AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 dicembre 2018, n. 157
Trattamento fiscale dei proventi derivanti da fondi immobiliari esteri – Articolo 44, comma 1, lettera g), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – Articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
L’istante è un ente di previdenza obbligatoria e, ai fini fiscali, si qualifica come un ente non commerciale.
Tale ente detiene direttamente, senza l’intervento di un intermediario, investimenti in quote di fondi immobiliari istituiti in Irlanda, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti d’America e in Australia.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 44, i proventi derivanti dalla partecipazione in fondi immobiliari di diritto estero costituiscono redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Tuttavia, l’istante evidenzia che tali proventi sono stati assoggettati a imposizione nei suddetti Stati della fonte in base alla natura del reddito derivante dalle distribuzioni effettuate a beneficio dei fondi dai veicoli sottostanti in cui i fondi immobiliari esteri investono (come dividendi, interessi e capital gain).
In sostanza, i suddetti Stati esteri considerano come trasparente i fondi immobiliari con la conseguenza che il reddito derivante dai veicoli in cui il fondo investe assume rilievo ai fini della qualificazione del provento.
Ciò posto, l’istante chiede se, ai fini della determinazione del credito d’imposta per i redditi prodotti di cui all’articolo 165 del Tuir, debba essere mantenuta la qualificazione del provento operata dallo Stato estero della fonte (dividendo, interesse, capital gain) ovvero se il provento derivante dal fondo immobiliare estero debba essere qualificato come interesse ai sensi della normativa italiana.
In altri termini, l’istante chiede se, ai fini della determinazione dell’importo massimo del credito d’imposta (nei limiti della ritenuta convenzionale), debba considerarsi il trattamento convenzionale degli interessi ovvero il trattamento convenzionale in concreto applicato nel Paese della fonte.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che i proventi erogati, in costanza di partecipazione, dai fondi immobiliari esteri mantengano la qualificazione fornita dagli Stati della fonte ai fini della determinazione del credito d’imposta.
L’ente ritiene che tale interpretazione trovi conferma nel Modello di Convenzione dell’OCSE, secondo cui, in ipotesi di conflitti di qualificazione tra Stati contraenti, prevale la competenza qualificatrice esclusiva del Paese della fonte. Ne consegue, che qualora il provento sia qualificato come:
– dividendo, si potrà computare il credito per le imposte pagate all’estero nel limite della ritenuta convenzionale (normalmente del 15 per cento);
– interesse, si potrà computare il credito per le imposte pagate all’estero nel limite della ritenuta convenzionale (normalmente del 10 per cento);
– capital gain, non si potrà computare alcun credito per le imposte pagate all’estero, in quanto la potestà impositiva spetta allo Stato di residenza.
In tal caso, sarà onere dell’istante procedere ad una eventuale istanza di rimborso nello Stato della fonte.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 165, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) stabilisce che “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.
Al riguardo, si precisa che, al fine di beneficiare del credito d’imposta, occorre necessariamente che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente.
L’istituto non è, quindi, applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 18 del TUIR (cfr. da ultimo circolare 5 marzo 2015, n. 9/E).
In base a tale ultima disposizione, infatti, i redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti e percepiti direttamente all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta sono soggetti, a cura del contribuente, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, ad imposizione sostitutiva nella stessa misura delle ritenute a titolo d’imposta che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d’imposta o intermediari italiani.
In relazione a tali redditi, la norma dispone, inoltre, che “il contribuente ha facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva ed in tal caso compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero”.
Inoltre, come precisato dal sopracitato documento di prassi, il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero è organicamente inserito nella disciplina delle imposte sui redditi ed è condizionato dalla presenza di redditi esteri nel reddito complessivo. Ciò implica che l’operatività dell’istituto è limitata ai tributi esteri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o, quanto meno, in tributi con natura similare.
Non sempre è agevole stabilire se il tributo estero rientri tra quelli accreditabili ai fini dell’articolo 165 del TUIR. In via di principio, si ritiene che la verifica sulla natura del tributo estero vada effettuata alla stregua dei principi delle nozioni evincibili dal nostro ordinamento tributario, per cui si ritiene accreditabile la prestazione patrimoniale dovuta ex lege e il cui presupposto consista nel possesso di un reddito.
La citata circolare, inoltre, precisa che nel caso in cui un soggetto residente in Italia produca reddito in uno Stato con cui è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, è possibile computare il credito per le imposte pagate all’estero nel limite della ritenuta convenzionale e se lo Stato estero ha applicato una ritenuta più alta di quella convenzionale, la differenza, non accreditabile in Italia, potrà essere oggetto di rimborso nello Stato estero, secondo le modalità ivi previste.
Ai fini della determinazione del credito d’imposta, l’articolo 165 del Tuir stabilisce che le imposte estere pagate a titolo definitivo sono detraibili dall’imposta netta dovuta, nei limiti della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi esteri e il reddito complessivo, al netto delle perdite dei precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
Con riferimento alla quantificazione del reddito in relazione al quale spetta il credito d’imposta nella risoluzione 8 luglio 2013, n. 48/E è stato chiarito che la disposizione in esame prevede espressamente un confronto tra “reddito prodotto all’estero” e “reddito complessivo” e che tale operazione di confronto non può che svolgersi tra valori omogenei. Pertanto, il termine “reddito” deve essere inteso in senso tecnico, ossia come risultato dell’operazione che dal compenso percepito giunge, sulla base delle regole di determinazione previste dall’ordinamento italiano, a definire la base imponibile. Di conseguenza, per individuare l’ammontare del “reddito prodotto all’estero” dovranno applicarsi le disposizioni contenute nel Tuir.
Per quanto riguarda la qualificazione del reddito, nel caso di specie, sussiste una diversa qualificazione del reddito in uscita e di quello in entrata, ancorché si tratta del medesimo reddito.
Ne consegue che i redditi saranno tassati all’estero sulla base della qualificazione fatta in detto Stato ma andranno dichiarati in Italia sulla base della qualificazione fatta nel nostro ordinamento.
A tal fine, si ricorda che i proventi derivanti dalla partecipazione a fondi immobiliari esteri costituiscono redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera g) del Tuir.
Ciò posto, si ritiene che anche per la determinazione del credito d’imposta previsto dall’articolo 165 del Tuir debba farsi riferimento alla qualificazione del reddito operata in Italia.
Si fa presente che, come chiarito nella circolare 9 marzo 2011, n. 11/E, in mancanza di un’apposita previsione convenzionale, i proventi derivanti dalla partecipazione ai fondi immobiliari rientrano nella categoria degli “interessi” disciplinati dall’articolo 11 delle convenzioni concluse dall’Italia che siano conformi al modello di convenzione OCSE trattandosi comunque di redditi di capitale diversi dai dividendi.
Pertanto – tenuto conto anche del fatto che, come emerge chiaramente dall’istanza, in nessuna delle fattispecie oggetto di interpello nello Stato della fonte è stata fatta applicazione delle ritenute convenzionali – si ritiene che in relazione ai proventi derivanti dalla partecipazione a fondi immobiliari esteri percepiti dal soggetto istante, il credito d’imposta spetti nel limite della ritenuta convenzionale prevista per gli “interessi”.
Si ricorda che l’eventuale eccedenza di imposta estera versata, per effetto di ritenute, nello Stato della fonte, operate in misura maggiore di quella convenzionale, potranno essere recuperate con istanza di rimborso presso lo Stato della fonte.
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