Agenzia delle Entrate – Risposta n. 194 del 14 aprile 2022
Trattamento IVA applicabile alle cessioni di materiali litoidi e vegetali da parte di un Comune in compensazione degli interventi di disalveo di due fluviali. Art. 2, 4 e 11 del DPR n. 633 del 1972. Art. 9 e 13 della direttiva 2006/112/CE.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
Il Comune istante (nel prosieguo, “Comune”) fa presente di dover procedere all’affidamento dei lavori per operazioni di disalveo consistenti nella rimozione di materiali litoidi e vegetali da due alvei fluviali, nel rispetto dell’Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile (…) (di seguito “Ordinanza”).
Al riguardo, il Comune evidenzia che in base all’articolo 11, comma 2 dell’Ordinanza “i materiali litoidi e vegetali, (…), per i quali si applica la disciplina di cui all’art. 12, rimossi dal Demanio idrico e marittimo per interventi diretti a prevenire situazioni di pericolo e per il ripristino dell’officiosità dei corsi d’acqua, possono, in deroga all’art. 13 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, essere ceduti, a compensazione degli oneri di trasporto e di opere idrauliche ai realizzatori degli interventi stessi, oppure può essere prevista la compensazione, nel rapporto con gli operatori economici, in relazione ai costi delle attività inerenti alla sistemazione dei tronchi fluviali con il valore del materiale estratto riutilizzabile, da valutarsi, in relazione ai costi delle attività svolte per l’esecuzione dei lavori, sulla base dei canoni demaniali vigenti. La cessione dei suddetti materiali può essere disciplinata anche con atto di concessione che stabilisca puntualmente i quantitativi di materiali asportati, la valutazione economica in relazione ai canoni demaniali e quanto dovuto dal concessionario a titolo di compensazione, senza oneri a carico”.
Tenuto conto di tale previsione secondo cui i suddetti materiali possono essere ceduti, a “compensazione” degli oneri di trasporto e di opere idrauliche, ai soggetti che realizzeranno gli interventi medesimi e, altresì, che la cessione dei medesimi materiali può essere disciplinata anche tramite un atto di concessione, il Comune chiede di precisare quale sia il corretto trattamento fiscale applicabile, ai fini Iva, alla fattispecie descritta.
A tal riguardo, il Comune precisa che il “materiale da rimuovere” è stato quantificato in metri cubi (…) il prezzo a metro cubo in euro (…), che determina un valore dello stesso in euro (…) che, se fosse considerato compravendita con permuta a fronte delle prestazioni di pulizia dell’alveo e asporto dei materiali a compensazione della cessione dei predetti (…) mc di materiale, sarebbe soggetto ad IVA nella misura del 22 per cento.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’istante ritiene che, poiché il citato comma 2 dell’articolo 11 della suddetta Ordinanza prevede che la cessione dei suddetti materiali può essere disposta anche mediante atto di concessione, “il valore del materiale asportato sia determinato in sostituzione al canone di concessione demaniale e pertanto fuori dal campo di applicazione dell’iva, poiché trattasi di operazione esercitata in quanto pubblica autorità”, ai sensi dell’articolo 13 della Direttiva n. 112/2006/CE del 28 novembre 2006.
Il Comune intende avvalersi della facoltà prevista nell’Ordinanza, affidando i lavori, separatamente a due ditte specializzate, le quali renderanno il servizio richiesto senza emissione di fattura in quanto il canone concessorio verrà compensato dalla controprestazione delle medesime ditte.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
La fattispecie prospettata concerne il trattamento tributario, agli effetti dell’IVA, applicabile alle operazioni di cessione dei materiali litoidi e vegetali effettuata dal Comune a “compensazione” delle operazioni di disalveo, consistenti nella rimozione dei predetti materiali dai due alvei fluviali interessati, realizzate dalle ditte affidatarie del predetto servizio, poste in essere in attuazione dell’articolo 11, comma 2, dell’Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. (…), in base alla quale il Comune avrebbe facoltà attuare la “cessione dei suddetti materiali … anche con atto di concessione che stabilisca puntualmente i quantitativi di materiali asportati, la valutazione economica in relazione ai canoni demaniali e quanto dovuto dal concessionario a titolo di compensazione”.
Nel caso di specie, secondo quanto rappresentato, i rapporti giuridici intercorrenti tra le parti configurano una operazione “permutativa” tra la cessione dei ” materiali litoidi e vegetali” da parte del Comune e le prestazioni di servizi di disalveo.
Ai fini dell’IVA, occorre far riferimento all’articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate». In base a tale disposizione, quindi, si configura un’operazione di permuta quando le reciproche operazioni sono effettuate ciascuna in controprestazione dell’altra.
Tale disposizione ha un contenuto oggettivamente più ampio rispetto alla disposizione civilistica disciplinante il negozio di “permuta” – definita dall’articolo 1552 del codice civile quale “contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o altri diritti, da un contraente all’altro” – in quanto include nel proprio ambito anche le operazioni concernenti prestazioni di servizi che sono realizzate in corrispettivo di altre prestazioni di servizi o, in via alternativa, operazioni concernenti prestazioni che costituiscono il corrispettivo di cessioni di beni.
Ai fini dell’applicazione del trattamento IVA, inoltre, le operazioni permutative devono essere considerate autonomamente sotto il profilo dell’imponibilità, della determinazione della base imponibile, del momento impositivo e dello specifico regime da applicare.
Al riguardo, in primis, occorre verificare se in relazione alle predette operazioni (autonomamente considerate), si configurino i presupposti impositivi di cui all’articolo 1 del citato d.P.R. n. 633 del 1972 secondo cui “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni”.
Con riferimento al presupposto soggettivo, l’articolo 4, primo comma, del citato d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che “per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, della attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del Codice civile, anche se non organizzate in forma d’impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alle prestazioni di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice civile”.
Ai sensi del successivo comma 2, numero 1), si considerano, in ogni caso, effettuate nell’esercizio di imprese “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, (…);”.
Il citato articolo 4, quarto comma, dispone, tra l’altro, per gli enti pubblici e privati “che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole”.
Con particolare riferimento agli enti pubblici, inoltre, il successivo quinto comma dispone che non si considerano commerciali “le operazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, dai comuni e dagli altri enti di diritto pubblico nell’ambito di un’attività di pubblica autorità”.
Il legislatore sovranazionale, nella Direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006, all’articolo 13, paragrafo 1, ha previsto, tra l’altro, che “Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, (…). Tuttavia, allorché tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono considerarsi soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza. (…)”
Con riferimento agli enti pubblici, tra i quali i Comuni, le disposizioni unionali ed interne stabiliscono, quindi, che le attività poste nella “veste di pubblica autorità” non sono rilevanti agli effetti dell’IVA, sempre che il loro non assoggettamento non possa provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In sostanza per i predetti enti pubblici, viene prevista una deroga ai principi generali di applicazione del tributo, al verificarsi di determinate condizioni. In particolare, da quanto emerge sia dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cfr. sentenze C-72/13 del 20 marzo 2014; C-604/19 del 25 febbraio 2021), che è stata chiamata a interpretare il concetto di “pubblica autorità”, sia da quella della Corte di Cassazione (cfr. da ultimo le sentenze n. 26208 e n. 28558 rispettivamente del 28 settembre e del 18 ottobre 2021 e n.4835 del 15 febbraio 2022), sono riconducibili tra le attività svolte in veste di pubblica autorità quelle fondate su un rapporto di diritto pubblico (“iure imperi”), mentre sono da ricondurre tra le attività di natura commerciale quelle fondate su rapporti di carattere privatistico.
Al riguardo, a parere dei giudici unionali, non assumono rilievo l’oggetto e lo scopo dell’attività, ma rilevano piuttosto le modalità di esercizio dell’attività, ossia occorre accertare se gli stessi enti agiscano nella veste, loro propria, di soggetti di diritto pubblico o in quella di diritto privato, cioè alle condizioni giuridiche proprie degli operatori economici privati, secondo il regime giuridico applicato in base al diritto nazionale.
Pertanto, nel caso di un’attività resa da un Comune è necessario stabilire in primo luogo se la stessa sia realizzata nella sua veste autoritativa poiché, in tal caso, sempre che il mancato assoggettamento all’IVA non provochi distorsioni della concorrenza di una certa importanza, non integrandosi in capo al medesimo ente il requisito soggettivo, l’operazione è esclusa dall’ambito applicativo del tributo. Diversamente, se, nello svolgimento dell’attività, non si rinviene in capo al Comune la veste di pubblica autorità è necessario accertare se il medesimo ente svolga o meno un’attività economica (rectius d’impresa), ai sensi delle disposizioni nazionali (citato articolo 4) e unionali (cfr. articolo 9 della citata Direttiva n. 112/2006/CE).
In particolare, ai sensi dell’articolo 9 della predetta Direttiva soggetto passivo “è chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo e dai risultati” e detta disposizione, relativamente al concetto di “attività economica” è stata interpretata dalla Corte di Giustizia UE, nel senso che essa deve essere intesa “come lo sfruttamento di un bene materiale e immateriale per ricavarne introiti avente carattere di stabilità” (cfr. sentenze 26 settembre 1996, causa C-230/94 e 27 gennaio 2000, causa C-23/98).
In relazione all’individuazione del presupposto oggettivo, gli articoli 2 e 3 del richiamato d.P.R. n. 633 del 1972, prevedono al comma 1, rispettivamente, che “costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere” e che “costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte.”.
Il citato articolo 3 risulta conforme alle disposizioni contenute nella suddetta Direttiva n. 2006/112/CE (cfr. articolo 2 e articolo 24 e seguenti) interpretate dalla Corte di Giustizia UE che, nel definire la portata oggettiva di applicazione dell’IVA ha precisato che “la possibilità di qualificare una prestazione di servizi come operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario” (cfr. sentenze n. C-283/12 del 26 settembre 2013 e n. C-11/15 del 22 giugno 2016).
Con riferimento alla fattispecie rappresentata, dalla documentazione allegata all’istanza emerge che il Comune ha affidato, con due appositi contratti, la realizzazione degli interventi di disalveo, consistenti nella rimozione dei materiali alluvionali (litoidi e vegetali) da due corsi d’acqua, a due ditte specializzate alle quali lo stesso ente locale è tenuto a cedere in “compensazione” il predetto materiale, secondo quanto previsto dall’articolo 11, comma 2 dell’Ordinanza.
Invero, sulla base di quanto rappresentato, il Comune agisce in virtù delle sue funzioni in un contesto di urgenza ed eccezionalità, in considerazione dello stato di calamità in cui versa il proprio territorio per eventi alluvionali e la necessità di ripristinare l’immediata ripresa delle attività produttive e, da ultimo, eliminare lo stato di pericolo sul territorio comunale. Tale situazione emergenziale è documentata dalla deliberazione della Giunta Comunale n. (…) e successiva deliberazione n. (…), che richiama la precedente, in cui sono stati stabiliti, al fine di eliminare qualsiasi criticità e situazione di pericolo, gli interventi di esecuzione degli interventi di disalveo, ai sensi della richiamata Ordinanza n. (…).
Le predette operazioni, proprio in applicazione del citato articolo 11, comma 2, della richiamata Ordinanza, sono realizzate in “compensazione”, nel senso che la cessione dei materiali viene effettuata in corrispettivo degli interventi resi dalle imprese affidatarie. L’onerosità delle predette operazioni, dunque, si manifesta nella circostanza che ognuna di esse costituisce il corrispettivo dell’altra.
In tale contesto, l’attività posta in essere dal Comune, in attuazione della predetta Ordinanza, non appare riconducibile nell’ambito applicativo dell’IVA per carenza del presupposto soggettivo trattandosi di un’attività di natura pubblicistica-autoritativa come sopra delineata.
Per quanto attiene alle prestazioni relative agli interventi di disalveo, che le ditte affidatarie si impegnano contrattualmente a realizzare, in controprestazione alla cessione suddetta, si ritiene che le stesse siano fiscalmente rilevanti ai fini IVA, verificandosi congiuntamente in capo alle imprese affidatarie sia il presupposto soggettivo sia quello oggettivo di cui al d.P.R. n. 633 del 1972.
Ne consegue che tali prestazioni devono essere assoggettate ad IVA, con aliquota ordinaria, in base al valore normale, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettera d), del menzionato d.P.R. n. 633 del 1972, per il quale la base imponibile “per le operazioni permutative di cui all’art. 11, dal valore normale dei beni e servizi che formano oggetto di ciascuna di esse”.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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