AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 12 febbraio 2020, n. 55

Trattamento fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati – Articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente

Quesito

ALFA SGR S.p.A. (in seguito, la Società) ha istituito nel corso del 2014 un fondo comune italiano di investimento mobiliare di tipo chiuso, denominato BETA (inseguito, il Fondo).

TIZIO, manager di riferimento del Fondo, oltre ad essere amministratore della società di gestione del risparmio che gestisce il Fondo, detiene anche una partecipazione del 49 per cento del capitale sociale della medesima (in seguito, il Socio SGR).

Il Fondo, il cui periodo di sottoscrizione si è concluso alla fine del 2017, ha ottenuto sottoscrizioni pari ad euro …

Il Fondo ha come oggetto l’investimento in società, principalmente non quotate,operanti in qualsiasi Paese del mondo, con l’obiettivo di investire almeno l’80% del capitale, in misura sostanzialmente simile, in Italia, Regno Unito e Spagna.

La vocazione internazionale che caratterizza la Società ha reso opportuno delegare alla consociata inglese GAMMA Partners Limited parte degli investimenti del Fondo, ovvero quelli afferenti società residenti all’estero.

In particolare, l’attività di gestione degli investimenti italiani è svolta da un team ubicato a Milano presso l’istante, composto da manager residenti in Italia; quella relativa agli investimenti inglesi da un team ubicato presso l’ufficio a Londra,composto da manager residenti nel Regno Unito; infine, quella relativa agli investimenti spagnoli da un team ubicato presso l’ufficio a Madrid.

Il Fondo emette due classi di quote, le Quote A e le Quote B, entrambe di valore nominale pari ad euro 50.000. I diritti patrimoniali connessi alle Quote B incorporano,qualora si verifichino le condizioni, il diritto a percepire il c.d. “carried interest”.

Le Quote B, emesse per un ammontare pari a 1,15 milioni di euro, sono riservate esclusivamente ad amministratori, dipendenti e consulenti che la Società coinvolge direttamente nella gestione del fondo (in seguito, i “Manager”), oltre che ad Ex-Manager il cui rapporto con la Società è cessato per ragioni diverse da una risoluzione da parte della Società per giusta causa (in seguito, gli “Ex-Manager”).

Tali soggetti possono detenere le Quote B sia direttamente che indirettamente attraverso società o altri soggetti giuridici riconducibili ai medesimi.

L’allineamento di interessi e rischi tra investitori e Manager è perseguito non solo mediante la sottoscrizione da parte di quest’ultimi delle citate Quote B, ma anche attraverso il co-investimento dei medesimi nelle operazioni effettuate dal Fondo e,quindi, in strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati.

I Manager sono legati alla Società esclusivamente da rapporti di lavoro dipendente e/o di amministrazione.

La Società istante, dopo aver illustrato le principali caratteristiche delle Quote B,come risultanti dal regolamento del Fondo, fa presente che

a fronte della sottoscrizione delle Quote B e l’assunzione nei confronti del Fondo degli impegni di versamento del capitale, i Manager hanno sottoscritto dei contratti d’opzione (tra loro, sostanzialmente, coincidenti) ai sensi dei quali il Socio SGR potrà,al verificarsi di determinate condizioni, acquistare tutte o parte delle Quote Bsotto scritte dai Manager (in seguito, il “Contratto di Opzione”).

Il Contratto di Opzione non comporta alcun obbligo al riacquisto delle Quote B.

A tal proposito, la Società precisa che l’opzione di acquisto potrà essere esercitata in caso di perdita dello stato di Manager dovuta a specifiche circostanze e che l’opzione avrà ad oggetto un numero di Quote B variabile in ragione della circostanza che ha reso esercitabile l’opzione.

Al riguardo, sarà previsto un prezzo di esercizio pari all’ammontare corrisposto dai Manager per la sottoscrizione delle Quote B, ivi inclusi i versamenti effettuati anche successivamente alla prima sottoscrizione.

Inoltre, si rappresenta che non è prevista alcuna opzione che consenta ai Manager di vendere al Socio SGR (o ad altro soggetto) le Quote B sottoscritte, anche qualora venga meno il rapporto di lavoro dipendente o di amministrazione.

Inoltre, si fa presente che, contrariamente alle pattuizioni riconducibili alle cc.dd.”clausole di good e bad leaverership”, il Manager acquisisce nel corso del tempo il diritto a detenere definitivamente una parte (o la totalità, decorsi cinque di anni dal primo closing) delle Quote B sottoscritte, a prescindere dall’eventuale venir meno dello status di Manager; solo in casi eccezionali, limitati a fenomeni patologici nel rapporto tra i Manager e la Società, il Socio SGR “potrà riacquistare o annullare la totalità delle Quote B”.

In relazione ai co-investimenti in strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati, l’istante precisa, tra l’altro, che l’allineamento di interessi e rischi tra investitori e Manager si realizza non soltanto mediante la sottoscrizione da parte di questi ultimi delle Quote B, ma anche attraverso il co-investimento da parte dei Manager nei medesimi strumenti finanziari sottoscritti, direttamente o indirettamente, dal Fondo (es. azioni delle “target” o dei veicoli costituiti per l’acquisizione di queste ultime).

Al riguardo, i Manager possono effettuare, direttamente o indirettamente, co-investimenti con il Fondo fino a un importo massimo pari al 10 per cento dell’ammontare totale degli impegni assunti dai sottoscrittori di Quote A.

In particolare, il “co-investimento implica che i Manager si impegnino a co-investire in tutte le operazioni di investimento” intraprese dal Fondo secondo una certa percentuale, non essendo quindi consentito ai Manager di scegliere a quali investimenti partecipare e in quale misura.

In altre parole il co-investimento implica che i Manager sottoscrivano,direttamente o indirettamente, i medesimi strumenti finanziari sottoscritti, direttamente o indirettamente, dal Fondo i quali variano a seconda del singolo investimento.

A tal proposito, l’istante fa presente che pur non potendo prevedere, a oggi, le precise modalità attraverso cui verranno effettuati i futuri co-investimenti, in quanto derivanti dalle modalità con cui il Fondo effettuerà i successivi investimenti, è certamente verosimile che gli strumenti finanziari sottoscritti dai Manager siano comunque sempre riconducibili a strumenti di capitale, di debito o, potenzialmente, a titoli atipici.

I termini del co-investimento dei Manager in strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati è disciplinato da appositi contratti di co-investimento tra il Socio SGR e i Manager, tutti riconducibili, sostanzialmente, alle medesime pattuizioni.

Il mantenimento della titolarità degli strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati non è in alcun modo collegato al permanere dello status di Manager. Pertanto, qualora venisse meno, per esempio il rapporto di lavoro dipendente, il Manager resterebbe titolare degli strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati sottoscritti sino a tale data, rimanendo ovviamente vincolato alle pattuizioni del contratto di co-investimento, tra cui la vendita dei medesimi in caso di dismissione da parte del Fondo.

Ciò rappresentato, la Società chiede di confermare che, nel caso in esame:

a) i proventi derivanti dal co-investimento dei Manager si qualifichino quali redditi di capitale in base alla presunzione legale di cui all’articolo 60 del decreto legge del 24 aprile 2017, n. 50, ovvero, in caso contrario, sulla base della caratteristiche delco-investimento posto in essere dai Manager, e che pertanto,

b) la Società non debba di conseguenza operare in relazione alle predette distribuzioni alcuna delle ritenute applicabili sui redditi di lavoro dipendente o assimilati.

Infine, l’istante precisa che i proventi oggetto del quesito sono solo quelli derivanti dalle Quote B non essendo dubitabile che la qualificazione fiscale qui proposta si applichi ai proventi derivanti dagli strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

La società istante ritiene che, nella fattispecie rappresentata, i proventi derivanti dalle Quote B, debbano qualificarsi quali redditi di capitale; la medesima qualificazione reddituale è, analogamente, da riconoscersi ai proventi derivanti dagli strumenti finanziari senza diritti patrimoniali rafforzati (es. i proventi delle azioni delle target sottoscritte dai Manager), anche in considerazione dell’assenza di qualsivoglia collegamento tra la titolarità di tali ultimi titoli e lo status di Manager.

Al riguardo, infatti, l’istante ritiene che il primo requisito previsto dal citato articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, ovvero il c.d. “investimento minimo”, sia soddisfatto, dal momento che il co-investimento complessivo dei Manager, è pari a più dell’1 per cento richiesto dal legislatore.

Invero, ad avviso della Società, non dovrebbero esservi dubbi in merito alla possibilità di considerare ai fini del requisito dell’investimento minimo qualsiasi strumento finanziario sottoscritto dai manager che sia espressivo di un co-investimento rispetto all’impiego del capitale da parte di un fondo.

Per quanto concerne il secondo requisito richiesto dal citato articolo 60,concernente il cd. “differimento dell’extra-rendimento”, l’istante rappresenta che il Regolamento prevede che i detentori di Quo-te B maturino il diritto a percepire il carried interest solo qualora tutti gli investitori – diversi dai detentori di Quote B -abbiano già ricevuto un importo pari agli impegni di capitale da essi versati e un rendimento composto annuo sugli stessi pari all’hurde rate dell’8 per cento.

Inoltre, prosegue l’istante, sono previste apposite clausole di clawback riguardante tutti i sottoscrittori di Quote B, volte a garantire la restituzione di quanto ricevuto medio tempore a titolo di carried interest, qualora al termine della liquidazione del Fondo, i detentori di Quote A non abbiano raggiunto un rendimento complessivo almeno pari all’hurdle rate.

Al fine di rendere tale previsione quanto più efficace possibile è, infatti, previsto che una quota di quanto distribuito a titolo di carried interest sia depositato in un apposito conto aperto dalla SGR presso la banca depositaria a nome del Fondo affinché possa essere appunto riallocato agli investitori qualora si applichi il meccanismo del clawback.

Ad avviso dell’istante, quindi, nella fattispecie in esame anche il secondo requisito richiesto dal legislatore, ovvero del “differimento dell’extra-rendimento” è soddisfatto in relazione alle Quote B.

Per quanto riguarda l’ultimo requisito concernente il cd. “periodo minimo di detenzione dell’investimento”, la Società fa presente che esso non può che essere verificato ex post. Al riguardo, si fa presente che la durata del Fondo, che può arrivare sino a dieci anni, salvo proroghe, e della durata media prevista per la detenzione delle partecipazioni societarie acquisite dal Fondo, si prevede che l’eventuale carried interest maturi in un periodo piuttosto avanzato rispetto alla durata del Fondo.

È, quindi, altamente probabile che i Manager deterranno le Quote B per più di cinque anni. Il mancato rispetto di tale vincolo quinquennale da parte di un Manager non potrà che produrre effetti nei confronti del singolo Manager.

La Società, evidenzia che eventuali incertezze circa l’operatività della presunzione legale affinché i proventi che costituiscono il carried interest si considerino in ogni caso quali redditi di capitali possono eventualmente sorgere,sempre ad avviso dell’istante, in relazione al coordinamento tra il primo e il terzo requisito previsti dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, ovvero il requisito del c.d. “investimento minimo” e il requisito del c.d. “periodo minimo di detenzione dell’investimento”.

Il chiarimento reso nella circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E, in merito all’applicabilità del vincolo quinquennale anche agli strumenti non aventi diritti patrimoniali rafforzati, ad avviso dell’istante, è da riferirsi alla sola ipotesi in cui i manager investano in strumenti finanziari sia con diritti patrimoniali rafforzati che senza, ma tra loro “omogenei”; nel caso in esame tra Quote B e Quote A del Fondo.

Conseguentemente, tale chiarimento non è da considerare nella fattispecie in esame, in cui il co-investimento è strutturato mediante la combinazione di quote del fondo che incorporano il carried interest e strumenti finanziari analoghi a quelli sottoscritti dal fondo stesso (es. azioni delle target o del veicolo destinato all’acquisizione di quest’ultima).

Pertanto, la Società ritiene che, in presenza di un co-investimento che presenti le caratteristiche illustrate, il requisito del c.d. “investimento minimo” debba essere valutato sommando l’investimento dei Manager in Quote B e l’investimento dei Manager negli altri strumenti non aventi diritti patrimoniali rafforzati sottoscritti unitamente al Fondo.

Mentre, il requisito del c.d. “periodo minimo di detenzione dell’investimento”deve essere verificato con riferimento esclusivo al periodo di detenzione delle sole Quote B.

La società, infine, rileva che qualora non trovasse applicazione l’articolo 60 più volte citato, i proventi derivanti dalle Quote B non siano da qualificarsi quali reddito di lavoro dipendente o assimilato.

A sostegno di tale conclusioni, è rappresentato che:

– l’importo del co-investimento dei Manager garantisce l’allineamento di interessi tra questi ultimi e gli investitori, in quanto l’impegno di investimento complessivo dei Manager (dato dalla sommatoria degli impegni di co-investimento relativi alle Quote B e agli strumenti finanziari non aventi diritti patrimoniali rafforzati) è pari a circa13,7 milioni di Euro;

– i Manager investono nel Fondo proprie disponibilità e sopportano certamente un significativo rischio di perdita del capitale investito nelle quote del Fondo e negli strumenti emessi dalle società da questi partecipate, non essendo prevista alcuna pattuizione che garantisca la restituzione del capitale. Inoltre, i loro impegni di capitale nei confronti del Fondo sono soggetti alla stessa disciplina di qualsiasi investitore del Fondo (come, ad esempio, versamenti dei richiami di capitale, pagamento di commissioni e costi del Fonda, disciplina in caso di inadempimento);

– sussiste un’adeguata remunerazione dei Manager; a mero titolo di esempio, la società rileva che i Manager senior del team residenti in Italia (che rappresentano circal’80 per cento delle Quote B sottoscritte dai Manager residenti in Italia) percepiscono mediamente una remunerazione annua lorda (comprensiva di remunerazione fissa e variabile) pari a poco meno di 500.000 euro annui;

– la presenza di un meccanismo di resting e di due clausole riconducibili alle ipotesi di bad leavership non possa pregiudicare la natura finanziaria dei proventi derivanti dalle Quote B, avvalorata dai molteplici elementi messi in evidenza dall’istante.

In conclusione, l’interpellante rileva che le considerazioni sopra formulate portano a ritenere che debbano considerarsi soddisfatti i requisiti per l’applicazione della presunzione di cui all’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017.

Tuttavia, qualora, non si ritenesse soddisfatto il requisito di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo 60, l’istante ritiene che i proventi derivanti dalle Quote B del Fondo debbano ugualmente qualificarsi come redditi di natura finanziaria.

Infatti il co-investimento dei Manager presenta le seguenti caratteristiche:

a) è di importo estremamente rilevante, e come tale, in grado di

garantire l’allineamento di interessi e rischi tra Manager e altri investitori del Fondo;

b) comporta un esborso effettivo, in quanto i Manager sopportano il

rischio di perdita del capitale investito;

c) non è finalizzato a sopperire a una remunerazione non sufficiente

per l’attività gestoria svolta dai Manager;

d) i Manager hanno diritto a mantenere un numero crescente nel

tempo di Quote B a prescindere dal mantenimento dello status di Manager;

e) la presenza di un meccanismo di resting non può essere considerata

indice a favore della natura “lavorativa” dei proventi in parola, anche perché è condizione sine qua non per consentire l’allineamento di interessi e rischi tra il Manager e altri investitori del Fondo.

La presenza di una singola clausola in virtù della quale il Socio SGR può acquistare le Quote B sottoscritte dal Manager nella loro interezza, avente un ambito applicativo certamente residuale, non è infatti in grado di negare la natura finanziaria dei proventi derivanti dalle Quote B comprovata dagli elementi qui sopra rappresentati.

Parere dell’agenzia delle entrate

L’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (Proventi da partecipazioni a società, enti o OICR di dipendenti e amministratori) stabilisce, al comma 1, che “I proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati”, si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, “in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi”.

La disposizione è diretta ad evitare le incertezze nella qualificazione reddituale dei proventi in discorso come redditi derivanti da attività lavorativa piuttosto che come redditi di natura finanziaria, incertezze derivanti dal duplice ruolo rivestito dal manager, al contempo amministratore/dipendente ed azionista/quotista delle società,degli enti o degli OICR richiamati dalla stessa norma.

La qualificazione come reddito di capitale o diverso stabilita dalla norma opera,come detto, in presenza di determinati requisiti che sono indicati alle lettere a), b) e c)del comma 1 della medesima disposizione, considerando che la mancata integrazione di uno solo dei requisiti stabiliti dal comma 1 dell’articolo 60 del decreto legge n. 50del 2017 impedisce il riconoscimento della presunzione ivi prevista.

Ciò premesso, la lettera a) dell’articolo da ultimo citato richiede che “l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti”.

In merito al limite dell’1 per cento, il successivo comma 3 dell’articolo 60,dispone che “Ai fini della determinazione dell’importo di cui al comma 1, lettera a), si considera anche l’ammontare sottoscritto in azioni, quote o altri strumenti finanziari senza diritti patrimoniali rafforzati”.

In relazione alla fattispecie in esame, dalla “Tabella di sintesi del co-investimento dei Manager”, allegata all’istanza di interpello, si rileva che a fronte degli impegni assunti dalla totalità degli investitori, i Manager, compreso il Socio SGR,hanno sottoscritto Quote B per un importo pari allo 0,18 per cento circa dell’investimento complessivo del Fondo.

Ai fini del raggiungimento del limite previsto dalla lett. a) in esame e, conseguentemente, ai fini dell’operatività della presunzione di cui all’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, ad avviso della scrivente, non possono essere consideratigli impegni che i manager hanno assunto in sede di co-investimento negli strumenti finanziari delle società Target in cui investe il Fondo.

Tale impegno economico, infatti, non è rappresentativo di quote del Fondo,ovvero delle Quote A, bensì di strumenti finanziari non rafforzati emessi da società nelle quali il Fondo ha investito.

Ed invero, il comma 1 del più volte citato articolo 60, nel disciplinare il trattamento fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, presuppone uno stretto collegamento tra l’impegno di investimento complessivo assunto dai manager nelle compagini sociali richiamate e l’attività dei medesimi organismi e, affinché operi la presunzione ope legis in esame, l’impegno di investimento complessivo deve soddisfare precise e tassative condizioni, per l’intero periodo di detenzione minimo ordinariamente previsto.

Non essendo soddisfatto il primo requisito, come detto, la qualificazione fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari rafforzati quali reddito di capitale o diverso non opera ope legis e, conseguentemente, come chiarito dalla circolare n. 25/E del 2017 citata, si renderà necessaria un’analisi delle caratteristiche del titolo partecipativo con diritti patrimoniali rafforzati ai fini dell’individuazione della sua natura reddituale.

Al riguardo, l’Istante rappresenta che le Quote B sono soggette alla perdita del capitale, ovvero non garantiscono la restituzione del capitale richiamato dal Fondo qualora le distribuzioni che il medesimo Fondo effettuerà non siano sufficienti a restituire agli investitori gli impegni di capitale versati.

Inoltre, il mancato o ritardato versamento dei richiami di capitale comporta il pagamento di sanzioni o interessi e, in estrema ratio, l’annullamento delle Quote B possedute dall’investitore inadempiente.

Il carried interest è erogato ai sottoscrittori delle Quote B solo dopo che gli altri investitori abbiano ricevuto un importo pari agli impegni di capitale versati e all’hurdle rate.

Il Regolamento per la gestione del Fondo prevede clausole di clawback, ovvero qualora al termine della liquidazione del Fondo i detentori di Quote A non abbiano raggiunto un rendimento complessivo almeno pari all’hurdle rate, quanto ricevuto medio tempore a titolo di carried interest dovrà essere restituito dai sottoscrittori di Quote B.

Inoltre, in esecuzione del contratto di opzione sottoscritto dai Manager con il Socio SGR, quest’ultimo potrà acquistare tutte o parte delle Quote B sottoscritte dai Manager qualora costoro perdessero tale status.

Più precisamente, il contratto consente al Manager di acquisire nel corso del tempo il diritto a detenere definitivamente una parte delle Quote B del Fondo, ovvero la totalità di esse qualora siano decorsi cinque anni dalla data del primo closing.

Solo in ipotesi residuali, ovvero in caso di comportamento dolosi e/o fraudolenti del Manager, il Socio SGR ha il diritto ad acquistare la totalità delle Quote B detenute dal Manager bad leaver.

Considerato che la società istante, in riscontro ad una richiesta di documentazione integrativa, ha precisato, tra l’altro, che i sistemi di retribuzione adottati nei confronti dei Manager risultano allineati alla best practice e che la componente variabile della remunerazione spettante ai Manager non comprende quote del Fondo o altri strumenti finanziari, la scrivente in ragione di quanto illustrato e documentato dall’istante ritiene che gli elementi rilevati nel caso di specie appaiono idonei ad escludere che i proventi derivanti dalla sottoscrizione di Quote B abbiano una funzione integrativa della retribuzione del management, rientrando invece questi nelle ordinarie prerogative che caratterizzano la posizione di ogni singolo azionista.

Detti proventi costituiscono pertanto una forma di remunerazione della partecipazione al capitale di rischio e sono inquadrabili come redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).

Conseguentemente, su tali redditi non dovranno essere applicate le ritenute sui redditi di lavoro dipendente.