AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 luglio 2020, n. 202
Articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Articolo 53, comma 2, del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L'”Istante” chiede di sapere se il compenso che percepisce quale giudice di pace sia riconducibile ai redditi da lavoro dipendente o ai redditi di lavoro autonomo e se può fruire del regime fiscale forfettario previsto dall’articolo 1, commi da 54 a 89 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020). Al riguardo, l’Istante richiama la circolare ministeriale del ministero della Giustizia n.m-dg.DAG.21 marzo 2019.0059814.U del 21 marzo 2019 in base alla quale “le indennità corrisposte ai magistrati onorari già in servizio alla data di entrata in vigore (15.08.2017) del decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116 verranno considerate come redditi da lavoro autonomo solo a decorrere dal 16 agosto 2021, ossia a partire dal quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto medesimo”.
L’Istante ritiene che, tuttavia, nella citata circolare sussista una contraddizione laddove si afferma che “per i magistrati onorari già in servizio alla data del 15 agosto 2017 continuano, invece, ad applicarsi le disposizioni di vecchio conio, restando quindi ferma la possibilità di operare attraverso il portale Giudici.net (per i giudici di pace attraverso il portale NOIPA) per corrispondere l’indennità spettante a coloro che non siano titolari di partita IVA”. Secondo l’Istante sembra che solo ai magistrati onorari e di pace in servizio che non siano titolari di partita Iva continuano ad applicarsi le disposizioni di “vecchio conio”, mentre per i titolari di partita IVA dovrebbe applicarsi la nuova disciplina delle indennità aventi natura di lavoro autonomo.
Ciò posto, “Istante” chiede di sapere se il compenso che percepisce quale giudice di pace sia riconducibile ai redditi da lavoro dipendente o ai redditi di lavoro autonomo.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante rileva che, in base alla legge di bilancio 2020, i titolari di partita Iva, qualora abbiano un reddito da lavoro subordinato, ovvero da pensione, superiore ad euro 30.000,00, non possano fruire dell’applicazione dell’aliquota piatta del 15 per cento, oltre che del beneficio forfettario della fatturazione per la propria attività personale. Pertanto, a parere dello stesso, qualora, nonostante l’apertura della partita Iva, si dovesse applicare, ai redditi percepiti per la sua attività di giudice di pace (che, nel 2019, ammontano ad un importo superiore a 30.000 euro), il regime transitorio di cui al citato decreto legislativo 13 luglio 2017 n. 116, lo stesso incorrerebbe nella causa ostativa prevista dalla predetta legge di bilancio 2020 e gli sarebbe preclusa la fruizione del regime forfettario previsto. Tale causa di esclusione, invece, non opererebbe se i redditi percepiti per la sua attività di giudice di pace fossero qualificati quali redditi di lavoro autonomo.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 26 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (nel prosieguo, decreto), rubricato “modifiche al testo unico delle imposte sui redditi”, disciplina il trattamento fiscale, ai fini IRPEF, dei compensi da corrispondere ai giudici di pace. In particolare, il citato articolo 26 modificando, tra l’altro, gli articoli 50, comma 1, lettera f), e 53, comma 2, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ha espunto le indennità corrisposte ai giudici di pace dai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, qualificandole, insieme a quelle corrisposte ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari, come redditi di lavoro autonomo (si veda Senato.it – Legislatura 17°- servizio del bilancio – Dossier – articolo 26 del decreto).
Il successivo articolo 32 decreto prevede che «le disposizioni dei capi da I a IX si applicano ai magistrati onorari immessi nel servizio onorario successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Sino alla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni dei capi da I a IX si applicano ai magistrati onorari in servizio alla medesima data per quanto non previsto dalle disposizioni del capo XI. Dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo, ai magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto si applicano tutte le disposizioni del medesimo decreto. E’ in ogni caso fatto salvo quanto disposto dall’articolo 31, commi 2 e 3». In particolare, nel capo XI, l’articolo 31 (indennità spettante ai magistrati onorari in servizio») stabilisce:
– al comma 1, che per la liquidazione delle indennità dovute, tra l’altro, ai giudici di pace in servizio alla data di entrata in vigore del decreto in esame continuano ad applicarsi «sino alla scadenza del quarto anno successivo alla medesima data» i criteri previsti dalle disposizioni vigenti e operanti prima dell’attuazione della riforma;
– al comma 4, che «a decorrere dalla scadenza del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto» (15 agosto 2021), le indennità dovute ai predetti magistrati onorari saranno erogate secondo le disposizioni contenute nel capo IX del decreto, quindi il compenso costituirà reddito di lavoro autonomo e non sarà più assimilato al reddito di lavoro dipendente.
Sulla base della richiamata previsione, quindi, il citato articolo 26 (capo IX) del decreto (che ha modificato le norme del TUIR e ha qualificato le indennità corrisposte ai magistrati onorari come redditi di lavoro autonomo) troverà applicazione nei confronti dei magistrati onorari in servizio alla data del 15 agosto 2017, solo a decorrere dal 2021, ossia dal quarto anno successivo all’entrata in vigore del decreto.
Ne consegue che:
– per i magistrati onorari immessi in servizio successivamente al 15 agosto 2017, il compenso costituisce reddito di lavoro autonomo;
– per i magistrati onorari già in servizio alla data del 15 agosto 2017 continuano, invece, ad applicarsi le disposizioni ante riforma fino alla scadenza del quadriennio successivo alla predetta data.
Al riguardo, la relazione illustrativa allo schema del decreto, espressamente chiarisce che “in stretta attuazione dei principi di delega di cui all’art. 2, comma 17, lettera b), n. 5), e lettera c), si prevede che per la liquidazione delle indennità dovute ai magistrati onorari già in servizio continuano ad applicarsi, sino alla data di scadenza del quarto anno successivo alla medesima data, i criteri operanti prima dell’attuazione della riforma. Successivamente alla predetta data (che segna il termine del regime transitorio) la liquidazione delle indennità dovute ai predetti magistrati onorari avrà luogo secondo la disciplina a regime del capo IX del decreto”.
Con riferimento all’articolo 50 (rubricato «redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente»), nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dal decreto, come precisato dalla risoluzione 10 maggio 2004, n. 68/E, il legislatore ha inteso riservare un trattamento particolare ai compensi percepiti dalle categorie di giudici onorari espressamente individuate dalla norma (tra cui, appunto, i giudici di pace), diverso da quello riservato alla generalità dei compensi corrisposti per l’esercizio di pubbliche funzioni. Invero, come rilevato dalla risoluzione citata, mentre i compensi percepiti in relazione all’esercizio di pubbliche funzioni in genere, qualora siano svolte da soggetti che esercitano un’arte o professione ai sensi dell’articolo 53, comma 1, possono concorrere alla formazione del reddito di lavoro autonomo, quelli percepiti dai soggetti elencati nella seconda parte del citato articolo 50, lettera f (tra cui i giudici di pace), rilevano comunque come redditi assimilati al lavoro dipendente, ancorché tali soggetti esercitino un’arte o professione ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del TUIR. Sulla base delle argomentazioni sopra riportate, si ritiene che le somme percepite dall’Istante per l’attività di giudice di pace, in servizio alla data del 15 agosto 2017, sono soggette al regime transitorio previsto dal decreto e pertanto devono essere considerate redditi assimilati a quello di lavoro dipendente «fino al quarto anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto» (15 agosto 2021), anche se le prestazioni sono rese da un soggetto che esercita un’arte o professione ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del TUIR. Ciò comporta, peraltro, che, all’atto del pagamento di tali somme, dovrà essere operata la ritenuta di acconto IRPEF ai sensi dell’articolo 24, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Si precisa, infine, che l’Istante incorrendo nella causa ostativa prevista dalla citata legge di bilancio 2020 (per i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30.000 euro), non può applicare il regime forfettario alla propria attività di lavoro autonomo.
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