dicembre 1997, causa C- 384/95, e della Corte di Cassazione 12 novembre 2019, n. 29180).
In mancanza di tali elementi, l’operazione non può rientrare nel campo di applicazione del tributo.
In applicazione dei principi generali, l’articolo 15 del d.P.R n. 633 del 1972 dispone l’esclusione dalla base imponibile Iva delle somme dovute a titolo di interessi moratori, penalità ovvero indennizzo o risarcimento per irregolarità nell’adempimento, dato che in tali casi non si è in presenza di un nesso diretto tra prestazione e corrispettivo né si realizza alcun consumo.
Ai fini Iva, il trattamento impositivo varia in funzione del contenuto degli stessi: l’analisi del contenuto del singolo accordo permette di individuare se la reale volontà delle parti sia quella di porre in essere uno scambio sinallagmatico tra una prestazione e un corrispettivo che importi consumo ovvero di realizzare un diverso schema. Sulla base della citata giurisprudenza unionale, l’istante ritiene che l’Iva non si applichi alle prestazioni di “non fare” dietro corrispettivo che non determinino un effettivo consumo.
Inoltre, la Corte di Cassazione, con sentenza 5 settembre 2014, n. 18764, ha ritenuto non soggetta ad Iva una transazione novativa che prevede una erogazione di denaro a fronte dell’impegno negativo che consiste nell’abbandonare il giudizio e non intentare ulteriori cause.
In tale schema, oltre a riconoscersi valenza risarcitoria alle somme pattuite, si esclude che lo scambio di prestazione negativa contro corrispettivo integri una fattispecie generale di consumo. L’atto transattivo che prevede l’erogazione di una somma omnicomprensiva, senza distinzione di voci, a tacitazione di tutte le pretese fatte valere in giudizio è stato ritenuto non soggetto ad Iva per carenza di nesso sinallagmatico tra prestazione resa e corrispettivo ricevuto (cfr. sentenza Corte di Cassazione 27 giugno 2008, n. 17633).
Inoltre, le somme a titolo indennitario corrisposte in relazione ad un rapporto contrattuale, ma non legate da un nesso sinallagmatico di corrispettività con la prestazione oggetto del rapporto principale non scontano l’Iva (in tal senso cfr. risposta n. 16 del 29 gennaio 2019).
Parere dell’Agenzia delle entrate
Ai sensi dell’articolo 1965 del codice civile «la transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni, si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti ».
L’articolo 29 del Testo Unico dell’imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR) dispone che «per le transazioni che non importano trasferimento di proprietà o trasferimento o costituzione di diritti reali l’imposta si applica in relazione agli obblighi di pagamento che ne derivano senza tenere conto degli obblighi di restituzione né di quelli estinti per effetto della transazione».
Ciò premesso, l’articolo 40 del TUR nel prevedere il principio di alternatività tra l’Iva e l’imposta di registro, stabilisce che «per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa».
In attuazione di tale principio, per stabilire il corretto trattamento impositivo applicabile a somme rivenienti da un accordo transattivo, occorre verificare se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
A tal proposito, l’articolo 3, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che «Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte».
Con sentenza 3 settembre 2015, Causa C-463/14, la Corte di Giustizia UE ha precisato che “la base imponibile di una prestazione di servizi è costituita da tutto ciò che è ricevuto quale corrispettivo del servizio prestato e che una prestazione di servizi è pertanto imponibile solo quando esista un nesso diretto tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto. Di conseguenza, una prestazione è imponibile soltanto quando tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, in cui il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario”.
In relazione alla imponibilità ai fini Iva delle obbligazioni di non fare, la Corte di Cassazione, con sentenza 31 luglio 2018, n. 20233, ha inoltre precisato che “nella concreta fattispecie l’obbligazione contrattuale è stata quella di permettere l’esercizio del rammentato diritto di opzione “un’operazione di permettere – qui collegata al corrispettivo – che per essere assoggettata all’imposta non comporta necessariamente un consumo come è stato invece incidentalmente detto (v. Cass. sez. trib. n. 18764 del 2014, peraltro con riferimento a ipotesi affatto particolari che nella sostanza erano in realtà essenzialmente risarcitorie di una perdita di produzione agricola, Corte giust. n. 384 del 1977; Corte giust. n. 215 del 1996) E questo perché la prestazione di servizi – pure in prospettiva unionale – è un’operazione soggetta a IVA anche quando la stessa si risolve in un semplice non fare o come nel nostro caso in un permettere e purché si collochi all’interno di un rapporto sinallagmatico (Corte giust. n. 263 del 2016; Corte giust. n. 174 del 2002). Una restrizione come quella incidentalmente affermata non è in effetti contenuta nell’art. 6 Direttiva n. 388 del 1977 – cioè la “sesta Direttiva” – e conseguentemente nemmeno nel D.P.R. n. 633, art. 3 cit. che ne recepisce la previsione. Ed invero la prestazione di servizi viene connotata dalle rammentate fonti proprio come alternativa a quella sulla cessione di beni gravante sul consumo e – quindi – prescinde da quest’ultimo”.
Pertanto, sulla base di tale orientamento della Corte di Cassazione (v. analogamente anche sentenza 1 ottobre 2018, n. 23668) sussiste il rapporto sinallagmatico tra l’assunzione di un obbligo di non fare e l’erogazione di un corrispettivo a fronte dell’assunzione di un tale obbligo.
La Corte di Giustizia UE, con sentenza 29 febbraio 1996, Causa C-215/94, con riferimento all’indennità corrisposta ai produttori di latte per abbandonare la produzione lattiera, afferma che in tal caso “non sussiste consumo nell’accezione del sistema comunitario dell’IVA”.
In tale pronuncia si afferma che l’impegno dei produttori ad abbandonare la produzione lattiera dietro pagamento di una indennità non configura una prestazione di servizi.
In tal senso, viene chiarito che “assegnando un’indennità ai produttori agricoli che si impegnano a cessare la produzione lattiera, la Comunità non acquista beni né servizi a proprio uso, ma agisce nell’interesse generale, che è quello di promuovere il corretto funzionamento del mercato comunitario del latte. Di conseguenza, l’impegno del produttore agricolo di abbandonare la produzione lattiera non apporta né alla Comunità né alle autorità nazionali competenti vantaggi tali da far ritenere questi soggetti destinatari di un servizio. L’impegno di cui si tratta non costituisce, quindi, una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva”. Come si evince dal testo della pronuncia, l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’Iva nella peculiare fattispecie esaminata dai Giudici unionali si basa essenzialmente sulle finalità di “interesse generale (“promuovere il corretto funzionamento del mercato comunitario del latte”) alla base della erogazione della indennità diretta a compensare il produttore senza alcun “guadagno” per le istituzioni comunitarie in sé considerate.
Con riferimento alla fattispecie rappresentata dall’istante, si fa presente che l’accordo transattivo stipulato tra l’istante e l’AUSL in esito al procedimento di mediazione concluso di fronte all’apposito Organismo Conciliativo, all’articolo 3 prevede che sono state pattuite delle somme “a totale saldo, stralcio e definizione delle predette ragioni di controversia” e “al solo fine di porre fine alla lite e senza riconoscimento alcuno delle opposte ragioni” le parti transigono le controversie richiamate “alle seguenti condizioni: 1) AUSL X (…) riconosce (alla società istante) la somma transattiva omnicomprensiva di euro ….. a tacitazione e stralcio di tutte le domande proposte nel Giudizio A e nel Giudizio B; 2) AUSL X rinuncia integralmente all’applicazione della penale di cui al punto… che dunque si intende non dovuta, e per l’effetto AUSL X procederà al pagamento (alla società istante) dell’importo di euro …. quale rata di saldo dei lavori di costruzione dell’Ospedale… (e già trattenuta a valere come pagamento parziale della PENALE)”.
Il successivo articolo 5 prevede che “le Parti, solo all’esito dell’esatto, integrale e puntuale adempimento delle obbligazioni di pagamento previsti dall’articolo 3, non avranno null’altro da pretendere l’una dall’altra per nessuna ragione e/o titolo derivanti dalle questioni richiamate in premessa, che siano stati oggetto degli atti di causa allegati alla presente trattazione”.
Il successivo articolo 13 stabilisce inoltre che “il presente atto di transazione si risolve di diritto ex art. 1456 c.c, qualora( la società) dichiari ad AUSL che intende valersi della clausola risolutiva, in caso di mancato o tardivo adempimento oltre 180 giorni dalla sottoscrizione degli accordi degli impegni assunti da AUSL ai sensi del precedente articolo 3”.
Con riferimento alla somma di cui all’articolo 3 punto … dell’accordo transattivo, pari ad euro ….che AUSL X riconosce alla società istante a tacitazione e stralcio di tutte le domande proposte nel Giudizio A e nel Giudizio B, si ritiene integrato il requisito oggettivo per l’applicazione dell’Iva sussistendo il sinallagma tra la assunzione di un obbligo di non fare (che si sostanzia nella rinuncia alle liti) da parte dell’istante e l’erogazione di una somma di denaro da parte di AUSL X prevista a fronte della assunzione di tale obbligo.
Inoltre, tale sinallagma sussiste anche con riferimento al pagamento della somma di euro…, di cui al successivo punto …dell’articolo 3, con cui AUSL X rinuncia integralmente all’applicazione di una penale che si intende non dovuta, costituendo tale somma (già trattenuta a valere come pagamento parziale della penale) la rata di saldo dei lavori di costruzione dell’ Ospedale… effettuati dall’istante. Il pagamento di tale somma per effetto dell’accordo transattivo costituisce, pertanto, il corrispettivo dovuto da AUSL X per la prestazione di servizi (lavori di costruzione) resa dall’istante.
Tutto ciò premesso, le somme dovute sulla base della transazione intervenuta tra le parti sono soggette ad Iva.
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