TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE CAMPANIA – Sentenza 16 dicembre 2019, n. 5967
Società tra professionisti – Elaborazione buste paga – Procedura negoziata per l’affidamento del servizio – Graduatoria – Violazione art. 1 della legge n. 12/1979
Premesso che
– la società ricorrente, in qualità di società tra professionisti (STP), partecipava alla procedura negoziata per l’affidamento del servizio relativo all’elaborazione dei cedolini paga dei medici specialistici ambulatoriali, indetta mediante bando di gara dall’AOU V., collocandosi al secondo posto in graduatoria dopo l’aggiudicataria S.;
– la ricorrente impugna, anche mediante la proposizione di motivi aggiunti, il provvedimento di aggiudicazione intervenuto in favore di tale società, reso con delibera del direttore generale dell’AOU V. n. 1012 del 29 luglio 2019, nonché, ove occorra, il bando di gara ed il capitolato, nella parte indicata in epigrafe, adducendo che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per mancanza di un requisito legale di partecipazione e/o per omessa dichiarazione dei requisiti di ordine generale e che, comunque, non avrebbe meritato la prima posizione in graduatoria per illegittima attribuzione del punteggio;
– all’impugnativa sono accluse le istanze di accertamento di inefficacia del contratto e di condanna al risarcimento del danno meglio individuate in epigrafe;
Considerato che
– con una prima censura, la ricorrente deduce che la S. avrebbe meritato l’esclusione dalla procedura perché costituita sotto forma di mera società commerciale e non di società tra professionisti iscritti all’albo dei consulenti del lavoro o ad albi equiparati (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali) e, quindi, perché priva del requisito legale di partecipazione di cui alla riserva di legge ex art. 1 della legge n. 12/1979 per l’erogazione degli adempimenti professionali in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti. Aggiunge la ricorrente che l’attività oggetto di gara, come descritta nel capitolato, esige “una valutazione tecnico-giuridica tipica delle professionalità di cui all’art. 1, l. 12/1979, atteso che gli adempimenti necessari alla elaborazione delle buste paga e della documentazione correlata richiedono un’attività strettamente professionale, complessa ed articolata, che non si esaurisce in un mero compimento di operazioni materiali di calcolo”;
– la censura è fondata e merita accoglimento, essendo pacifica e comprovata dalle emergenze processuali la natura di semplice società commerciale della S. al momento della partecipazione alla gara ed essendo conclamato che il capitolato, tra le varie attività caratterizzanti il servizio da affidare, contemplasse una serie di prestazioni chiaramente ascrivibili all’ambito degli adempimenti professionali in materia di lavoro e di previdenza, per i quali si profilava necessario, per il tramite della costituzione di una STP, l’iscrizione all’albo dei consulenti del lavoro o equivalenti, proprio per rispettare il requisito legale di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979. Invero, rientrano sicuramente nel novero degli adempimenti professionali di cui sopra le attività descritte alle lettere c), d) ed e) dell’art. 1 del capitolato, di seguito riportate: “c) applicazione in busta paga di tutti gli adempimenti di natura previdenziale, erariale e extraerariale (cessioni quinto, quote sindacali, ecc.) sia a carico del dipendente sia a carico dell’amministrazione; d) adempimenti di legge in materia previdenziale e erariale (es. mod. 770, mod. 730, C.U., denunce previdenziali, ecc.), fermo restando le competenze dell’Azienda; e) previsioni di spesa e monitoraggio della stessa a richiesta dell’Azienda;”. In altri termini, lo svolgimento di tali attività, connotate da una certa complessità di tipo tecnico-giuridico e/o tecnico-contabile, si attua attraverso l’espletamento di prestazioni di carattere intellettuale implicanti l’acclarato possesso di specifiche cognizioni lavoristico-previdenziali, ossia di prestazioni per le quali opera il regime di riserva legale dell’iscrizione agli albi professionali previsto dall’art. 1 della citata legge n. 12/1979 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 8 maggio 2018 n. 2748; Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 gennaio 2015 n. 103);
– soccorre, al riguardo, il diffuso orientamento giurisprudenziale intervenuto in materia, che il Collegio di seguito ripercorre nei suoi passaggi essenziali facendolo integralmente proprio: “Ciò premesso si passa ad analizzare la normativa alla base della controversia in esame. L’art. 1, comma 1 della legge n. 12 del 1979 recita: “Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro a norma dell’articolo 9 della presente legge, salvo il disposto del successivo articolo 40, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati [e procuratori legali], dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione alle direzioni provinciali del lavoro nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra”. La norma introduce dunque un principio di riserva in favore degli iscritti all’albo professionale per lo svolgimento delle attività ivi elencate. L’art. 10 della legge n. 183 del 2011 invece così dispone: “3. E’ consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre. 4. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda: a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci; b) l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento. In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi; c) criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente; c-bis) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale; d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo. 5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società tra professionisti.”. Ebbene, effettivamente dal combinato disposto delle norme sopra citate discende che le attività riservate ai professionisti abilitati ai sensi dell’art. 1 della legge n. 12 del 1979 possono essere esercitate in forma societaria soltanto ove sia costituita una società tra professionisti nel rispetto dei criteri stabiliti dall’art. 10 della legge n. 183 del 2011. Sul punto, il Consiglio di Stato ha evidenziato che “Al riguardo…vale osservare che l’articolo 1 – commi primo e quinto – della l. n. 12 del 1979, letto in combinato disposto con l’articolo 10, cit., va inteso nel senso di non consentire la partecipazione di una gara di appalto di servizi avente ad oggetto lo svolgimento di prestazioni per le quali opera la riserva di iscrizione all’albo professionale da parte di società commerciali diverse da quelle costituite ed operanti ai sensi del richiamato articolo 10, pur se le società assicurino che le attività professionali saranno effettivamente espletate…da un professionista legato alle società da un rapporto di lavoro subordinato. Infatti, allo stato dell’ordinamento nazionale (e prescindendo da modelli del tutto peculiari che qui non rilevano come le società tra avvocati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 o le società di ingegneria di cui all’articolo 90, comma 2, lettera b) del Codice dei contratti pubblici), si ritiene che il modello delle società fra professionisti di cui all’articolo 10 della l. 183 del 2011 costituisca la sola forma ammessa di esercizio in forma societaria delle professioni intellettuali di cui al Libro V – Titolo IV – Capo II del Codice civile (in virtù di questo modello è stato superato il generalizzato divieto di prestazione professionale in forma societaria o simili, già sancito dall’articolo 2 della l. 23 novembre 1939, n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza)” (Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2015, n. 103).” (così TAR Piemonte, Sez. I, 10 giugno 2019 n. 681);
– ne discende, in applicazione dei superiori principi, che la connotazione della S., esistente all’atto della partecipazione alla gara, quale società commerciale priva della particolare forma giuridica di STP, non poteva che determinare la sua esclusione dalla procedura negoziata per mancato possesso del requisito legale di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979, con conseguente inibizione di ogni eventuale aggiudicazione in suo favore;
– per converso, non convincono le eccezioni formulate al riguardo dalle difese dell’azienda e della società controinteressata, così complessivamente compendiabili: a) l’abilitazione come consulente del lavoro è stata prevista dal capitolato come elemento di valutazione dell’offerta e non come requisito di qualificazione dell’offerente, tale da influire sulla sua ammissione alla gara; b) la S. ha comunque individuato per l’espletamento del servizio un professionista iscritto all’albo dei consulenti del lavoro, peraltro docente universitario e socio fondatore della società; c) dal certificato camerale della S. si evince che la stessa poteva anche svolgere attività di consulenza del lavoro; d) il bando non limitava l’accesso solo a coloro che rientravano, anche per il tramite della costituzione di una STP, nell’ambito della riserva legale di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979, ma viceversa rendeva possibile la partecipazione di tutti gli operatori economici, purché iscritti alla Camera di Commercio per attività coerenti con l’oggetto della procedura; e) l’attività oggetto di affidamento, complessivamente considerata, non fa parte di quelle per le quali siano richieste particolari competenze lavoristico-previdenziali tipiche delle professionalità di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979, ma piuttosto si risolve “in un mero compimento di operazioni materiali di calcolo ex art. 1, comma 5, della stessa legge, per le quali, peraltro, non è affatto necessaria la forma di società di professionisti ex L. 183/2011”;
– infatti, giova replicare quanto segue con riguardo ad ogni singola obiezione: aa) il requisito legale di speciale qualificazione professionale in ambito lavoristico-previdenziale, pur non essendo stato previsto espressamente dal bando, costituiva un requisito di partecipazione che entrava a far parte della disciplina di gara in forza dell’eterointegrazione effettuata dall’art. 1 della legge n. 12/1979. Invero, l’istituto dell’eterointegrazione del bando ha come necessario presupposto la sussistenza di una lacuna nella disciplina di gara: pertanto, solo nel caso in cui la stazione appaltante abbia omesso, come nel caso di specie, di inserire in tale disciplina elementi previsti come obbligatori dall’ordinamento giuridico, in quanto imposti da norme imperative, interviene il meccanismo di integrazione automatica ad opera della legislazione in materia, analogamente a quanto avviene nel diritto civile ai sensi degli artt. 1374 e 1339 c.c., colmandosi in via suppletiva il contenuto incompleto del bando attraverso l’aggiunta della clausola legale. Peraltro, è ormai invalso il principio secondo il quale nella materia delle pubbliche gare esiste una causa di esclusione per ogni norma imperativa che preveda in modo espresso un obbligo – anche per il tramite della fissazione di un requisito – o un divieto, laddove l’obbligo non venga rispettato o il divieto venga trasgredito: in questi casi, la norma imperativa di legge sortisce l’effetto di integrare dall’esterno le previsioni escludenti contenute nella disciplina di gara (cfr. Consiglio di Stato, A.P., n. 9/2014; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 marzo 2018 n. 1753 e 7 febbraio 2018 n. 815; Consiglio di Stato, Sez. III, 24 ottobre 2017 n. 4903). Alla luce di quanto esposto, trattandosi di integrazione ex lege del bando, perde ogni consistenza l’argomento che l’abilitazione come consulente del lavoro sia stata prevista dal capitolato come elemento di valutazione dell’offerta, dal momento che il silenzio del bando sul punto, nella parte dedicata ai requisiti di partecipazione, non escludeva affatto che la particolare qualificazione professionale di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979 potesse rappresentare un ulteriore requisito di partecipazione, nello specifico traente fonte direttamente dalla legge; bb) l’insufficiente qualificazione professionale della S., che doveva essere costituita in STP per poter validamente concorrere all’aggiudicazione del servizio, non poteva essere ovviata mediante l’avvalimento di un professionista iscritto all’albo dei consulenti del lavoro, per quanto esperto e facente parte della compagne sociale: difatti, per un verso l’istituto dell’avvalimento non può essere utilizzato per ovviare alla mancanza di un requisito di idoneità professionale come quello di iscrizione ad un albo (cfr. art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016) e, per altro verso, la possibilità legale di esercitare le professioni regolamentate in forma societaria non si configura affatto quale precipitato di un più ampio principio (non evincibile né dalla lettera né dalla ratio del nuovo quadro normativo introdotto dall’art. 10 della legge n. 183/2011), secondo il quale sarebbe sempre consentito alle società commerciali svolgere attività professionali regolamentate ricorrendo all’unica cautela di avvalersi della collaborazione di un professionista abilitato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 103/2015 cit.); cc) irrilevanti sono le specifiche contenute nell’oggetto sociale descritto nel certificato camerale della S., atteso che l’attività di consulenza del lavoro poteva evidentemente essere avviata solo dopo la trasformazione della società stessa in STP, come peraltro effettivamente e tardivamente avvenuto il 24 maggio 2019, cioè dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte e nel corso dello svolgimento della procedura selettiva; dd) già si è chiarito che il requisito di riserva legale di cui all’art. 1 della legge n. 12/1979, pur non essendo direttamente contemplato dal bando, completava la disciplina di gara in forza del meccanismo di eterointegrazione, per cui potevano ritenersi ammessi alla competizione solo alcuni operatori economici, iscritti alla Camera di Commercio, in possesso di una particolare qualificazione professionale; ee) infine, è smentito in fatto che l’attività oggetto di affidamento, apprezzata nella sua interezza, possa essere ricondotta a mere operazioni materiali di calcolo, espletabili, ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge n. 12/1979, anche da parte di società non aventi la forma di STP: si rimanda, per evitare inutili ripetizioni, a quanto già esposto nelle considerazioni svolte in merito alla fondatezza della censura attorea qui esaminata. Vale solo la pena rimarcare, per completezza di esposizione, che le attività oggetto del servizio da affidare, specificate nell’art. 1 del capitolato, presentano, come in ogni appalto pubblico, carattere unitario ed inscindibile ai fini del complessivo risultato gestionale da garantire alla committenza e che, in tale contesto, non appaiono affatto scorporabili quelle il cui svolgimento risulti riservato ai professionisti iscritti all’albo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 103/2015 cit.)
– deriva da quanto esposto che il provvedimento di aggiudicazione del servizio, reso con delibera del direttore generale n. 1012 del 29 luglio 2019, è illegittimo per violazione dell’art. 1 della legge n. 12/1979 – dovendo l’aggiudicataria S. essere esclusa dalla procedura negoziata per mancato possesso del requisito legale di costituzione in STP – e, pertanto, merita di essere rimosso dal mondo giuridico. Restano assorbite le censure meno invasive qui non esaminate, mentre non si ravvisa alcuna ragione per annullare anche il bando ed il capitolato, non dovendo tali atti essere interpretati nel senso paventato dalla ricorrente;
Considerato, altresì, che:
– deve essere rigettata la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto, avendo la stessa ricorrente escluso la sua avvenuta stipula nella memoria di replica depositata il 21 novembre 2019, con conseguente inammissibilità della connessa istanza risarcitoria in forma specifica per carenza della condizione dell’azione prevista dall’art. 124 c.p.a. Anche l’istanza risarcitoria per equivalente va rigettata, potendo l’interesse all’affidamento del servizio, ad essa sotteso, essere integralmente soddisfatto mediante la riformulazione della graduatoria ed il conseguente riposizionamento della ricorrente quale prima classificata;
Ritenuto, in conclusione, che:
– il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, deve essere accolto nei limiti sopra precisati mediante l’annullamento dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione;
– la novità e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione tra le parti delle spese processuali, ad eccezione del contributo unificato come per legge, il cui importo deve essere corrisposto alla società ricorrente a cura dell’AOU Vanvitelli, con attribuzione al suo difensore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti precisati in motivazione e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento di aggiudicazione, reso con delibera del direttore generale n. 1012 del 29 luglio 2019.
Spese compensate, ad eccezione del contributo unificato come per legge, il cui importo deve essere corrisposto alla società ricorrente a cura dell’Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, con attribuzione al suo difensore dichiaratosi antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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