AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 ottobre 2020, n. 473
Trattamento fiscale dei proventi derivanti dalla sottoscrizione di strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati in assenza di uno dei requisiti soggettivi richiesti dall’articolo 60, comma 1, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società Istante descrive un’operazione di investimento e di riorganizzazione del gruppo di cui la stessa fa parte nell’ambito della quale sono stati emessi degli strumenti finanziari partecipativi con diritti patrimoniali rafforzati.
In particolare, l’Istante rappresenta che la società Alfa controlla indirettamente, per il tramite della società Omega, la società Holding, che a sua volta è titolare di una partecipazione diretta e totalitaria nella società Gamma, operante nel settore degli integratori alimentari, e nella società Beta (insieme a Gamma, “società target'”), attiva nel mercato degli integratori alimentari, dei dispositivi medici e dei cosmetici.
La Holding è stata costituita in data 15 gennaio 2020 da Delta) – società oggi controllata da Omega – e dalla stessa Omega (società oggi controllata da Alfa). Dette società hanno conferito nella Holding, oltre a talune somme in denaro, anche le partecipazioni (rispettivamente del 79,22 per cento e del 20,78 per cento) al capitale sociale di Gamma, di cui erano precedentemente titolari.
Successivamente, la Holding ha deliberato un aumento di capitale sociale, per l’importo di circa euro 59,4 milioni, sottoscritto:
– in denaro, dalla società Istante, partecipata da Alfa (titolare della maggioranza dei diritti di voto per il tramite di Omega) e da altri soggetti (di seguito, CoInvestitori), nonché,
– in natura, da parte di Zeta, tramite il conferimento di una partecipazione rappresentativa del 50,13 per cento del capitale sociale di Beta.
La Holding ha impiegato le risorse finanziarie ottenute per capitalizzare un veicolo societario di nuova costituzione (Lambda) che, secondo lo schema classico del merger leveragedby out, ha acquistato la restante partecipazione al capitale sociale di Beta, per poi procedere, in un prossimo futuro, alla fusione (inversa) per incorporazione di Beta stessa.
Per effetto delle riportate operazioni, Alfa risulta attualmente titolare della partecipazione di maggioranza in Omega che, a sua volta, controlla Delta e l’Istante.
Queste ultime, benché siano complessivamente titolari della maggior parte dei diritti patrimoniali connessi all’investimento nelle società target, non sono titolari, autonomamente, di una partecipazione di controllo nella Holding e, dunque, nelle società target, non disponendo autonomamente, nemmeno in via indiretta, della maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea.
In esito alla suesposta operazione di riorganizzazione societaria, che ha comportato l’integrazione delle società target sotto l’egida della Holding, Alfa ha creato una nuova realtà dotata di struttura e dimensioni tali da poter essere competitiva a livello globale e rappresentare un punto di riferimento nel proprio settore di attività.
In tale contesto, al fine di allineare gli interessi degli investitori che hanno fornito la provvista per l’acquisizione di Beta (i.e., Alfa, per tramite di Omega, e i CoInvestitori) con quelli dei key manager delle società target, l’assemblea straordinaria dei soci dell’Istante ha approvato, in data 12 febbraio 2020, l’emissione di strumenti
finanziari partecipativi (SFP), ai sensi dell’articolo 2346, comma 6, del codice civile.
Come indicato nel Regolamento degli SFP (di seguito, Regolamento SFP), tali strumenti:
– sono destinati ad alcuni amministratori o dipendenti di Gamma e/o Beta (cfr. paragrafo 1.1);
– sono “emessi a fronte di apporto in denaro (…) e non costituiscono titoli di credito” (cfr. paragrafo 1.3);
– “non sono provvisti di diritti amministrativi e non attribuiscono (…) alcun diritto di voto” (cfr. paragrafo 1.4);
Nel medesimo Regolamento è previsto che l’investimento in SFP da parte degli amministratori/dipendenti delle società target.
– “costituisce un investimento di capitale di rischio”, con la conseguenza che i versamenti effettuati in sede di sottoscrizione “sono apporti a patrimonio netto e sono acquisiti dalla Società senza alcun obbligo di rimborso”, con relativa iscrizione “in una riserva del patrimonio netto denominata Riserva SFP’ (cfr. paragrafo. 3.2), che è “disponibile per la copertura perdite dopo l’utilizzo di tutte le altre riserve, salvo la riserva legale” (cfr. paragrafo 3.3);
– il diritto a ricevere una remunerazione costituita dalla partecipazione a una quota degli utili della Società, secondo la misura determinata in dettaglio, per ciascuna categoria di SFP (cfr. paragrafo 5 del Regolamento e articolo 25 dello Statuto).
In particolare:
– gli SFP definiti nel Regolamento come SFP A (di seguito, SFP A) attribuiscono al titolare i medesimi diritti patrimoniali che sono attribuiti ai soci della Società che abbiano sottoscritto le azioni A (c.d. soci ordinari);
– gli SFP diversi dagli SFP A (di seguito, SFP Rafforzati) attribuiscono al titolare il diritto a ricevere un “extra-rendimento” sulle “distribuzioni di utili netti dell’esercizio e delle riserve distribuibili”, nonché sulla “distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione da parte della Società”, “dopo che anche tutti i soci avranno ricevuto a titolo di Distribuzioni un importo superiore al relativo capitale investito” [cfr paragrafi 5.3, lettera a), 5.4, lettera a), e 5.5, lettera a)];
La fruibilità dei diritti patrimoniali riconosciuti ai sottoscrittori degli SFP Rafforzati è condizionata da meccanismi di “good/bad leavership” prima del 12 febbraio 2025. In particolare:
– in caso di “bad leavership”, gli SFP Rafforzati non daranno diritto ad alcuna partecipazione agli utili;
– in caso di “good leavership”, è prevista la parziale liquidazione della partecipazione agli utili;
Come rappresentato dall’Istante, per la sottoscrizione degli SFP Rafforzati, gli amministratori/dipendenti delle società target hanno versato un importo complessivamente superiore all’1 per cento del patrimonio netto dell’Istante alla data di sottoscrizione dei medesimi SFP.
Ciò posto, XIstante chiede se nella fattispecie in esame può ritenersi applicabile la presunzione legale di cui all’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 sussistendo obiettive condizioni di incertezza in merito alla corretta interpretazione del presupposto soggettivo individuato dal comma 1, considerato che nel caso in esame gli SFP Rafforzati emessi dall’Istante sono stati sottoscritti da dipendenti e amministratori delle società target, vale a dire di società che, pur non essendo legate da un rapporto, diretto o indiretto, di controllo con l’Istante, fanno parte dello stesso gruppo societario, essendo assoggettate, in ultima istanza, alla direzione unitaria del medesimo socio di riferimento.
In ogni caso, e indipendentemente dall’integrazione dei requisiti richiesti dal citato articolo 60, l’Istante chiede di sapere se i proventi derivanti dagli SFP Rafforzati hanno natura di reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a), del Tuir, principalmente in ragione del fatto che gli strumenti finanziari partecipativi rispondono alla logica di allineare gli interessi degli investitori (i.e., Alfa e CoInvestitori) a quelli dei dipendenti e/o amministratori delle società target e comportano un effettivo rischio di perdita del capitale investito.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Il comma 1 dell’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017 richiede che i sottoscrittori degli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati siano dipendenti o amministratori delle società, enti od OICR emittenti, ” ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione”.
A parere dell’Istante, detto articolo si propone di promuovere e favorire l’allineamento tra gli interessi, da un lato, dei soggetti incaricati, a diverso titolo, di gestire le realtà industriali o finanziarie e, dall’altro lato, dei soggetti investitori che promuovono lo sviluppo delle predette realtà.
Tale finalità deve ritenersi rispettata anche nel caso in cui, come quello in esame, i sottoscrittori sono dipendenti o amministratori di società che fanno parte del medesimo gruppo del soggetto emittente, essendo pertanto assoggettate alla direzione unitaria impartita dal medesimo socio di riferimento nell’ambito del gruppo, ancorché non siano collegate da un rapporto di controllo.
A conferma di tale soluzione interpretativa, l’Istante richiama la circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E e la relazione illustrativa all’articolo 60 del citato decreto legge n. 50 del 2017, che fanno rientrare nell’ambito soggettivo di applicazione della medesima disposizione la advisory company, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di controllo con la società emittente (cfr. Dossier A.S. 2853). E ciò in quanto, come precisato nella richiamata circolare, le advisory company, sebbene non abbiano capacità decisionale sugli investimenti, e quindi responsabilità diretta, intervengono sulle strategie di investimento e sulle relative scelte fornendo un supporto alla gestione che ne condiziona le decisioni.
Nel caso di specie, i dipendenti e gli amministratori delle società target che hanno sottoscritto gli SFP Rafforzati emessi dall’Istante, intervenendo direttamente nella gestione di queste ultime, possono condizionare, in ragione dei risultati economici e finanziari raggiunti, le decisioni di investimento espresse dall’Istante (si pensi, per esempio, alla eventuale scelta di reinvestire gli utili generati o di procedere alla distribuzione degli stessi, ovvero alla individuazione del momento migliore per disinvestire, massimizzando l’investimento).
Relativamente al secondo quesito – volto a verificare se, in ogni caso e indipendentemente dall’integrazione dei requisiti richiesti dal citato articolo 60, i proventi derivanti dagli SFP Rafforzati abbiano natura di reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a), del Tuir – l’Istante ritiene che senza dubbio i proventi derivanti dagli strumenti finanziari partecipativi in argomento costituiscano redditi di capitale, in quanto la sottoscrizione degli SFP Rafforzati comporta un effettivo rischio di perdita del capitale investito.
L’esistenza nella fattispecie in esame di un effettivo rischio di perdita del capitale investito è dimostrata, a parere dell’Istante, non solo dalla notevole entità dell’ammontare dell’esborso effettuato in sede di sottoscrizione, ma anche dalla circostanza che non sono previste garanzie di restituzione del capitale investito.
L’Istante evidenzia, inoltre, che se la natura finanziaria dei redditi rivenienti dagli strumenti finanziari in questione è riconosciuta ai proventi degli investimenti effettuati nelle società in cui manager e dipendenti operano o in quelle controllate da queste ultime (i.e., società che hanno un rapporto – diretto o indiretto – con i manager/dipendenti), deve essere riconosciuta, a maggior ragione, ai proventi degli investimenti in società terze, che non si qualificano, rispetto ai manager/dipendenti, né come “datori di lavoro”, né come “controllanti, non potendo esercitare alcuna forma di verifica/influenza sulla loro attività.
A ulteriore sostegno della soluzione interpretativa proposta, l’Istante fa presente, infine, che la retribuzione annua lorda riconosciuta ai dipendenti e amministratori delle società target è in linea con il range retributivo mediamente praticato sul mercato nel settore del private equity, per ruoli equipollenti.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (rubricato “Proventi da partecipazioni a società, enti o OICR di dipendenti e amministratori”) stabilisce, al comma 1, che «Iproventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati», si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, «in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è, tuttavia, applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
«a) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
b) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
c) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».
Come precisato nella circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E, la ratio della disposizione in esame è volta a evitare incertezze nella qualificazione reddituale dei proventi in discorso come redditi derivanti da attività lavorativa piuttosto che come redditi di natura finanziaria, incertezze derivanti dal duplice ruolo rivestito dai manager, al contempo amministratori/dipendenti e azionisti/quotisti delle società, degli enti o degli OICR richiamati dalla medesima disposizione.
In tali situazioni, infatti, può risultare difficile distinguere le ipotesi in cui il provento conseguito dal manager, dipendente o amministratore del soggetto emittente ovvero di quello controllato dal soggetto emittente, possa costituire un reddito di natura finanziaria o una forma di retribuzione per l’attività lavorativa svolta dall’amministratore o dipendente.
Pertanto, laddove siano integrati i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma, si presume, iuris et de iure, che i proventi derivanti dagli strumenti finanziari partecipativi sottoscritti da dipendenti e/o amministratori costituiscano redditi di natura finanziaria.
Relativamente ai requisiti di carattere soggettivo, la previsione normativa in commento prevede fondamentalmente due ipotesi:
1. i proventi derivano dalla partecipazione a società, enti od OICR da parte di dipendenti e/o amministratori di tali società, enti od OICR;
2. i proventi derivano dalla partecipazione a società, enti od OICR da parte di dipendenti e/o amministratori di soggetti ai primi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o di gestione.
In dette ipotesi – a parte il caso del rapporto di gestione – è la medesima struttura partecipativa a garantire l’allineamento di interessi fra investitori (soci o partecipanti all’OICR) e i sottoscrittori degli strumenti finanziari partecipativi (manager/dipendenti), motivo per cui sorge la difficoltà e l’esigenza, assolta dalla norma in esame, di stabilire dei criteri per qualificare il reddito derivante da strumenti finanziari partecipativi alla stregua di reddito di lavoro o di natura finanziaria.
Nell’ipotesi sub-1, infatti – in cui il sottoscrittore degli strumenti finanziari partecipativi è dipendente e/o amministratore del soggetto emittente, cioè di colui che decide di effettuare l’investimento – gli interessi del soggetto emittente sono necessariamente in linea con gli interessi dei sottoscrittori manager, a loro volta, diretta espressione dei primi.
Analogamente, nell’ipotesi sub-2, in cui il sottoscrittore degli strumenti finanziari partecipativi è dipendente e/o amministratore del soggetto legato da un rapporto di controllo, anche indiretto, con il soggetto emittente, l’allineamento degli interessi fra investitore e manager sottoscrittori è assicurato dal fatto che questi ultimi sono espressione del potere decisorio del soggetto controllante.
Anche nel particolare caso in cui il sottoscrittore degli strumenti finanziari partecipativi è dipendente o amministratore del soggetto incaricato, per legge o per contratto, della gestione dell’emittente (SGR o advisory company), il predetto allineamento è garantito dal fatto che i sottoscrittori degli strumenti in questione sono dipendenti e/o amministratori del soggetto che interviene sulle strategie di investimento dell’emittente, condizionandone inevitabilmente e concretamente le decisioni.
In altre parole, la norma in esame prende in considerazione quelle ipotesi in cui l’allineamento di interessi fra i soci o partecipanti all’OICR da un lato e i dipendenti e/o amministratori dall’altro è talmente presente che si pone il dubbio se la remunerazione collegata all’investimento dei manager non costituisca in realtà un reddito da lavoro.
Le situazioni in cui il dubbio, che la norma in esame tende a dissipare, è assente, non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 60 in commento, non corrispondendo alla finalità perseguita da tale norma. Esse, pertanto, devono essere valutate alla luce delle altre disposizioni previste dal vigente ordinamento tributario e, principalmente, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Con particolare riferimento al caso rappresentato, i proventi derivanti da strumenti finanziari partecipativi rafforzati (SFR rafforzati) emessi dall’Istante ai sensi dell’articolo 2346 del codice civile sono percepiti da dipendenti e/o amministratori delle società target che non sono legate da un rapporto di controllo, nemmeno indiretto, con l’Istante, disponendo quest’ultimo di una partecipazione, pari al 22,4 per cento, senza diritti di voto, al capitale sociale delle società target, per il tramite della Holding, che le controlla al 100 per cento.
La circostanza che le società target siano parte dello stesso gruppo societario di cui è parte l’Istante e che, all’interno del gruppo medesimo, le scelte strategiche delle società possano essere reciprocamente condizionate, non è di per sé sufficiente a giustificare quello stretto collegamento fra soggetto emittente e soggetto di cui il manager è amministratore o dipendente, che la norma in esame richiede ai fini di ritenere soddisfatto il requisito soggettivo.
I manager delle società target hanno sottoscritto SFP Rafforzati nella società istante, che detenendo una partecipazione di minoranza, peraltro senza diritti di voto, nelle prime, non ne può concretamente determinare le scelte, ivi compresa quella relativa alla distribuzione degli utili.
Conseguentemente, le società target, di cui i manager sono amministratori e/o dipendenti, devono considerarsi società “terze” rispetto alla società istante (emittente), non risultando integrato né il rapporto di controllo diretto o indiretto né il rapporto di gestione nei termini innanzi precisati e, quindi, non derivando il dubbio sulla natura dei proventi in argomento dal particolare collegamento soggettivo fra l’emittente e il soggetto “datore di lavoro” di tali manager.
Tale interpretazione è, peraltro, confortata dal fatto che la citata circolare n. 25/E del 2017, al paragrafo 4, nel considerare comunque rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 60 le ipotesi in cui sono assenti uno o più requisiti previsti dalla medesima disposizione, fa riferimento solo ed esclusivamente ai requisiti oggettivi di cui alle lettere a), b) e c) dello stesso articolo 60 – e, cioè, investimento minimo, postergazione dell’extra-rendimento e holding period – di fatto confermando che l’assenza, invece, dei requisiti soggettivi richiesti non consente di rimanere nell’ambito applicativo dell’articolo 60 in commento.
La mancanza, nella fattispecie prospettata, del presupposto soggettivo di applicazione richiesto dall’articolo 60 in argomento, impone di valutare la natura reddituale dei proventi percepiti dai manager delle società target alla luce delle altre disposizioni del vigente ordinamento tributario e, principalmente, del Tuir; valutazione che, peraltro, non impedisce di considerare i requisiti oggettivi previsti dall’articolo 60 come criteri indicativi per la corretta qualificazione dei proventi in questione.
Dal Regolamento SFP emerge, in primo luogo, che gli stessi comportano un effettivo rischio di perdita del capitale investito. Tale circostanza è dimostrata sia dalla notevole entità dell’ammontare dell’esborso effettuato in sede di sottoscrizione, che dalla mancata previsione di garanzie di restituzione del capitale investito.
In base a quanto previsto dal paragrafo 5 del Regolamento e dall’articolo 25 dello Statuto, l’investimento negli SFP riconosce il diritto a una remunerazione parametrata alle distribuzioni degli utili netti di esercizio e delle riserve distribuibili da parte dell’emittente.
Alla luce di quanto precede e in esito a una valutazione complessiva delle condizioni previste nel Regolamento, si ritiene che gli strumenti partecipativi in argomento possano essere considerati similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a), del Tuir e che i relativi proventi costituiscano redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del medesimo Tuir.
Il presente parere viene reso sulla base della ricostruzione fornita dall’Istante, assunta acriticamente così come illustrata nell’istanza di interpello, nel presupposto della sua veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Si ribadisce, altresì, che resta impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’Istante, possa condurre a una diversa valutazione delle fattispecie oggetto di chiarimento.