AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 21 aprile 2021, n. 278
Trattamento tributario, di compravendita di terreni aventi natura non agricola nel piano regolatore approvato e adottato, ma anche natura agricola nel piano regolare approvato in salvaguardia, con pari efficacia
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Notaio Dott. XXX fa presente di essere stato incaricato della stipula di un atto di compravendita avente ad oggetto alcuni terreni posti nel Comune di YYY che i proprietari (signor ALFA e la signora BETA), intendono vendere (al signor JJJ – titolare della ditta individuale omonima iscritta al REA 241096).
In base al certificato urbanistico rilasciato dal Comune, in data 7 novembre 2019 prot. 11833 e in data 29 novembre 2019 prot. 12665, la destinazione urbanistica delle aree oggetto di compravendita, a seguito della variante generale al Piano Regolatore Generale Comunale vigente ai sensi degli art. 15 e 17 della legge regionale n. 56 del 1977 approvata con deliberazione del Consiglio Comunale n. 6 in data 28 febbraio 2019 in salvaguardia è la seguente:
– foglio 22 mappale 748: parte aree per attrezzature commerciali ed artigianali di nuovo impianto parte aree “agricole in salvaguardia” parte compreso in aree di interesse archeologico, ecc.;
– foglio 22 mappale 746 e mappale 747: aree per attrezzature commerciali ed artigianali di nuovo impianto (MD) con relative aree per servizi e attrezzature pubbliche o di uso pubblico, ecc.;
– foglio 21 mappale 66: parte aree:
a) produttive esistenti e di completamento;
b) per servizi e attrezzature pubbliche o di uso pubblico in progetto ;
c) per la viabilità su gomma;
d) aree agricole di salvaguardia (E1);
e) compreso in fascia di rispetto e nastri incroci stradali;
– foglio 21 mappale 157: aree produttive di nuovo impianto con relative aree per servizi ecc.; parte aree:
a) per la viabilità su gomma;
b) per servizi e attrezzature pubbliche o di uso pubblico in progetto;
c) compreso in fascia di rispetto e nastri incroci stradali;
d) produttive esistenti e di completamento ma, riporta anche prescrizioni urbanistiche ed edilizie vigenti – in salvaguardia;
– foglio 22 mappale 748: ambito agrario di salvaguardia e raccordo;
– foglio 22 mappale 746 e mappale 747: ambito agrario di salvaguardia e raccordo (E2);
– foglio 21 mappale 66: parte:
a) ambito agrario tradizionale e buona produttività (E1);
b) aree boscate;
– foglio 21 mappale 157: ambito agrario tradizionale e buona produttività.
Tali terreni al momento risultano avere natura “non agricola” nel Piano Regolatore “approvato e adottato” e natura “agricola” nel Piano Regolare approvato “in salvaguardia”.
Dalla normativa urbanistica si rileva poi che nel caso de quo non sia possibile rilasciare un permesso di costruire su dette aree in quanto la natura agricola attuale, seppur sospesa alla definitiva approvazione, lo impedisce.
Pertanto, il Notaio istante chiede quale sia la natura giuridica dei terreni oggetto di compravendita ai fini della applicazione del relativo trattamento tributario.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La parte rileva che nel 1952 furono introdotte le c.d. misure di salvaguardia per impedire trasformazioni divergenti con gli strumenti urbanistici posteriori. Si tratta di misure tese a garantire lo sviluppo ordinato del territorio in armonia con le nuove politiche intervenute con la successiva adozione di varianti ai P.R.G. comunali.
In sintesi l’iter di approvazione di un Piano regolatore comunale (definizioni regionali a parte) è composto dai seguenti passaggi fondamentali:
– adozione di proposta di un P.R.G. effettuata dal Consiglio Comunale;
– pubblicazione su Albo pretorio e bollettino regionale;
– osservazioni al P.R.G. ammissibile da tutti i cittadini;
– disamina e controdeduzioni alle osservazioni da parte del Consiglio Comunale;
– approvazione definitiva e pubblicazione ufficiale su Albo Pretorio e bollettino regionale. Da questa ultima fase il P.R.G. diventa “approvato” e vigente, ottiene quindi la piena efficacia come norma regolatrice dello sviluppo ordinato e pianificato del territorio comunale.
In seguito possono essere apportate ulteriori modifiche parziali o totali allo strumento urbanistico comunale, effettuando la procedura di variante con lo stesso iter di cui sopra (salvo ulteriori specifiche legislazioni regionali).
La procedura di variante, volta a modificare il P.R.G. approvato, secondo l’istante, comporta la compresenza di due strumenti urbanistici comunali aventi piena efficacia.
La variante al Piano può essere di tipo parziale (localizzata ad uno specifico ambito territoriale) o totale (su tutto il territorio comunale) e si compie con la stessa procedura.
Dal momento che viene adottata come proposta di modifica, soggetta a ulteriori possibili aggiustamenti dalle fase di osservazioni, la sua valenza si affianca a quella del P.R.G. previgente; il nuovo P.R.G. adottato (ma non ancora approvato) affianca quello esistente, al suo stesso livello.
In sostanza, l’adozione di un nuovo Piano Regolatore non comporta la sospensione o l’inefficacia del preesistente.
A partire dall’approvazione della legge n. 1902 del 1952 (oggi travasata nell’articolo 12, comma 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) esiste una procedura chiamata “Misura di Salvaguardia”, che produce effetti di cautela e coordinamento per il passaggio da un P.R.G. previgente verso il nuovo strumento, la cui durata è specificata qui di seguito. Fin dalla stesura originaria essa prescrive che il Comune debba sospendere ogni determinazione sulle domande di costruzione qualora esse siano in contrasto con il (nuovo) piano regolatore adottato. Il termine “sospensione” non implica automaticamente l’astensione di qualunque azione, bensì di emettere un provvedimento sospensivo adeguatamente motivato circa il rispetto della domanda di costruire nei confronti del piano regolatore adottato.
La compresenza di un P.R.G. adottato assieme al P.R.G. vigente (approvato) implica che le domande di permesso a costruire siano doppiamente rispettose e conformi ad entrambi gli strumenti urbanistici, in quanto scopo delle misure di salvaguardia è armonizzare il passaggio da un P.R.G. all’altro. Da questa sovrapposizione di P.R.G. emerge la necessità di introdurre una norma che eviti di vanificare gli effetti del nuovo strumento urbanistico qualora una domanda di edificazione fosse approvata nel solo rispetto del P.R.G. previgente all’adozione.
Il legislatore ha voluto evitare il rischio di consentire interventi contrastanti le nuove politiche urbanistiche adottate dal P.R.G. comunale, tali da rendere più difficile e onerosa l’attuazione degli strumenti urbanistici, se non addirittura di comprometterla.
Il regime di misure di salvaguardia scatta con l’adozione di un nuovo piano e apre un periodo in cui valgono contemporaneamente due strumenti urbanistici. E’ ovvio che avendo due versioni di P.R.G. efficaci, si deve applicare la disposizione più restrittiva tra loro; in altri termini, in assenza di doppia conformità ad entrambi, non può essere rilasciato (subito) il permesso.
Nella prassi, secondo l’istante, si applica un sistema di “doppio filtro consecutivo “: prima si valuta l’ammissibilità della domanda nei confronti dello strumento vigente (approvato) e in caso favorevole si procede a valutare l’ulteriore ammissibilità anche nei confronti dello strumento adottato.
Se già nei confronti del primo filtro (P.R.G. vigente) non ci sono i presupposti per il rilascio, scatta il diniego.
Se invece i presupposti non ci sono nei confronti del solo secondo piano (adottato) e quindi in contrasto con esso, scatta il provvedimento di sospensione.
L’art. 12 del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che «1. Il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.
2. omissis
3. In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.
4. A richiesta del sindaco, e per lo stesso periodo, il presidente della giunta regionale, con provvedimento motivato da notificare all’interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione degli strumenti urbanistici.”
L’applicazione della misura di salvaguardia ex art. 12, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in caso di contrarietà della richiesta di intervento edilizio rispetto alle sopravvenute disposizioni del piano adottato è obbligatoria, derivando direttamente dalla legge, e comporta l’inutilità, nelle more della vigenza della misura stessa, della verifica della conformità del medesimo intervento rispetto alla precedente normativa, non più attuale.
Da quanto sopra si evince come il legislatore dia assoluta prevalenza alla situazione in itinere, seppur non definitiva ma in corso di definizione.
Pertanto, a parere dell’istante, i terreni oggetto di compravendita risultano avere natura “non agricola” nel piano “approvato e adottato” ma anche natura “agricola” nel piano “approvato in salvaguardia” con pari efficacia.
Dalla normativa urbanistica si rileva poi che nel caso de quo non sia possibile rilasciare un permesso di costruire su dette aree in quanto la natura agricola attuale, seppur sospesa alla definitiva approvazione, lo impedisce.
Tenuto conto che, il legislatore concede preferenza alla destinazione urbanistica dei terreni più recente, per le suesposte considerazioni, il Notaio istante ritiene che la tassazione dell’atto debba seguire i principi della normativa civilistica sopra esposta.
Pertanto, e il regime civilistico è quello previsto dal P.R.G.C. “in salvaguardia”, allora anche il regime fiscale deve essere il medesimo e, nel caso di specie, le aree de quibus devono essere trattate come aree agricole.
Ritiene pertanto che l’atto de quo possa essere tassato come atto di trasferimento di terreni agricoli e, in particolare:
a) per parte venditrice, senza necessità del pagamento delle plusvalenze previste dall’art. 67 del d.P.R. n. 917 del 1986;
b) per la parte acquirente con possibilità di usufruire delle agevolazioni previste per l’acquisto di terreni agricoli da parte di coltivatori diretti.
Restando a carico delle parti l’obbligo di denuncia all’Agenzia delle Entrate ex art. 19 d.P.R. n. 131 del 1986 nel caso in cui il piano regolatore non dovesse essere per qualsivoglia motivo adottato, con conseguente applicazione delle imposte e tasse previste per il trasferimento di terreni non agricoli.
Parere dell’agenzia delle entrate
In merito alla qualificazione urbanistica dei terreni, si rileva che la legislazione fiscale contiene una serie di norme che stabiliscono trattamenti tributari differenti a seconda della destinazione urbanistica degli stessi.
In particolare assume rilevanza, sia nelle imposte dirette sia in quelle indirette, la qualificazione di un terreno come «suscettibile di utilizzazione edificatoria» o come «agricolo» [cfr. ad esempio articolo 67, comma 1, lettera b) del testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917].
Tale qualificazione va attribuita con riferimento non alle qualità naturali del terreno ma alla destinazione che a esso viene data dagli strumenti urbanistici.
Un terreno può dirsi «suscettibile di utilizzazione edificatoria» quando lo strumento urbanistico che ne regola l’utilizzazione lo prevede.
Il procedimento per l’approvazione di uno strumento urbanistico consta di più fasi, delle quali quelle essenziali sono l’adozione da parte del Comune e la successiva approvazione da parte della Regione; è poi possibile che l’edificazione sia subordinata alla preventiva approvazione di uno strumento attuativo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione, piano di edilizia economica e popolare ecc.).
Per rispondere al quesito in esame, occorre far riferimento alla specifica disposizione che, ai soli fini fiscali, stabilisce i criteri utili per definire l’area fabbricabile.
Al riguardo, l’articolo 36, comma 2, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (decreto “Visco-Bersani”) prevede che «Ai fini dell’applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo»
Tale decreto ha, quindi, stabilito due principi fondamentali:
a) un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando ancora lo strumento urbanistico non è efficace, mancando l’approvazione da parte della Regione, purché sia già avvenuta l’adozione da parte del Comune;
b) un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando ancora non è stato approvato lo strumento urbanistico attuativo piano particolareggiato, piano di lottizzazione o strumenti equivalenti) ancorché, in mancanza, non sia ancora possibile in concreto l’edificazione.
Con tale disposizione normativa il legislatore tributario, nel fornire una nozione estesa del concetto di edificabilità, ha scelto di anticipare la tassazione sulle cessioni fondiarie al momento in cui lo strumento urbanistico è adottato dal Comune, indipendentemente che la Regione confermi la natura edificatoria del terreno.
A conferma dell’indicazione normativa, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 25506 del 28 settembre 2006 ha precisato che “ai fini tributari sono edificabili tutti quei terreni che sono qualificati da uno strumento urbanistico, indipendentemente dalla sussistenza dell’approvazione regionale dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia”.
Al riguardo, con la circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, ha chiarito che la predetta nuova disposizione estende a tutte le imposte il concetto di “area fabbricabile” contenuto nell’articolo 11-quaterdecies, comma 16, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il cui ambito applicativo era riservato alla sola imposta comunale sugli immobili di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Si tratta, in definitiva, di una norma recante disposizioni di natura interpretativa, secondo cui un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, a prescindere dall’approvazione della Regione o dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.
Nel caso di specie, assumono rilievo le circostanze, delineate dal Notaio istante e qui assunte acriticamente;
– che il nuovo P.R.G. è “adottato” (dal Comune) “ma non ancora approvato” (dalla Regione) ed affianca “giuridicamente” quello esistente, con analoga efficacia;
– che dalla normativa urbanistica si rileva che non sia possibile rilasciare un permesso di costruire su dette aree in quanto la “natura agricola attuale, seppur sospesa alla definitiva approvazione, lo impedisce”.
In effetti, tali circostanze, portano a confermare, anche dal punto di vista fiscale, la qualificazione del terreno come agricolo dal momento che la citata disposizione impone di far riferimento «allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione».
Pertanto, nel presupposto, non verificabile in sede di interpello, che siano soddisfatti gli ulteriori presupposti di legge previsti, si può ritenere che nel caso in esame, l’atto de quo possa essere tassato come atto di trasferimento di terreni agricoli ed in particolare:
a) per parte venditrice, l’alienazione a titolo oneroso di un terreno agricolo realizza una plusvalenza imponibile se conclusa nel quinquennio dall’acquisto e se lo stesso terreno non sia pervenuto per successione, ai sensi dell’articolo 67, comma 1 lett. b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR);
b) per la parte acquirente con possibilità di usufruire delle agevolazioni previste per l’acquisto di terreni agricoli da parte di coltivatori diretti.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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