AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 03 novembre 2021, n. 755
Trattamento fiscale del verbale di conciliazione giudiziale che estingue il giudizio di opposizione allo stato passivo ex articolo 98 della legge fallimentare (articolo 37 del d.P.R. n. 131 del 1986 e articolo 8, comma 1, lett. c) TPI allegata) e articolo 59 del TUR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’istante rappresenta che con istanza del xx/xx/2019 ha chiesto di essere ammesso allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria Alfa S.p.A., per l’importo di Euro xxx, con il privilegio previsto dall’articolo 9 del d.lgs. n. 123 del 1998. Il credito traeva origine da finanziamenti concessi alla Alfa S.p.A. in relazione a programmi di ricerca e sviluppo al termine dei quali era prevista la restituzione del finanziamento. Stante l’intervenuta ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, Alfa S.p.A. ha provveduto al rimborso solo parziale degli stessi, pertanto la parte di credito non rimborsato ha formato oggetto della domanda di insinuazione al passivo.
All’esito dell’udienza di verifica del passivo il Giudice Delegato della Procedura:
(i) ammetteva l’istante al passivo della procedura “per il minor importo di euro xxx, in via chirografaria”;
(ii) escludeva il residuo importo di euro xxx.
In data xx/xx/xxxx, l’istante contestava le sopra riportate statuizioni e ribadiva la propria richiesta di ammissione allo stato passivo per l’intero importo oggetto di insinuazione con il privilegio.
A seguito della notifica dell’atto di opposizione, il procedimento veniva iscritto a ruolo. Costituitasi in resistenza la Procedura Alfa S.p.A., il Giudice Relatore con ordinanza del xx/xx/2020 formulava alle parti in causa, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 185-bis c.p.c., ai fini della definizione del giudizio di opposizione, la proposta conciliativa che di seguito si riassume:
(i) ammissione integrale del credito dell’istante come credito chirografario;
(ii) integrale compensazione tra le parti delle spese legali relative al Giudizio di Opposizione allo Stato Passivo.
Nell’udienza del xx/xx/2020 il Giudice, preso atto delle difficoltà anche di natura interpretativa concernenti l’obbligazione fiscale connessa all’ipotesi transattiva, integrava la proposta conciliativa, invitando le parti a considerare la possibilità di confermare l’importo complessivo già indicato nella citata ordinanza, comprensiva dell’importo già ammesso, mediante la previsione che tale somma dovrà essere considerata al netto dell’imposta dovuta e gravante sulla procedura, con conseguente riduzione dell’importo da versarsi all’istante in sede di riparto in misura corrispondente alla predetta imposta come liquidata. Per consentire le valutazioni delle parti e per l’eventuale conciliazione, è stata fissata l’udienza al xx/xx/2021.
Alla luce di quanto sopra rappresentato, l’istante chiede di conoscere la corretta interpretazione della disciplina fiscale relativa all’imposta di registro, applicabile al verbale di conciliazione giudiziale nei termini e alle condizioni indicate dal Giudice Relatore del Tribunale.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che il caso prospettato vada definito secondo l’interpretazione di seguito esposta.
Il credito trae origine da un atto amministrativo anteriore all’apertura della procedura di ammissione straordinaria, ossia la concessione di finanziamenti ai sensi della legge n. xx.
Tanto premesso, le parti in causa intenderebbero addivenire ad un accordo transattivo stragiudiziale nei termini proposti dal Giudice; nella programmata udienza verrebbe poi redatto il verbale di conciliazione giudiziale.
In relazione alla determinazione dell’imposta di registro al caso di specie, l’istante richiama la recente Ordinanza della Corte di Cassazione sezione tributaria n. 9400 del 09 aprile 2021. In particolare, con tale pronuncia la Suprema Corte ha statuito, con riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 37 del d.P.R. n.131 del 1986 e 8 della allegata Tariffa, Parte Prima, che la conciliazione giudiziale non possa, tout court, essere equiparata agli atti giudiziari sottoposti a tassazione. La Sezione Tributaria Civile ha, infatti, evidenziato che «il verbale di conciliazione giudiziale non rientra fra gli atti dell’autorità giudiziaria tassabili ai sensi dell’art. 8 della Tariffa allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, perché non costituisce un provvedimento del Giudice, il quale vi interviene soltanto a fini certificativi ed esecutivi. Anche se redatto alla presenza e con la partecipazione del Giudice, il verbale di conciliazione continua quindi a rappresentare un’ordinaria manifestazione di autonomia negoziale (cfr. Cass. 5480/2008), la cui sottoposizione a tassazione dipende dall’effettivo contenuto di volta in volta assunto e non da valutazioni di tipo aprioristico e astratto. Si vuole, cioè, dire che nonostante la sua peculiare collocazione, finalità ed efficacia, il verbale di conciliazione non assurge a un ruolo tale da sovrapporsi e assorbire qualsiasi antecedente, ma rimane un atto destinato a scontare l’imposta in base ai principi generali della materia. Se, dunque, il verbale di conciliazione costituisce titolo per il trasferimento di beni o diritti perché, per esempio, prima di allora non era stato concluso alcun accordo fra le parti ovvero le stesse erano giunte soltanto a un’intesa di massima da perfezionare o dettagliare in seguito, sarà proprio esso e non le eventuali scritture a monte a dover essere tassato. Se, invece, il verbale di conciliazione non trasferisce alcunché, ma si limita a dare atto dell’avvenuta definizione della lite per effetto di un accordo già concluso prima, sarà quest’ultimo l’atto cui fare riferimento per quel che riguarda i termini e l’ammontare del pagamento (cfr. Cass. 27979/2011).».
Dunque, in base a quanto da ultimo statuito dalla Corte di Cassazione, l’istante ritiene che anche al caso in esame non possa applicarsi l’imposta di registro, prevista dal combinato disposto dei citati articoli 37 del d.P.R. n.131 del 1986 e 8 dell’allegata Tariffa, Parte Prima.
La fattispecie in esame, analogamente al caso deciso dalla Cassazione con la recente Ordinanza, verrà definita con un accordo transattivo stragiudiziale delle parti, a seguito del quale verrà poi redatto un verbale di conciliazione giudiziale. Tale conciliazione non avrà ad oggetto il trasferimento di beni o diritti, ma si limiterà unicamente a dare atto dell’avvenuta definizione della lite per effetto di un accordo già concluso prima dalle parti. Inoltre, giova ribadire, i termini dell’accordo riguarderanno esclusivamente gli importi delle somme da restituire a seguito dei finanziamenti a suo tempo erogati dall’istante, non comportando quindi alcun immediato trasferimento patrimoniale. Per tale motivo, l’istante ritiene che il verbale di conciliazione giudiziale, che le parti si apprestano a definire, non sia soggetto all’imposta di registro. Per quanto, invece, riguarda l’accordo transattivo stragiudiziale, cui il suddetto verbale di conciliazione farà riferimento, si ritiene che esso possa essere soggetto a registrazione con applicazione dell’imposta di registro in misura fissa pari a Euro 200,00, ai sensi dell’art. 29 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non derivando da esso alcun obbligo di pagamento a carico delle parti in causa, bensì solo eventuali obblighi di restituzione, da attuarsi solo ove sussistente l’effettiva capienza in sede di riparto, dei finanziamenti/contributi a suo tempo erogati. Il citato articolo 29 prevede, infatti, che per le transazioni che non importano trasferimento di proprietà o trasferimento o costituzione di diritti reali, l’imposta si applica in relazione agli obblighi di pagamento che ne derivano senza tenere conto degli obblighi di restituzione, né di quelli estinti per effetto della transazione; se dalla transazione non derivano obblighi di pagamento, l’imposta è dovuta in misura fissa.
Inoltre, quand’anche si ritenesse applicabile alla fattispecie in esame l’imposta di registro in misura proporzionale si svolgono le seguenti ulteriori considerazioni.
Preliminarmente, è necessario chiarire che il momento impositivo non potrà che essere traslato all’atto dell’effettivo riparto dell’attivo.
In secondo luogo, è necessario chiarire che la base imponibile ai fini della tassazione non dovrebbe essere costituita dall’intero credito ammesso al passivo, ma solamente la parte dell’importo che costituisce il reale oggetto della conciliazione in parola, e non la parte di credito ammesso all’esito dell’udienza di verifica del passivo.
Tale ultima somma non costituisce, quindi, oggetto di transazione, e non può essere considerata ai fini del calcolo dell’imposta di registro.
In terzo luogo, si ritiene che alla fattispecie in esame sia applicabile l’art. 59, comma 1, lettera a) del menzionato d.P.R. n. 131 del 1986, il quale prevede che le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato vengano registrati a debito, ovvero senza contestuale versamento delle imposte dovute. In effetti, come chiarito con la risoluzione n. 95 del 19 novembre 2015, nell’ipotesi di procedimenti nei quali è parte un’Amministrazione statale, che si concludano con la compensazione delle spese giudiziarie, l’imposta di registro viene prenotata a debito per la metà o per la quota di compensazione, mentre il residuo dell’imposta è corrisposto dall’altra parte processuale. Nel caso in esame, dunque, per l’istante è applicabile l’istituto della prenotazione a debito.
Per quanto riguarda, invece, la procedura di amministrazione straordinaria Alfa S.p.A., si svolgono le ulteriori seguenti considerazioni, dovendosi tener conto dei profili pubblicistici che la caratterizzano.
Alfa S.p.A. è stata ammessa all’amministrazione straordinaria ai sensi del D.L. 23 dicembre 2003 n. 347, convertito, con modificazioni, nella L. 18 febbraio 2004 n. 39 e s.m.i. Per quanto di interesse in questa sede, le disposizioni introdotte dal decreto legge n. 347 del 2003 hanno ampliato i poteri dei Commissari straordinari rispetto alla disciplina previgente. La funzione svolta dal Commissario straordinario, in qualità di pubblico ufficiale, è dunque espressione di pubbliche funzioni normate dalla legge; in tale ottica, il Commissario agisce, inoltre, quale soggetto preposto all’attività amministrativa, ai sensi dell’art. 1, comma 1 ter, della legge n. 241/1990. La ratio sottesa alla legislazione di riferimento sull’amministrazione straordinaria – quale si ricava anche dalla sua genesi storica – è, pertanto, quella di costruire un’alternativa alle varie forme di “statizzazione”, prevedendo che l’impresa ed i suoi beni vengano “affidati” al Commissario straordinario, che tuttavia adempie allo svolgimento di funzioni e finalità di interesse pubblico.
Anche la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che il conferimento delle funzioni commissariali dà luogo ad un munus straordinario, comprendente specifici poteri gestori dell’impresa per il fine di interesse pubblico inerente alla conservazione del patrimonio produttivo mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali (Cons. Stato Sez. VI, sentenza del 27 dicembre 2010, n. 9423).
Da tutto ciò premesso, in considerazione delle preminenti richiamate finalità di rilievo pubblico che contraddistinguono l’amministrazione straordinaria, nonché del particolare regime pubblicistico cui essa è sottoposta, dovrebbe ritenersi applicabile anche all’amministrazione straordinaria l’istituto della prenotazione a debito, previsto dall’art. 59 del menzionato d.P.R. n. 131 del 1986, senza effettivo versamento dell’imposta. Si consideri, inoltre, anche la peculiarità che caratterizza la fattispecie in esame; la proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. prevede, infatti, che l’importo complessivo di euro xxx dovrà essere considerato al netto dell’imposta dovuta e gravante sulla procedura, con conseguente riduzione dell’importo da versarsi all’istante in sede di riparto in misura corrispondente alla predetta imposta come liquidata.
In conclusione, l’istante chiede un parere sull’applicabilità:
– dell’esenzione dall’imposta di registro del verbale di conciliazione, e conseguente applicabilità della registrazione in misura fissa dell’accordo transattivi stragiudiziale cui il verbale di conciliazione farà riferimento, nella misura di Euro 200,00, ai sensi dell’art. 29 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131;
– dell’istituto della prenotazione a debito anche alle procedure di amministrazione straordinaria, nei termini e per le motivazioni sopra rappresentate.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 37 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone «1. Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato.
2. Il contribuente che ha diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell’art. 77 all’ufficio che ha riscosso l’imposta.»
Da tale disposizione consegue che i verbali di conciliazione giudiziale che definiscono un giudizio pendente sono soggetti allo stesso trattamento fiscale degli atti giudiziari. In particolare, si applica il principio della tassazione definitiva unica, in base al quale l’imposta di registro viene riscossa in relazione ai singoli provvedimenti che definiscono, anche parzialmente, il giudizio. Solo l’imposta corrisposta in relazione al provvedimento che chiude il giudizio (sentenza passata in giudicato) assume un chiaro carattere di definitività (cfr. Ris. n. 206 del 2009).
Nel caso di specie, la conciliazione giudiziale determina la chiusura del giudizio di opposizione allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria Alfa S.p.A. promosso dall’istante ai sensi dell’articolo 98 della L.F. e il relativo verbale costituirà titolo esecutivo; dunque, a tale verbale di conciliazione giudiziale, redatto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 185-bis c.p.c., trova applicazione l’articolo 37 del TUR e la relativa tassazione deve essere effettuata secondo il disposto dell’articolo 8 della Tariffa Parte I allegata al Testo Unico Registro.
Ciò posto, con riferimento alla tassazione delle disposizioni ivi contenute, si osserva che rispetto al decreto di esecutività dello stato passivo della Procedura Alfa S.p.A. emesso dal Giudice Delegato e nei cui confronti l’istante ha promosso il giudizio di opposizione di cui si discute, la sottoscrizione dell’accordo di conciliazione comporta per il ricorrente l’ammissione allo stato passivo della restante parte del credito oggetto della domanda di insinuazione e la conferma della natura chirografaria del credito.
In effetti, l’accordo conciliativo non prevede la mera restituzione di finanziamenti od obblighi di restituzione, ma piuttosto produce l’effetto di ammettere al passivo esecutivo della Procedura Alfa S.p.A., un credito di importo maggiore rispetto a quello a suo tempo ammesso dal giudice della procedura concorsuale, nel caso di specie corrispondente al credito oggetto della domanda di insinuazione presentata dall’istante.
Tale provvedimento, in quanto atto definitivo del giudizio in questione, che produce gli stessi effetti della sentenza definitiva, è assoggettato all’obbligo di registrazione in termine fisso e l’imposta di registro è quella dovuta ai sensi dell’articolo 8 della TPI allegata al TUR, comma 1, lettera c) che prevede l’applicazione dell’aliquota dell’1% agli atti dell’autorità giudiziaria “c) di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale 1%” (cfr. Ris. 21 aprile 2008, n. 168; Ris. 17 dicembre 2008 n. 479).
La soluzione in esame è motivata dalla circostanza che il procedimento contenzioso di opposizione allo stato passivo ex articolo 98 della legge fallimentare è il rimedio giurisdizionale previsto per le determinazioni assunte nello stato passivo esecutivo disposto dal commissario alla procedura di amministrazione straordinaria. Si tratta, infatti, di una fase giurisdizionale di cognizione, volta all’accertamento dell’esistenza e dell’efficacia dei crediti, che si inserisce nella procedura concorsuale di verifica dei crediti effettuata dall’organo commissariale.
In sostanza, l’effetto giuridico prodotto dal verbale di conciliazione giudiziale per la definizione del giudizio di opposizione allo stato passivo è l’accertamento del diritto di credito vantato dall’istante nella procedura concorsuale.
Tale diritto di credito costituisce, quindi, il diritto a contenuto patrimoniale che giustifica l’applicazione della disposizione di cui alla citata lett. c) dell’art. 8 della TPI allegata al TUR.
Peraltro, giova precisare che con riferimento alla tassazione degli atti giudiziari, l’imposta di registro trova il suo presupposto impositivo in relazione agli effetti giuridici dell’atto che il provvedimento è destinato a produrre sul rapporto giuridico sostanziale così che, dunque, il tributo non è volto a colpire ex se il trasferimento di ricchezza, ma inerisce direttamente l’atto, preso in considerazione in funzione degli effetti giuridici ed economici che è destinato a produrre (cfr. Cass. 17 giugno 2021, n. 17234, Cass. 18 aprile 2018, n. 9501, Cass. 12 luglio 2005, n. 14649).
Alla luce di quanto delineato, al verbale di conciliazione giudiziale che accerta il diritto di credito dell’opponente in misura maggiore di quello ammesso allo stato passivo chirografario, ed estingue definitivamente il giudizio di opposizione, è dovuta l’imposta di registro dell’1%, da applicarsi al maggiore importo di credito ammesso definitivamente al passivo della Procedura Alfa S.p.A. in conseguenza dell’intervenuta conciliazione giudiziale che estingue il procedimento in atto.
Inoltre, per la registrazione delle sentenze in cui è parte una Amministrazione dello Stato, trova applicazione la previsione recata dall’articolo 59, comma 1, lettere a) e b) del TUR secondo cui si registrano a debito, ovvero senza contemporaneo pagamento dell’imposta, «a) le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato; b) gli atti formati nell’interesse dei soggetti di cui alla lettera a) dopo che sia iniziato il procedimento contenzioso e necessari per l’ulteriore corso del procedimento stesso o per la sua definizione;».
Per l’applicazione di tale disposizione occorre tener conto anche delle previsioni dettate dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
L’articolo 158 («Spese nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito e recupero delle stesse») del predetto testo unico stabilisce, al comma 1, che «1. Nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione: (…) c) l’imposta di registro ai sensi dell’articolo 59, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel processo civile e amministrativo;».
In tale ipotesi, le spese prenotate a debito e anticipate dall’erario sono recuperate dall’amministrazione in caso di condanna dell’altra parte alla rifusione delle spese di lite (articolo 158 cit., comma 3).
La circostanza che nel caso in esame sia stata decisa, tra l’altro, la compensazione delle spese, determina l’applicazione del successivo articolo 159 (Imposta di registro della sentenza e compensazione delle spese) secondo cui «1. Nel caso di compensazione delle spese, se la registrazione è chiesta dall’amministrazione, l’imposta di registro della sentenza è prenotata a debito, per la metà, o per la quota di compensazione, ed è pagata per il rimanente dall’altra parte; se la registrazione è chiesta dalla parte diversa dall’amministrazione, nel proprio interesse o per uno degli usi previsti dalla legge, l’imposta di registro della sentenza è pagata per intero dalla stessa parte.».
Dal quadro normativo sopra delineato, emerge che, nell’ipotesi di procedimenti nei quali è parte un’amministrazione statale, che si concludano con la compensazione delle spese, l’imposta di registro è prenotata a debito per la metà o per la quota di compensazione, mentre il residuo dell’imposta dovrà essere corrisposto dall’altra parte processuale (cfr. Ris. 19 novembre 2015, n. 95/E; Ris. 21 novembre 2008 n. 450).
Come chiarito nella richiamata Ris. n. 95/E del 2015, tale principio trova applicazione anche nell’ipotesi in cui alla richiesta di registrazione provveda, ai sensi dell’articolo 10, lettera c), del TUR il cancelliere (cfr. anche Cass. 8738 del 30 marzo 2021), il quale richiede la prenotazione a debito per la metà o per la quota di compensazione dell’imposta di registro. La quota residua di imposta dovrà, quindi, essere corrisposta dall’altra parte processuale.
Nella ipotesi in cui la registrazione venga, invece, richiesta dalla parte diversa dall’amministrazione statale ovvero non venga richiesta da nessuna delle parti processuali, l’imposta dovuta è pagata interamente dalla parte privata (cfr. Ris. n. 450 del 2008, citata).
Per quanto concerne il quesito relativo ai soggetti ammessi a poter fruire dell’istituto della prenotazione a debito occorre far riferimento all’articolo 3 (“Definizioni”), comma 1, lett. q) dello stesso Testo Unico in materia di spese di giustizia, il quale prevede che «”amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito” è l’amministrazione dello Stato, o altra amministrazione pubblica, ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico».
L’istituto della prenotazione a debito soddisfa un principio di carattere generale dell’assetto tributario secondo cui lo Stato e le altre amministrazioni parificate non sono tenute a versare imposte o tasse che gravano sul processo per l’evidente ragione che lo Stato verrebbe ad essere allo stesso tempo debitore e creditore di sé stesso, con la conseguenza che l’obbligazione non sorge (cfr. Cass. n. 17234 del 17 giugno 2021).
A tale riguardo, si richiama la circolare 21 settembre 2001, n. 1/DF del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che al paragrafo 7. Prenotazione a debito del contributo unificato, chiarisce “Sono Amministrazioni dello Stato i Ministeri centrali e i loro Uffici periferici; agli stessi sono equiparati le Agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Territorio) di cui al D.Lgs. n. 300/1999, cui è demandata la gestione di tributi erariali.
Le Amministrazioni dello Stato e i soggetti equiparati che siano parti del processo tributario in qualità di resistenti e di ricorrenti, nei diversi gradi di giudizio, sono comunque obbligati a dichiarare, nelle conclusioni del ricorso, il valore della lite ai fini del contributo unificato e a indicare, altresì, la norma di legge che li ammette alla prenotazione a debito in esame”.
In tal senso anche l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione, secondo il quale “tanto la disposizione di cui all’art. 59, lett. a), cit., quanto la stessa più complessiva disciplina posta dal d.p.r. n. 115 del 2002, hanno riferimento, – piuttosto che alla più (ampia) nozione di amministrazione pubblica, qual rilevante ai fini della cd. contrattualizzazione dei rapporti di lavoro (d.lgs. n. 165 del 2001, art. 1, c. 2), – alle amministrazioni dello Stato ovvero a quelle altre amministrazioni pubbliche specificamente ammesse, da ulteriori disposizioni di legge, a detta regolazione dell’imposta di registro” (Cass. 17 giugno 2021, n. 17234, Cass. 29 ottobre 2020, n. 23879 del 2020 che motiva sulle ragioni dell’esenzione).
A parere della scrivente, per quanto concerne l’applicazione dell’istituto della prenotazione a debito disciplinato dall’articolo 59, comma 1, lett. a) e b) del TUR, la procedura di amministrazione straordinaria non può essere assimilata ad un’amministrazione dello Stato, in quanto la nozione di amministrazione dello Stato deve riferirsi esclusivamente all’apparato statale e non è suscettibile di estensione per interpretazione analogica.
Le numerose disposizioni introdotte dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, con legge 18 febbraio 2004, n. 39, che prevedono il maggiore coinvolgimento e ampliamento dei poteri del Ministero dello Sviluppo Economico – sia nella fase iniziale sia nella fase di esecuzione del programma – in tutte le situazioni di crisi di imprese di rilevanti dimensioni sotto il profilo occupazionale soggette alla disciplina del d.lgs. 270 del 1999, citate dall’istante, seppure motivate da esigenze di tutela di interessi generali non consentono una assimilazione della Procedura ad una amministrazione dello Stato.
Né le predette disposizioni contengono previsioni espresse che ammettono tali procedure alla prenotazione a debito di imposte o di spese a carico.
Infine, si rappresenta che, a mente dell’articolo 57, comma 7 del TUR, «Nei contratti in cui è parte lo Stato, obbligata al pagamento dell’imposta è unicamente l’altra parte contraente, anche in deroga all’art. 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sempreché non si tratti di imposta dovuta per atti presentati volontariamente per la registrazione delle amministrazioni dello Stato»; con tale disposizione si conferma il principio, già contenuto nel previgente articolo 55 del d.P.R. n. 634 del 1972 – secondo il quale lo Stato non può essere soggetto passivo d’imposta – precisando che quest’ultima grava comunque ed esclusivamente sulle parti che con lo Stato stesso abbiano stipulato il contratto (cfr. circolare 10 giugno 1986, n. 37, parte 28).
Inoltre, il successivo articolo 62 (“Nullità dei patti contrari alla legge”) del medesimo Testo Unico dispone «1. I patti contrari alle disposizioni del presente testo unico, compresi quelli che pongono l’imposta e le eventuali sanzioni a carico della parte inadempiente, sono nulli anche fra le parti».
Da ultimo, per completezza, si fa presente che in relazione alla quota di imposta di registro dovuta dalla “parte privata” può trovare applicazione l’articolo 146 del d.P.R. n. 115 del 2002 (“Prenotazione a debito, anticipazioni e recupero delle spese “), ove ne ricorrano i presupposti.
Si fa presente, in ogni caso, che ai sensi rispettivamente del comma 4 e 5 della richiamata disposizione “Le spese prenotate a debito o anticipate sono recuperate, appena vi sono disponibilità liquide, sulle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo” e “Il giudice delegato assicura il tempestivo recupero”.
Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi esaminati, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello.
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